il Fatto Quotidiano, 14 agosto 2018
Russia-gay: si dice “relazione non tradizionale” ed è reato
È solo uno shkolnik, uno studente siberiano, Maxim Neverov. Un alunno dei licei di cemento e degrado che s’inseguono a migliaia da Mosca fino a Bijsk, Siberia del sud. Maxim ha 16 anni e 50mila rubli di multa da pagare “per propaganda di relazioni non tradizionali tra minori” su internet. Oggi, agosto 2018, per la prima volta viene applicata la legge approvata dalla Duma russa nel giugno 2013. In Europa ha titolo breve: “legge anti-gay”. In Russia è ufficialmente “la legge per proteggere i bambini da informazioni che negano i valori della famiglia tradizionale”.
Il decreto riconosce l’omosessualità come “esistente e omonormativa” nella Federazione, ma anche “contraddittoria rispetto ai principi della società”. Era un crimine in Urss, fino al 1999 era una malattia mentale: dal 2013 nella Russia di Putin l’omosessualità è un segreto. Vietato parlare dei diritti degli omosessuali o dire che le relazioni gay siano pari alle etero. La Corte europea dei Diritti umani ha riconosciuto subito la norma come discriminatoria dei diritti umani, ma è servito a poco, come le condanne di Obama, Merkel e Cameron all’epoca.
In qualche video online dello scorso maggio Maxim urla, altoparlante e giubbotto di pelle, “Putin non è il nostro zar”. Le immagini del suo corpo sul social più usato dai giovani russi, Vkontakte, sono apparse solo adesso. Il protocollo della burokratia stilato dal tribunale regionale dice che nelle immagini ci sono ragazzi che mostrano “le loro parti del corpo seminude: le foto esprimono la propaganda di relazioni sessuali non tradizionali”. Il reparto della polizia giudiziaria ha effettuato una “perizia culturale sulle immagini e ha confermato i sospetti: mostrano i loro corpi in mutande, uno dei giovani abbraccia l’altro.
Le foto sono una dimostrazione di una possibile relazione sessuale tra i due giovani”. L’avvocato del ragazzo, Artem Lapov, ha dichiarato che “manca la verifica degli indirizzi IP, non è dimostrato che le abbia caricate lui”. Maxim ha detto una cosa sola: “50mila rubli la mia famiglia non ce li ha”.
Volontario della komanda di Novalny, attivista del gruppo “Protesta Bijsk”, era già nel mirino delle autorità da quando aveva chiesto il 12 giugno scorso l’autorizzazione per l’organizzazione di una manifestazione dal nome: “Gay o Putin”. Quel giorno all’amministrazione comunale erano arrivate 12 richieste. Alcune erano: “per dichiarare Putin santo”, “per riconoscere Novalny agente straniero Usa”, “per i diritti di tutti i gay di nome Vytali”, pro o contro i matrimoni gay. Nessun permesso fu concesso, ma la richiesta di Maxim e il suo nome erano ormai famosi, scalpore ed insulti annessi, tra i membri del consiglio comunale e delle forze dell’ordine. Adesso, per quelle foto, sono noti in tutta la Russia.
Più ad est, al capolinea della Transiberiana, a Novosibirsk, la redazione del giornale universitario Uzh è stata appena costretta a ritirare il nuovo numero del magazine dedicato alla tolleranza, perché aveva “troppa tolleranza”, scrive il Kommersant. “Le autorità hanno avvisato i ragazzi che l’articolo sulla comunità gay violava la legge e li hanno minacciati di sanzioni”. Ad occuparsene è l’Rkn: Rozkomandazor, dipartimento orwelliano, il “servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa”. Gli uffici centrali sono a Mosca, dove per un secolo i Gay Pride non ci saranno: le autorità comunali sulla Tverskaja nel 2012 hanno approvato un decreto per cui nella città le manifestazioni omosessuali sono bandite fino al maggio 2112. No, non è uno scherzo.