La Stampa, 14 agosto 2018
Le mani di Putin sul Caspio
Né mare né lago. Ecco la formula in base alla quale Russia, Iran, Azerbaigian, Kazakhstan e Turkmenistan hanno deciso di spartirsi il Caspio e le sue preziose risorse energetiche. I presidenti dei cinque Paesi che si affacciano sulla più grande massa d’acqua chiusa della Terra hanno siglato ad Aktau un’accordo che potrebbe mettere fine a quasi tre decenni di dispute e a 22 anni di difficili trattative. Ma che sancisce ufficialmente il predominio militare di Mosca sull’area.
Sia lago sia mare
La nuova Convenzione sullo status legale del Caspio prevede infatti che la superficie del bacino sia navigabile come acqua internazionale, mentre i fondali, ricchi di risorse, saranno suddivisi tra gli Stati. Un compromesso che pare andare bene a tutti e che potrebbe aprire le porte a un maggiore sfruttamento del tesoro del Caspio, ovvero i suoi immensi giacimenti di idrocarburi, stimati in 50 miliardi di barili di petrolio e 300 mila miliardi di metri cubi di gas naturale. Gli esatti confini delle zone di competenza devono ancora essere decisi con accordi ad hoc e non è affatto detto che le diatribe si risolveranno in un batter d’occhio, soprattutto a Sud. Ma ad Aktau sono state poste le linee guida per le future intese e magari per progetti congiunti su giacimenti prima contesi anche dispiegando navi da guerra.
Il controllo navale
La Convenzione sullo status legale del Caspio ha un respiro non solo economico, ma anche strategico. Proibisce infatti che Stati terzi abbiano basi militari sulle sponde del Caspio o solchino le sue acque con le armi. Un punto a favore della Russia, che così vede mettere nero su bianco la supremazia della sua Marina militare in questa zona di importanza cruciale per la vicinanza sia alla Siria sia all’Afghanistan. È infatti dai suoi incrociatori missilistici nel Caspio che negli ultimi anni Mosca ha lanciato alcuni dei suoi raid sulla Siria. Putin ha inoltre auspicato lo sviluppo della cooperazione tra gli eserciti dei cinque Paesi rivieraschi «al fine di assicurare la pace» nella regione. Una cooperazione ovviamente a trazione russa, favorita dal fatto che la maggior parte della superficie del Caspio resta condivisa e le navi militari russe potranno così fare rotta dove vorranno senza particolari limiti. Ma il divieto d’ingresso a forze armate straniere potrebbe essere in prospettiva anche un vantaggio per l’Iran, anche alla luce dei peggiorati rapporti con gli Usa.Fino al crollo dell’impero sovietico, il Caspio era considerato un lago e diviso in maniera netta tra Urss e Iran. La nuova intesa fissa invece a 15 miglia il limite delle acque territoriali, a cui se ne aggiungono altre 10 di zona esclusiva di pesca, con quote nazionali per la pesca dello storione, da cui si ricava il prezioso caviale.
Il nodo del gasdotto
Resta invece incerto il destino del gasdotto Trans-Caspico (Tcgp), un progetto che permetterebbe di portare il metano turkmeno in Azerbaigian e da lì in Europa aggirando la Russia. È considerato un ampliamento del Corridoio Meridionale del Gas che, con la realizzazione della Tap, potrebbe far giungere il gas azero direttamente sulle coste italiane riducendo la nostra dipendenza energetica dal Cremlino. Gli Stati Uniti sostengono questo piano. Mosca invece si è sempre opposta al Gasdotto Trans-Caspico. Ufficialmente per questioni di impatto ambientale, ma è evidente il peso della geopolitica in questa presa di posizione.