il Fatto Quotidiano, 14 agosto 2018
Naipaul & C. Belle penne, brutte persone
Tutti a gridare quanto fosse scorbutico, arido, insopportabile V. S. Naipaul – morto sabato –, come se il Premio Nobel rappresentasse un’eccezione nel mondo delle Belle Lettere. Invece è la regola: avere un brutto carattere sembra proprio il requisito necessario, non sufficiente, per diventare scrittori di successo. Eccone un bestiario.
RISSOSI. Il più celebre e sguaiato è lo scazzo tra Céline e Sartre, che accusò il collega di essere stato al soldo dei nazisti. Rispose il medico: “Nel mio culo dove si trova, non si può pretendere da J.-P. S. di vederci bene”. Volarono gli stracci anche tra Faulkner e Hemingway: il primo rinfacciò al secondo la sua prosa sciatta e la mancanza di coraggio, dimenticando quella volta in cui Ernest tentò di strangolare un giornalista. Norman Mailer prese a testate Gore Vidal, che si beccava con Capote, che sveleniva su Kerouac: “Non scrive, batte a macchina”.
INVIDIOSI. Notevole è il livore di Franzen per Roth (pace all’anima sua): “Invece di pensare in modo ossessivo a vincere il Nobel dovrebbe scrivere libri migliori”. Altra penna all’arrabbiata è Salman Rushdie, che una volta diede dello “stronzo di un pallone gonfiato” a John Le Carré. Limonov poi vanta innumerevoli nemici di penna: “Brodskij? Sopravvalutato, abile manager di se stesso. Bulgakov? Ripugnante razzista sociale. Solzenicyn? Poveretto”.
TOSSICI. Per reggere la routine – dura la vita del poeta – Auden si sparava un’anfetamina al mattino come eccitante, un sedativo alla sera per calmarsi e massicce dosi di alcol, caffè e tabacco per tenersi in piedi durante il giorno. Proust si svegliava alle quattro del pomeriggio, profumando subito la stanza con l’oppio convinto che gli alleviasse l’asma, ma i più metodici furono de Beauvoir e Sartre: “In 24 ore, due pacchetti di sigarette e diverse pipe di tabacco nero, più di un litro d’alcol – vino, birra, vodka, whisky, eccetera –, duecento milligrammi di anfetamine, quindici grammi di aspirina, diversi grammi di barbiturici, caffè, tè e pasti copiosi”. La serie degli alcolisti è infinita: Fitzgerald, Poe, Carver, Capote, Chandler, Hemingway, Faulkner, Bukowski, Kerouac, Dylan Thomas, Dorothy Parker… Anche Stephen King ricorre talvolta al drink: “Probabilmente è vero che le persone creative sono più vulnerabili di altri all’alcolismo e agli stupefacenti, e allora? Siamo tutti uguali quando vomitiamo ai bordi della strada”.
FASCISTI. Céline fu opportunisticamente antisemita, se non filonazista; Peter Handke è filoserbo, se non difensore di Slobodan Miloševic; Günter Grass confessò di aver militato nelle SS da volontario; Luigi Pirandello fu un fascista convinto, per non parlare di D’Annunzio, Marinetti e C.
FEDIFRAGHI. Se Naipaul era “puttaniere”, Mario Vargas Llosa rischiò una denuncia per bigamia quando lasciò la seconda moglie (la prima era sua zia!) per la terza. Pur promiscuo, Hemingway non riusciva a rinunciare alle consorti: ne ebbe quattro, come Rushdie, definito da una ex “insensibile, freddo, geloso e sex addicted”. Ted Hughes ebbe più d’una responsabilità nel suicidio di Sylvia Plath, mentre fu tormentato ma consenziente l’amore tra Henry Miller e Anaïs Nin, famosi per i triangoli sadici.
DISPOTICI. Che Tolstoj fosse un marito tirannico è risaputo, meno note invece sono le angherie subìte dalla signora Mann, a cui era vietato fiatare quando Thomas lavorava. Sbilanciata fu anche la relazione tra Gertrude Stein e Alice B. Toklas, costretta a sbrigare da sola tutte le faccende domestiche, compresa la toeletta del barboncino.
ANAFFETTIVI. Padre pessimo fu Alessandro Manzoni, la cui figlia Matilde, avuta dalla moglie Enrichetta (13 volte ingravidata), fu spedita in convento. Famosa misantropa fu Patricia Highsmith, una che ai cocktail andava accompagnata dalle lumache, trasportate in borsetta insieme con la lattuga. Di pessima stampa godettero poi Thomas Bernhard, J. D. Salinger e T. S. Eliot, la cui vita – scrisse – “assomiglia a quella di un pessimo romanzo russo”, sentendosi perciò in diritto di maltrattare la moglie depressa.
MISOGINI. Diceva il signor Gustave Flaubert della signora George Sand: “È una grande vacca piena di inchiostro”. Roberto Bolaño se la prese con Isabel Allende, una “scribacchina”, mentre Mark Twain sputò su Jane Austen: “Tutte le volte che leggo Orgoglio e pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e di spaccarle il cranio con la sua stessa tibia”. Amen.