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 2018  agosto 15 Mercoledì calendario

Storia della Gronda, il progetto che il M5s non voleva

La guerra della Gronda inizia nel 1984: nel Ponente genovese stava crescendo il porto di Voltri e si pensò di costruire una nuova bretella autostradale. Doveva scaricare il peso del traffico da Ponte Morandi, dirottare i camion verso il quartiere di Rivarolo, dove inizia la Valpolcevera. E da lì agganciarsi all’autostrada che corre verso Milano. Il tracciato doveva attraversare il torrente Torbella e gli abitanti dell’omonimo quartiere dissero «no». 
Il nome Gronda lo scelgono prendendo in prestito l’immagine dalle grondaie che trasportano l’acqua dal centro alla periferia. Un quarto di secolo dopo si continua a discutere di come superare il ponte, anche tra le lacrime, la polvere, e i tre elicotteri dei vigili del fuoco che atterrano e ripartono trasportando all’ospedale di San Martino i feriti. Li hanno estratti dalle macerie due, tre, cinque ore dopo il crollo. Davanti a quattro cadaveri, ai piedi di via Walter Fillak, Edoardo Rixi, genovese e sottosegretario alle Infrastrutture, risponde: «La verità è che qualcosa che permettesse di scaricare dal traffico questo ponte doveva essere fatto già negli anni Ottanta. E invece, ora, siamo qui».
Storia della Gronda, delle sue mille ipotesi. Delle battaglie, delle discussioni dei comitati per il No Gronda, che si affacciarono nella storia del Paese prima dei No Tav. Ma è il 2008 l’anno della svolta, quando a Genova è sindaca Marta Vincenzi. Da dieci anni, di fatto, restano in piedi due progetti: una soluzione che prevede un ponte basso, la Gronda Bassa. Doveva affiancare il Ponte Morandi, che appena aperto il passaggio sarebbe stato smantellato. La Gronda Bassa correva tra il vecchio gigante e le colline della Valpolcevera. Per realizzarla, però, si doveva trovare un’altra sistemazione agli abitanti della zona. Sono anche le vecchie case dei ferrovieri, cha stanno a due passi dal torrente Polcevera e ora dalle macerie del pilone crollato ieri mattina. Sono le case dalle quali i vigili del fuoco e le forze dell’ordine fanno allontanare tutti, perché quel che resta del «Ponte di Brooklyn» continua a tremare.
Ma il dibattito, dieci anni fa, si fa pubblico e incandescente. Ci sono 2,5 miliardi per costruire quel ponte basso, superare il vecchio. Ma il progetto viene bocciato. Passa un’altra soluzione, la chiamano Gronda Alta. Perché dal porto di Voltri si arrampica verso l’entroterra, in una delle due valli che chiudono Genova. Dovrebbe arrivare a Bolzaneto e poi riscendere verso Ponte Morandi, in un grande triangolo che passa per le periferie. In questo progetto il vecchio gigante non sarebbe stato né chiuso né abbattuto, ma alleggerito grazie al tracciato della nuova bretella. Per la Gronda Alta si dovrebbero sacrificare un’ottantina di alloggi, circa la metà del progetto alternativo. E sia Gronda Alta, approvata prima dagli enti locali interessati dal progetto, quindi dal ministero delle Infrastrutture. Con un costo che oggi è arrivato a superare i 5 miliardi di euro. 
La costruzione non è ancora iniziata, «per completarla ci vorranno almeno sette o otto anni». Intanto Ponte Morandi è spaccato a metà. «Così Genova resta divisa, ci sarà per molto tempo una Genova Est e una Genova Ovest, come a Berlino ai tempi del Muro», spiega Enrico Musso, docente di Economia dei Trasporti all’Università di Genova. «Intanto quest’anno i traffici del porto sono cresciuti del 15%, per l’emergenza si aprirà una nuova via al mare: doveva essere finita l’estate prossima, bisognerà fare di tutto per inaugurarla a ottobre», dice il sottosegretario Rixi. Ma non basta: «No, serve un commissario con poteri speciali per dare subito il via libera a un nuovo ponte basso, a fianco al Morandi, che verrà smantellato». Qualcosa (molto) simile alla Gronda Bassa? «Esatto, proprio così».