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 2018  agosto 12 Domenica calendario

Tutti ai piedi di Van Gogh: più che un pittore, un brand

Il diavolo veste Van Gogh: mancava solo di indossarlo sulla giacchetta o di metterlo ai piedi stampato sulle pantofole, ma a questo ci ha già pensato Vans, marchio di moda tra i Millennials e pure tra i quarantenni e oltre. Perché, diciamocelo, un capo Vincent veste benissimo.
L’iniziativa “Vans per Van Gogh Museum” suggella il matrimonio – il mercimonio, secondo i puristi – tra l’azienda americana e il museo di Amsterdam: dal 3 agosto chiunque può entrare in possesso di camicie, cappelli, zaini, felpe, scarpe, magliette, giacche griffate dal pittore, o meglio con le immagini riprodotte dei suoi quadri più celebri – Girasoli, Autoritratto, Teschio, Ramo di mandorlo in fiore… –, ma anche con stralci di lettere al fratello Theo.
Il Vincent prêt-à-porter non è solo una becera operazione commerciale; l’obiettivo del museo, infatti, è portare l’arte per strada, ma anche negli armadi e in lavatrice, monetizzando al contempo: parte degli incassi delle vendite – online o nei negozi tradizionali – rimpinguerà il portafogli museale, contribuendo così alla tutela del patrimonio e della collezione d’arte. Nonostante sia uno dei più frequentati d’Europa (nel 2017 i visitatori hanno superato quota 2,2 milioni: un record), il Van Gogh si sostiene con lo sbigliettamento solo per l’87%; il resto viene da introiti, sponsorizzazioni e iniziative private, come quella di Vans, appunto, che pare stia funzionando benissimo. Infatti, nonostante i prezzi poco convenienti – da 80 euro per un paio di scarpe di tela a 150 per un bomber in poliestere –, i prodotti sono andati esauriti nel giro di pochi giorni: basta fare un giro sul sito dell’azienda per accorgersi che non ci sono più articoli disponibili; tocca andarseli a comprare direttamente al bookshop di Amsterdam.
Altro recente, e lodevole, progetto del museo è l’allestimento della galleria virtuale con tutte le opere custodite, corredate di schede storiche, informazioni e curiosità e, soprattutto, scaricabili gratuitamente in alta risoluzione e in tre diversi formati: small, medium e large. Non ditelo a Vans, ma le immagini si possono eventualmente stampare su qualsiasi tessuto e indumento.
La Van Gogh fever non ha contagiato solo gli scarpari: a Vicenza la mostra Tra il grano e il cielo, allestita nella Basilica Palladiana da ottobre 2017 ad aprile scorso, ha attratto 460 mila visitatori, e quest’anno si gioca il podio con Monet delle esposizioni più gettonate d’Italia. Per non parlare della “mostra blockbuster”, itinerante in mezza penisola e oltre – “internazionale e multimediale”, eh! – Van Gogh Alive – The Experience, una esperienza “immersiva” con proiezioni dei quadri del pittore olandese e (tragici) tranche de vie, da Parigi ad Auvers-sur-Oise, passando per il manicomio di Saint-Rémy.
Per non essere da meno, a La Spezia si sono inventati nei giorni scorsi una personale vangoghiana dentro a un centro commerciale: esposti in questa Van Gogh Shadow non ci sono ovviamente gli originali, ma riproduzioni e opere-tributo, non sempre fedelissime.
Anche sul maxischermo le pellicole sul Nostro si sprecano: ad aprile è uscito in sala – per due sole sere – il documentario Van Gogh, tra il grano e il cielo, realizzato da Nexo Digital e 3D con la regia di Giovanni Piscaglia e la sceneggiatura di Matteo Moneta. Special guest, come cicerone d’eccezione, era Valeria Bruni Tedeschi. E del 2016 (ma in Italia nel 2017, dove ha incassato 1,3 milioni di euro, pur essendo stato in sala per appena quattro giorni) è il delizioso film d’animazione Loving Vincent, diretto da Dorota Kobiela e Hugh Welchman, che ha ottenuto una nomination ai Premi Oscar, una candidatura ai Golden Globe e una ai Bafta, salvo poi vincere l’European Film Award e il David di Donatello.
L’omaggio del teatro al titano della pittura non poteva, infine, mancare: con L’odore assordante del bianco Stefano Massini vinse nel 2005 il Premio Tondelli, ma lo spettacolo è tornato in replica da un annetto circa, nell’allestimento di Alessandro Maggi e con l’interpretazione di Alessandro Preziosi. E di un teatrante, Antonin Artaud – pazzo da legare come il pittore –, è forse la recensione più vera e più bella dell’arte di Vincent: “Solo pittore, Van Gogh, sì, e niente di più, niente filosofia, né magia, né mistica, né dramma, né letteratura o poesia. I suoi girasoli d’oro e bronzo sono dipinti come girasoli e nient’altro, ma adesso per capire un girasole in natura bisogna prima rivedere Van Gogh”.