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 2018  agosto 12 Domenica calendario

Dimensione Pappano: «La regola è non fermarsi mai»

All’ultima nota della Sinfonia numero 1 di Mahler, la Royal Albert Hall esplode in un applauso carico d’entusiasmo. Uno scroscio di commozione vera, che contiene tutto: la potenza della musica, il rapimento del pubblico, la magia di Antonio Pappano, che guida i maestri dell’Accademia di Santa Cecilia con il carisma del grande direttore ma anche con la passione per un’Orchestra che ben conosce da quando nel 2005 ne è divenuto il direttore artistico e ha fatto crescere a livelli internazionali altissimi. Ormai, a Londra, sono di casa, come il maestro, nominato baronetto dalla Regina e che si divide tra Roma e Londra, dove è anche direttore della Royal Opera House a Covent Garden, il tempo della lirica londinese. 
Venerdì sera Sir Tony e l’Orchestra di Santa Cecilia hanno incantato i Bbc Proms, uno dei festival di musica classica più importanti al mondo, vera istituzione delle estati londinesi, tradizione che risale al 1888 con i caratteristici biglietti in piedi a prezzi stracciati (da cui il nome Prommers, spettatori che passeggiano durante il concerto). 
Il programma della serata prevede: la rappresentazione del Caos dalla Creazione di Haydn, la Sinfonia n. 1 Jeremiah di Leonard Bernstein (con la partecipazione del mezzosoprano americano Elizabeth DeShong, omaggio nel centenario della nascita celebrato anche con un Cd Warner Classics) e quindi a Sinfonia n. 1 Il Titano di Mahler. 
Pappano lo incontro nel camerino, prima dell’inizio del concerto. È con la moglie Pamela, americana, che legge sul divanetto. Sulla consolle, c’è la partitura, segnata a matita con sottolineature e frecce. Fuori è un via vai di orchestrali, che passano accordando strumenti, portando i frac in custodie di plastica. È la febbrile preparazione che precede lo spettacolo. Si percepisce la tensione nell’aria e anche Sir Pappano ammette che sì, l’emozione c’è sempre. Anche dopo così tanti concerti e così tanti anni. «E poi questa è una serata particolare - dice -. Dobbiamo dare del nostro meglio. Il pubblico mi conosce. Questa è un po’ casa mia, è un appuntamento che non capita ogni anno». 
Cittadino del mondo
Sotto la direzione di Pappano, Santa Cecilia viaggia tanto e si fa amare nel mondo. C’è l’Asia in novembre, vanno spesso in Germania e la stagione prossima ci sono Russia, Scandinavia, Inghilterra, Austria, Svizzera . «È un’opportunità per far maturare l’orchestra. Ripetendo lo stesso programma si può scavare a fondo e il rapporto fuori sede è diverso, è più facile diventare amici, si sviluppa un senso di famiglia». 
È questa l’impressione che dà Pappano durante le prove. In mattinata, in una sarabanda di magliette colorate e scarpe da ginnastica di colori sgargianti, Sir Tony chiama i suoi orchestrali un po’ «professori», un po’ ragazzi, un po’ per nome proprio. «Li conosco quasi tutti, mi parlano delle loro famiglie, dei problemi». Mischia italiano e inglese, perché di origini italiane, ma nato in Inghilterra, cresciuto in America. È un vero cittadino del mondo, quelli che Theresa May dopo la Brexit ha definito con disprezzo i cittadini del niente. Lei come si sente? «Una combinazione di tutte le cose che sono. Le mie influenze sono italiane, americane, inglesi e quindi mischio tutto». Brexit e questo ritorno dei nazionalismi? «È un mondo impazzito, pericolosissimo. Specialmente per il teatro, l’arte e la musica, non posso immaginarmi il ritorno dei visti. È vera pugnalata». 
Opera & Sinfonica
Pappano riesce a tenere insieme l’opera (italianissima) a Londra e la musica sinfonica a Roma. «Io ho fatto di tutto per cercare un equilibrio musicale e ora ci sono riuscito. Anche se uno è molto bravo, non si può mai fermare. I musicisti sono molto sensibili, e capiscono se non ti stai rinnovando, ricreando e rigenerando. Io sono il frutto di una impollinazione incrociata, una contaminazione tra Covent Garden e Roma, che fa bene». Parola d’ordine contaminazione? «Sì, ma non nel cibo», scherza Pappano.
Difensore della partitura
La vita frenetica del direttore superstar, è una lotta per ritagliarsi spazi. «Sono molti sacrifici. Per studiare un nuovo pezzo, rubo cinque minuti qui, cinque là. Inizio l’anno prima a canticchiarlo, a leggiucchiarlo, vado al pianoforte e provo le armonie, la struttura. Matura poco a poco. C’è tutta una drammaturgia psicologica che bisogna ruminare». C’è sempre musica nella sua vita? «Anche in vacanza alla fine apro la partitura. Ma quello è lo spazio per il silenzio, che è una cosa bellissima. È il contrappeso al suono, l’opposto della musica. In vacanza leggo molto. Quest’anno Romeo e Giulietta e Giulio Cesare di Shakespeare e Le memorie di Gabriel Garcia Marquez». 
Ma alla fine, la magia sta tutta nel cuore e nell’anima. Lo ammette lo stesso Pappano, mentre inizia a prepararsi per il concerto. «Il grande direttore è il difensore della partitura. Deve onorare quello che il compositore ha scritto. Tutto sta nell’andare al di là delle note e far arrivare il messaggio ai musicisti, che hanno una grande intelligenza emotiva e se dici le due parole giuste, il gioco è fatto. Ci vuole tecnica, psicologia e sviluppare il loro senso di concentrazione. Senza questo mix, niente funziona».