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 2018  agosto 13 Lunedì calendario

Intervista a Gianluca Mech (quello del metodo Tisanoreica)

Qualche mese fa Gianluca Mech ha incontrato alla cassa di un autogrill una mamma che stava per comprare al figlio obeso un uovo di cioccolata più grande di lui. «Ma se ha fame gli dia una mela, no?» se l’è mangiata viva. Lui è così, risponde con i brevetti scientifici a chi gli dice che il suo metodo Tisanoreica non vale granché e prende le distanze dalle diete fuffa. Perché ragiona sì da imprenditore ma negli anni ha fatto della lotta al cibo spazzatura una missione. Tanto da voler esportare negli Stati Uniti le ricette (aggiornate) del bisnonno.
Fra mille diete dell’ultima ora, quella che propone lei ha radici antiche. 
«Nasce da una tradizione di casa mia. Dal 1500 facciamo estratti di piante in forma liquida, come gli sciroppi ma senza zuccheri. È la decottopia, terapia delle dieci piante, che era la medicina tradizionale occidentale. Poi, con la scoperta dei principi attivi a fine Ottocento, è nata la medicina allopatica e nessuno ha più voluto usare i vecchi metodi. Il mio bisnonno Marcello ha avuto l’idea di vendere il prodotto depurativo come fosse un amaro, l’amaro Balestra».
Ma non lo vendeva in farmacia, vero?
«Eh no, e nemmeno in erboristeria, non esistevano ancora. La vendita era ambulante, si preparava tutto e poi si andava dietro al banco del mercato. Io ho cominciato così, con mia mamma. Si andava in giro per le case con le trombe, annunciano La casa Balestra ci manda in ogni famiglia.
Tipo donne, è arrivato l’arrotino?
«Era proprio così. Addirittura, quando non c’erano gli altoparlanti, mio nonno usava la mangusta che era un animale che nessuno conosceva e quindi la gente, incuriosita, veniva attorno al camioncino a vedere cosa fosse e intanto comprava».
Bella palestra imparare a vendere per strada.
«Sì, e ho anche imparato a parlare il furbesco, il gergo degli ambulanti e del circo. Quando ero all’Isola dei famosi lo usavo con Stefano Orfei, l’unico a capirlo. Gli chiedevo: come facciamo per lo smorfimento, cioè il cibo? E gli parlavo della Ventura dicendo: che toga la grima, che forza la vecchia. Ma vecchia solo perché le altre erano giovanissime. Da piccolino, quando sentivo la mia famiglia parlare in furbesco, pensavo fosse veneto, invece quando a scuola parlavo così non mi capiva nessuno».
Era bravo a scuola?
«Si ma ho dovuto interrompere gli studi. Un giorno mia mamma morì in un incidente, proprio mentre stava andando a lavorare. Ho fatto appena in tempo a diplomarmi all’istituto tecnico e ho dovuto cominciare subito a lavorare perché mio padre andò in esaurimento. Sono stati momenti brutti. Noi siamo cinque fratelli, è stata dura. Solo dopo tanti anni ho continuato gli studi e ho preso la laurea in Lettere». 
Quindi ha proseguito l’attività di famiglia per necessità?
«Si ma la direzione delle diete l’ho presa per un altro motivo. Nella mia famiglia c’è una tendenza all’obesità e anche io, se non fosse per la dieta, peserei 100 chili. Il mio papà è morto per un ictus legato all’obesità. Lì ho avuto l’intuizione di usare le piante medicinali per il controllo di un meccanismo di dimagrimento particolare che si chiama chetosi. Fino a quel momento le erbe si usavano per depurare, disinfiammare, aiutare a combattere la gastrite, che era uno dei problemi più diffusi, soprattutto quando si beveva l’acqua dei pozzi. Per mio padre la dieta era una cosa sbagliata. Lui aveva patito così tanta fame con la guerra che diceva: chi fa la dieta diventa pazzo». 
Cosa pensa delle mille diete in circolazione?
«Bisogna chiedersi sempre se la dieta ha un brevetto. Se ce l’ha vuol dire che c’è veramente qualcosa di nuovo, altrimenti stiamo parlando della solita minestra rimescolata. La nostra dieta ha un brevetto europeo e valido anche in Usa e Canada».
La dieta chetogenica. Ci spiega cosa significa? 
