Il Messaggero, 13 agosto 2018
Il Caspio e l’accordo che cambia la storia: via libera all’estrazione di gas e petrolio
«Summit storico». Questa la definizione dei suoi cinque partecipanti, che si sono divisi le ricchezze energetiche del Caspio, considerate dagli esperti le seconde al mondo per riserve dopo quelle del golfo Persico, ossia 50 miliardi di barili di petrolio e 9mila miliardi di metri cubi di gas naturale.
Russia, Iran, Kazakhstan, Azerbaigian e Turkmenistan hanno impiegato ben 22 anni per mettersi d’accordo, firmando ad Aktau la Convenzione sullo status legale del Caspio. In pratica il bacino viene considerato un mare per lo sfruttamento del sottosuolo, mentre è un lago per la sua navigazione. Le eventuali incomprensioni sull’applicazione del documento dovranno essere risolte sulla base di intese bilaterali.
LE CONSEGUENZE
La Convenzione ha rilevanti conseguenze geopolitiche ed energetiche. In primo luogo non potranno essere dislocate forze militari esterne ai cinque Paesi rivieraschi. Quest’area deve rimanere una retrovia protetta sia per la Russia che per l’Iran. In secondo luogo si semplificano lo sfruttamento ed il trasporto del petrolio e del gas presenti nell’area. «Questo è l’inizio di nuovi rapporti tra i nostri Paesi», ha commentato il padrone di casa, il presidente kazakho, Nusurtan Nazarbaiev. D’accordo con lui è stato il russo Vladimir Putin, che ha aggiunto: «la Convenzione garantisce la soluzione degli attuali problemi sulla base del consenso e dei reciproci interessi».
A lungo il Caspio è stato al centro di dissidi tra Stati. Un accordo tra sovietici ed iraniani, poi decaduto per il crollo dell’Urss nel 1991, aveva determinato decenni di stabilità. Poi incomprensioni non hanno permesso appieno lo sfruttamento dell’area, strategica per l’Italia. Nel Caspio del nord sulla sponda kazakha l’Eni con una quota del 16,8% all’interno di un consorzio internazionale – ha investito enormi capitali per lo sfruttamento del giacimento di Kashagan, uno dei più ricchi al mondo scoperti negli ultimi 40 anni. Riserve potenziali: 13 miliardi di barili di petrolio; produzione giornaliera 370mila barili al giorno, ossia circa 62mila bg dell’Eni. Stesso discorso per il gas al sud. Grazie alla costruzione dall’Azerbaigian della pipeline Trans-Adriatic Pipeline (Tap), l’Italia sarà finalmente in grado di diversificare un po’ di più i suoi fornitori. Non è un caso che il presidente Mattarella si sia recato il mese scorso a Baku per tranquillizzare i partner sul completamento del gasdotto, tenendo, però, maggiormente in considerazione le questioni ecologiche.
IL FUTURO
Ed in futuro con la definizione dello status giuridico del Caspio le nostre aziende avranno qui maggiori occasioni per partecipare a progetti più sicuri in campo energetico. In precedenza, non avendo definito se il Caspio fosse un mare oppure un lago, non si sapeva con certezza a chi appartenessero le risorse del sottosuolo in ben determinate zone. E per la mancanza di un accordo non si capiva nemmeno cosa si doveva fare per il transito delle condotte. Da oggi la situazione in una delle maggiori casseforti di idrocarburi mondiali è stata chiarita.
La regione del Caspio ha da sempre attratto l’attenzione dei potenti. Questo era il vero obiettivo dei tedeschi, fermati alle sue porte – a Stalingrado -, durante la Seconda guerra mondiale. E non è affatto un evento secondario che, proprio da qui, una nave militare russa abbia sparato dei missili da crociera contro la Siria all’inizio dell’intervento armato del Cremlino. Finora non c’era stata fretta di trovare un accordo perché mancavano sia capitali freschi per l’estrazione sia la giusta tecnologia. I tempi, però, stanno cambiando e la crisi economica internazionale è finita. Petrolio e gas costano sempre di più. I cinque Paesi del Caspio hanno così compreso che è ora meglio evitare sgradite sorprese per il prossimo futuro.