Libero, 12 agosto 2018
La clinica che clona i cani
Chi comanda, come sempre, è il mercato. Ma in questo caso, per smuovere il business prima devono arrivare medicina, tecnologia, e anche la nostalgia. Il business della clonazione dei cani è, neanche a dirlo, florido. Non si sa se si è fermato ai cani perché clonare embrioni umani fa brutto persino ai cinesi, che non avendo restrizioni statali stanno facendo enormi passi avanti, o se ai ricchi mancano di più i propri animali domestici dei propri figli, ma al mondo c’è chi è disposto a spendere 100mila dollari per avere una copia dell’amato cane defunto. Chi ne approfitta è la Sooam Biotech Research Foundation, la prima azienda al mondo che si occupa di fornire ai clienti copie-carbone del loro cane. Fondata da Hwang Woo-suk, scienziato sudcoreano di 65 anni, dal 2009 ha clonato più di mille quattrozampe, al prezzo di 100mila dollari l’uno. Basta che il proprietario fornisca il Dna del ‘cano estinto’ entro cinque giorni dalla morte, e cinque mesi dopo ne porterà a casa uno identico nuovo di zecca. I clienti sono oligarchi russi, re del Medio Oriente, miliardari americani. Fu proprio uno di questi, John Sperling, a chiedere a Hwang di clonare la sua cagnolina, e al coreano venne l’idea. Hwang Woo-suk ha un passato da cialtrone: nel 2004 insegnava alla Seoul National University e pubblicò un articolo per Science in cui sosteneva di avere clonato con successo un embrione umano, ma non era vero. Un anno dopo, però, gli riuscì con un cane: inseminò 123 madri surrogate, una delle quali diede alla luce un cucciolo vivo e normale. Venne chiamato Suppy, un misto tra ‘Seoul National University’ e cucciolo, in inglese ‘puppy’. Nel 2006 l’università si accorse che le ricerche da lui pubblicate erano tutte false, e che Hwang aveva fabbricato prove, sottratto fondi governativi e pagato alcune ricercatrici per usare i loro ovuli. Fu cacciato dall’ateneo e condannato a due anni di galera, ma la pena fu sospesa: Hwang «ha dimostrato di essersi pentito per il suo crimine», scrisse il giudice nel verdetto. Hwang continuò la sua ricerca lavorando su maiali e mucche, ma forse per la puzza e le dimensioni degli animali, il business non decollò, finché non ebbe la folgorazione: clonare il migliore amico dell’uomo. Nel 2011 fece costruire il quartier generale della Sooam Biotech: una struttura da milioni di dollari sulle colline di Seoul, descritta da Vanity Fair come «la versione moderna del castello di Frankenstein, con un tocco di Bauhaus».
EMBRIONI BUTTATI
Per produrre un cane sano sono necessari più di una dozzina di embrioni e le madri surrogate vengono trattate con ormoni estremamente pericolosi: per clonare il primo, nel 2005 ci vollero più di cento grembi e oltre mille embrioni. Il processo si chiama «trasferimento nucleare di cellule somatiche»: viene prelevato un nucleo dall’organismo da clonare e trasferito in una cellula nuova. Questo ibrido viene fatto ‘esplodere’ con una scarica elettrica per fondere le cellule e dare il via alla divisione cellulare. Il tutto viene fatto già nel grembo della cagna. Il cucciolo, se tutto funziona, nascerà 60 giorni dopo. Nel 1978 nacque Louise Brown, prima bambina in provetta, creando scalpore e scandali. Oggi i bambini nati usando la fecondazione in vitro sono più di 7 milioni. Nel 1993 uscì nelle sale il film Jurassic Park, in cui venivano clonati dinosauri, e tre anni dopo l’incubo divenne realtà con una bestiola più mite, la pecora Dolly, primo mammifero clonato da una cellula adulta. Le polemiche montarono di nuovo, ma la strada era ormai tracciata. All’inizio del 2018, in Cina, sono stati ‘ricreati’ due macachi, i primi primati clonati con successo a partire da una cellula somatica adulta. Nessuno di questi passi avanti sarebbe avvenuto senza finanziamenti, sia pubblici sia privati. La cantante Barbra Streisand sborsò 50mila dollari per clonare la sua Samantha, un canetto rabbioso con i capelli sugli occhi. Se ne fece fare addirittura due, Miss Violet e Miss Scarlett, «ma di carattere non le somigliano», si è lamentata la cantante, che torna a piangere sulla tomba della sua Sammie con le due copie sotto braccio. Se secondo Wang, ricercatore della Sooam, «la clonazione è un modo per affrontare la morte» (o di non affrontarla), secondo Hank Greely, bioeticista di Stanford, il passo successivo sarà clonare l’uomo: «I genitori miliardari che perdono un figlio vogliono un bambino il più simile possibile a quello che avevano. È solo una questione di tempo: se c’è domanda, il mercato fa del suo meglio per rispondere».