Corriere della Sera, 13 agosto 2018
«Techetechetè» e l’effetto Shazam sui varietà del passato
Se avete uno smartphone conoscerete certamente l’applicazione Shazam disponibile per svariati sistemi operativi. È quella app che ti consente di individuare una canzone, ovvero conoscere titolo, autore e album, semplicemente facendola ascoltare al tuo dispositivo! Basta accostare il telefonino alla fonte da dove proviene il suono, sia essa una radio, un televisore o un computer, e il gioco è fatto. Non sempre. Per esempio, mi diverto a giocare con Shazam quando vanno in onda i vecchi reperti di «Techetechetè».
Se il brano non è stato rieditato negli ultimi anni (anche se si tratta del Festival di Sanremo, anche se gli interpreti sono Mina, Giorgio Gaber, Edoardo Vianello…), la risposta è sempre la stessa: «Nessun risultato. Riprova!».
In realtà, succede spesso, che noi spettatori non più giovanissimi ci trasformiamo in Shazam nei confronti del repertorio Rai. In cosa consiste l’«effetto Shazam»? Di preferenza, il mondo di «Techetechetè» è il mondo del varietà, della rivista. È, appunto, una tv vista e rivista, un rosario di frammenti espressivi da sgranare sull’onda dei ricordi. Anche nella nostra memoria c’è un algoritmo, non sempre preciso, non sempre infallibile, che ci consente di dare un nome ai frammenti visivi. Appaiono immagini di Tognazzi e Vianello e subito la risposta è «Un, due tre», anno 1954. Paolo Panelli e Bice Valori non mancano mai, il problema è dove collocarli: «Canzonissima» o «Ma che sera»? Anche Raimondo Vianello e Sandra Mondaini sono habitué di «Techetechetè»: «Il Giocondo», «La trottola», «Il tappabuchi», ma soprattutto «Tante scuse». Walter Chiari non può mancare e siamo sempre al top: «Canzonissima», «Studio Uno», «Alta pressione». E Alberto Sordi, «Studio uno»! Più difficile con i cantanti. Se dietro c’è il logo del Festival di Sanremo il gioco è fatto, ma con le ospitate spesso dentro la tua testa appare la scritta: «Nessun risultato. Riprova!».