«Quando l’organismo non assume carboidrati e zuccheri, usa i grassi come sola fonte di energia, creando i corpi chetogeni. Questi però, in eccesso, risultano tossici per i tessuti. E affaticano fegato e reni. Si può avere una chetosi controllata se si forniscono all’organismo abbastanza aminoacidi. Noi usiamo le piante proteolitiche (tipo ananas e papaya) perché sono in grado di tagliare gli aminoacidi delle proteine e quindi aiutano a ricavarne di più. Il vantaggio di questa dieta è che fa dimagrire velocemente e non fa sentire la fame». 
Tutto supportato scientificamente, vero?
«Su questo meccanismo ci sono 28 pubblicazioni scientifiche. Quando andai all’università di Padova e dissi che volevo studiare la chetosi, a tutti vennero i capelli dritti. L’Italia era il Paese della dieta mediterranea. L’unico che mi supportò fu il dipartimento di Anatomia e fisiologia e uscì la prima pubblicazione, poi la seconda, la terza ma sembrava non bastare mai».
La vera svolta quando arrivò? 
«Io ho seguito la strada che mi ha consigliato Confindustria: ricerca, brevetti, prodotti. Ottenni un piccolo finanziamento dalla Camera di Commercio di Vicenza. Non erano tanti soldi ma mi hanno dato la statura per andare all’università di Padova e chiedere di fare una ricerca. Adesso abbiamo un centro ricerche all’interno dell’ateneo, il nostro Mech lab, e ogni anno facciamo un paio di pubblicazioni».
Molti dicono che la sua è una dieta troppo cara.
«La chetosi Tisanoreica è testata con i nostri prodotti. Se non si possono spendere 16 euro al giorno, dico che fare la chetosi potrebbe essere pericoloso. È come dire: voglio andare da Roma a Milano e spendere 100 euro. Posso prendere un Frecciarossa ma non certo un aereo privato. Non è obbligatorio perdere 10 kg in 40 giorni. È importante depurare l’organismo perché nei grassi sono contenuti tutti quei veleni che l’organismo non era riuscito a eliminare negli anni». 
Concetti un po’ complicati da far capire a tutti.
«Per questo, appena ho potuto, ho ripreso a studiare. Volevo spiegare in maniera avvincente concetti scientifici difficili. Le mamme oggi non sanno leggere un’etichetta nutrizionale: cos’è l’indice glicemico, cos’è lo sciroppo di glucosio. Scelgono solo in base a sapore e prezzo. Se sapessimo leggere, ci accorgeremmo che lo zucchero può essere contenuto anche nel pane o nel salame. No possiamo continuare a mettere in tavola quelli che mia madre chiamava i sbrodeghi, i pastrocchi».
Lei è andato oltre la classica pubblicità e ci ha
letteralmente messo la faccia. 
«Vengo da una regione, il Veneto, con tante piccole aziende che partono già rinunciando all’idea di fare un marchio e lavorano tanto in conto terzi. Rinunciano al rapporto con i media. Metterci la faccia è una via: lo hanno fatto Giovanni Rana, Ennio Doris, dei fari per me. Volevo che le persone non mi conoscessero solo come imprenditore ma anche come persona. E allora ho scelto di fare reality o trasmissioni come Boss in incognito. Quando decisi di partecipare all’Isola, il marketing della mia azienda mi chiese se fossi impazzito. E invece ho avuto un buon riscontro. Il mio cliente ha il diritto di conoscermi. O andavo a casa di tutti per 5 settimane o facevo tv. Noi siamo onnivori e abbiamo diffidenza ad assaggiare ciò che non conosciamo. Conoscere fidelizza».
Per questo ha scelto di fare anche fiction tv?
«Come Il bello delle donne? Si. Avevo un ruolo coerente con me e il mio prodotto. Un critico mi additò dicendo che come attore valevo poco. Risposi che però come marketing lo avevo fregato perché ero un Cameo perfetto in una serie. Il mio prodotto è stato in grado di divertire senza essere invasivo, andando ben oltre la televendita banale. Sto anche scrivendo un libro sul marketing Tisanoreica, un piccolo manuale con dei consigli per le piccole e medie aziende. Tutto è partito perché qualcuno mi ha criticato dicendo: la dieta non vale niente ma Mech sa fare marketing. Allora ho pensato al libro».
Come imprenditore ha criticato il decreto dignità. Perché?
