Corriere della Sera, 13 agosto 2018
Bianca Balti raccontata dalla madre
Appena nata era lunga lunga, magra magra, tutta rossa. «Sembrava una piccola squaw. Per niente bellissima, se non per la sua mamma! È fiorita intorno a un anno». Da allora, in realtà, non ha smesso di fiorire, come abbiamo potuto vedere in passerella e nelle svariate campagne pubblicitarie di cui è stata testimonial, da Dolce & Gabbana a L’Oréal, da Missoni a Rolex, da Intimissimi a Guerlain, sul Calendario Pirelli e al Festival di Sanremo, al cinema e in televisione. Ma quello è successo dopo. Prima, Bianca Balti era soltanto l’amatissima secondogenita di Bruno Balti, imprenditore a Lodi, e Mariabice Marzani, insegnante di economia politica e diritto all’Istituto tecnico della città. Era nata puntualissima per fare gli auguri al papà il 19 marzo del 1984, alle 8 di mattina, 18 mesi dopo Alessandro e dieci anni prima di Carlo Alberto. Luna piena, tantissime nascite e lettini già occupati: la mamma sperimentò per prima la poltrona per il parto.
«Fino all’adolescenza sorrideva sempre da mattina a sera», racconta Mariabice. Una immagine, più di tutte, rende bene l’atmosfera della sua infanzia. «Bianca aveva due anni e mezzo, era settembre ed eravamo andati per una settimana in montagna, come al solito a La Thuile. Pioveva sempre, o quasi, e ogni mattina lei chiedeva speranzosa: “Oggi facciamo il picche-nicche?”. Ma non c’era modo. Morale: abbiamo le foto di noi quattro imbacuccati che facciamo il pic-nic sotto la pioggia, felici e contenti!».
A casa da piccola non è che si sperticasse proprio per dare una mano. «Ma la colpa è mia, ho sempre preferito fare da sola, in fretta e bene. Valeva sia per lei che per il fratello. Poi crescendo è diventata molto collaborativa». Buona forchetta e ottima cuoca. «Quanto mi arrabbiavo quando scrivevano sui giornali che era sempre a dieta! Lei ama il cibo giapponese e la cucina casalinga. Mi ha disturbato anche l’insinuazione che si fosse gonfiata le labbra: ma avete visto le sue bimbe?».
La sua camera era apparentemente ordinata. «Ma non bisognava aprire gli armadi: ci metteva a casaccio tutto quello che trovava in giro». E non ha mai avuto remore a usare («e rovinare») quello che trovava appeso alle grucce della mamma. «Non sono mai riuscita a farle capire che non doveva farlo!». Dell’adolescenza fa parte lo spavento più grande e l’unico schiaffo, in circostanze diverse. «Lo spavento è legato all’incidente: aveva sedici anni e stava andando a scuola in motorino, quand’è scivolata sul ghiaccio. L’ho raggiunta di corsa all’ospedale e aveva la bocca gonfia e gli incisivi rotti. Ebbi il sangue freddo di chiamare il nostro dentista di famiglia che qualche mese dopo le ha ricostruito il suo bel sorriso». Il ceffone era precedente e ha a che fare con una brutta dimenticanza. «Aveva tredici anni e doveva tenere il fratellino, io avevo un impegno importante. Se ne dimenticò: quando si presentò con un’amica, ridendo e scherzando, le diedi uno schiaffo sulla guancia, l’unico: le lasciò un bel segno. Chissà se lo ricorda ancora...».
Il periodo «squatter», quando Bianca si era appena iscritta al Politecnico a Milano per studiare Design e aveva occupato un appartamento con altri amici, la madre non lo ricorda troppo volentieri. «Credo che abbia voluto ribellarsi e affermare la sua personalità, attraverso quel conflitto con noi, i piercing, i capelli tinti e rasati. Però le è servito, dopo è ritornata la cara ragazza che era, solo un po’ pazzerella».
La carriera di modella è arrivata «tardi», a vent’anni. «Prima doveva finire il liceo classico, poche storie. Tante volte chiamavano in casa sconosciuti che dicevano di essere scout di modelle. Una volta perfino dall’Inghilterra, dove era andata a fare una vacanza studio: si immagini il mio spavento...». Bruno Pauletta di Brave Models ha fugato gli ultimi dubbi e segnato l’ingresso di Bianca nel mondo del lavoro.
«Ogni volta che la vedo sfilare, o in televisione o in una pubblicità mi emoziono. Ancora oggi, forse più di lei». La popolarità non le ha cambiato il carattere. «Non si è montata la testa, è molto generosa. Dei tantissimi regali che mi fa, quelli che preferisco sono i biglietti aerei per Los Angeles: FaceTime non mi basta...». Dei molti traguardi ottenuti dalla figlia, due, forse, l’hanno inorgoglita di più: il Fanfullino e il Festival di Sanremo. «Il primo è l’onorificenza più prestigiosa qui a Lodi. Bianca l’ha ricevuto nel 2011 tra molte polemiche: c’era chi pensava che la moda non fosse abbastanza nobile per rendere lustro alla città. Però il giorno in cui glielo hanno consegnato la sala era stracolma!». E il Festival? «Ah, io e le mie amiche d’infanzia ci andiamo ogni anno, al gran completo. Ma non all’Ariston! Ci piace respirare l’atmosfera in città: da giovani aspettavamo i vip fuori dagli alberghi!».