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 2018  agosto 14 Martedì calendario

Il mondo devastato dalla siccità

Migliaia di persone sono scese in piazza in Iraq in diverse occasioni e in diversi luoghi a luglio. Ci sono stati scontri con le forze dell’ordine, violenze, morti.
Cittadini arrabbiati hanno manifestato a Bassora, nelle città sante di Kerbala e Najaf e in altre parti di quel meridione sciita che si sente dimenticato dai politici di Baghdad. Come in Iran, gli iracheni protestano per la crisi economica, la disoccupazione, la mancanza di servizi, ma anche per i tagli di corrente elettrica nel mezzo di un’eccezionale ondata di caldo, la carenza d’acqua potabile e per irrigare i campi.
Secondo le autorità locali il 30 per cento del bestiame nel Sud è stato perso. Il ministero dell’Agricoltura ha ordinato la sospensione delle colture di riso e mais, che necessitano di un’irrigazione intensa. L’estate calda e l’assenza di piogge hanno peggiorato una siccità che da anni affligge la regione, e benché l’Iraq sia attraversato dai fiumi Tigri ed Eufrate, le dighe costruite a monte dai Paesi rivieraschi, Turchia e Iran, rendono l’emergenza ambientale anche una questione politica.
Se la siccità non è la sola ragione per la quale da mesi si protesta anche in Iran, la mancanza d’acqua per l’agricoltura e la pessima qualità di quella potabile sono diventati l’ennesimo problema di una leadership indebolita dal dissenso. I contadini dell’arida Varzaneh, nella provincia di Isfahan, hanno manifestato per settimane sui loro trattori, mentre a Sud, nel Khuzestan, a luglio sono scoppiate proteste contro la leadership della Guida suprema Ali Khamenei e le élite politiche “corrotte”, proprio per la questione dell’acqua. Per l’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, la Fao, in termini di siccità gli ultimi dieci anni sono stati i peggiori in tre decenni in Iran. L’Organizzazione meteorologica nazionale sostiene che il fenomeno colpisca il 97 per cento del Paese. Anni di cattiva gestione delle infrastrutture da parte del regime non hanno che peggiorato la situazione.
Tra meteo e rivolte
Il legame tra siccità e instabilità politica è sottolineato dalle organizzazioni internazionali. Uno studio della Fao di giugno raccomanda ai governi di Medio Oriente e Nord Africa di creare politiche a lungo termine per ridurre i rischi della mancanza d’acqua. E tra i rischi, l’Onu parla di disordini sociali e conflitti in nazioni in via di sviluppo causati da carenza di cibo e conseguente aumento dei prezzi. Non è un caso che gli scienziati abbiano studiato come la siccità che tra il 2006 e il 2009 ha colpito la Siria avrebbe creato le condizioni per la rivolta: si stima che un milione di persone furono obbligate allora dalla povertà a lasciare le campagne per le città, per trovare nei centri urbani lo spaesamento della disoccupazione.
In Somalia e Nigeria le siccità sono state sfruttate per allargare la loro base di sostegno da gruppi terroristici – gli al-Shabaab e Boko Haram – colmando il vuoto della mancanza di servizi statali. Se secondo la Fao negli ultimi 40 anni le siccità sono diventate più lunghe e frequenti in Medio Oriente e Nord Africa, uno studio del World Resources Institute prevede che nel 2040 saranno 33 i Paesi nel mondo a essere in una situazione di estrema fragilità per quanto riguarda l’acqua.
Nel Medio Oriente dei conflitti, quando a rischio non c’è la stabilità politica, la siccità può rappresentare una questione di sicurezza nazionale.
Israele è oggi in emergenza per una siccità che dura da cinque anni. Il governo ha varato un piano a giugno per gestire un’allarme che non si aspettava: il Paese dal 2005 ha infatti costruito cinque impianti di dissalazione dell’acqua di mare, che non bastano più. Ne ha ora in cantiere altri due, ma dipendere da strutture simili crea a Israele, in costante allerta per i lanci di missili da Gaza e Libano, un potenziale rischio alla sicurezza interna: quello degli attacchi alle fonti di acqua potabile.