«Diciamo che ho messo dei paletti. Non deve essere un nuovo modo con cui lo Stato si lava le mani ma deve creare mobilità nella società. Ad esempio dando la possibilità a un lavoratore di ri-formarsi e trovare un altro posto di lavoro. Viviamo in un mondo in cui subito tutto diventa vecchio, quindi non possiamo pensare che un lavoratore possa vivere nella stessa azienda per sempre. Ci sarà sempre più bisogno di uno Stato che permette di cambiare lavoro in maniera sicura. Cosa che ora è molto molto difficile in Italia». 
Quindi il posto fisso non sempre è una risorsa. 
«Immaginiamo un’azienda che fattura un milione di euro e ha un responsabile per l’informatica. Questo responsabile può essere lo stesso quando l’azienda ne fattura 10? Forse servono altre competenze. Il posto fisso andrebbe bene se fosse più facile sciogliere il contratto. E, allo stesso tempo, crearlo altrove. Se il sistema funzionasse, libereremmo una quantità di risorse immensa, con tutta la creatività che abbiamo. Conosco imprenditori siciliani che hanno fatto fortuna a New York e non nella loro terra. Mi dicevano: da noi è impossibile».
Suo nonno usava la mangusta per attirare i clienti. Lei si appoggia ai testimonial. Tra cui Ivana Trump.
«Si, lei sapeva dei miei prodotti ma non aveva ben capito cosa fossero. Da amici comuni io avevo portato praline e biscottini fatti principalmente di fibre idrosolubili. E lei ha pensato che la mia dieta servisse molto agli americani che non hanno vie di mezzo: o si nutrono a junk food o fanno diete spartane che non riescono a portare avanti per molto. Noi rispetto a loro siamo avanti di 15 anni. Quindi Ivana mi aiuterà a portare i miei prodotti negli Stati uniti per combattere il sovrappeso. I bambini americani mangiano i sbrodeghi al posto del cibo reale. Come Marcellino nel film di Totò che mangiava il panino coi confetti. Ora visiteremo le 10 città più obese degli Stati Uniti, tutte di provincia. La prima è stata Knoxville che lì per lì sembra l’altopiano di Asiago ma in realtà è piena di fast food. Ivana vuole educare i genitori che fanno la spesa».
Lei ha molto a cuore i bambini. So che ne ha adottati parecchi. 
«Si, tutti a distanza. Alcuni vengono da famiglie povere ma per bene, io li ho conosciuti in Ecuador, hanno bisogno di piccole cose che a loro cambiano la vita e sono felici. Altri bambini vengono da famiglie molto problematiche. Purtroppo sono solo e non posso adottare un bambino qui». 
È innamorato?
«No, aspetto l’amore. A volte mi viene un dubbio: abbiamo raddoppiato le aspettative di vita ma non siamo programmati per amare così a lungo. Sopravviviamo all’amore».
La sua è la dieta dei vip e dei politici. Ci fa l’elenco dei buoni e dei cattivi? 
«Ornella Muti è un soldatino della dieta, per motivi di scena doveva ingrassare e poi dimagrire, bravissima. Un esempio non negativo ma da morir dal ridere è Valeria Marini. Premetto che la decottopia prevede di sciogliere 5 misurini in un litro d’acqua che si beve durante la giornata. Lei aveva messo un misurino per litro in oltre 5 litri d’acqua. Mi ha chiamato dicendo: Gian-lu-ca io-non-ce-la fac-cio co-sì. Altri hanno bevuto le omelette crude dalla busta. Sharon Stone mi chiese le tisane per curare il mal di stomaco dopo un incidente e andammo in diretta da Chiambretti assieme».
E Silvio Berlusconi?
«È stato molto bravo, 5 kg in una settimana. Mi diede una grande lezione da imprenditore. A lui non veniva in tasca niente, eppure ha detto pubblicamente che seguiva la mia dieta, senza che glielo chiedessi. Dopo quell’episodio, quando qualche giovane mi chiede di indossare la maglietta col suo marchio o cose del genere, lo faccio subito». 
Proseguirà la sua esperienza da attore?
«Sto girando un film, uscirà a novembre. E continuerò a fare l’ospite tv. Ho studiato in America per farlo. Nei talk show un po’ di testo scritto dagli autori servirebbe, altrimenti gli ospiti rischiano di urlare e ripetere le stesse cose. E la tv spazzatura fa male quanto il cibo spazzatura, anche se fa ascolti e costa poco».