Il Sole 24 Ore, 12 agosto 2018
Aerei e Difesa, la sfida delle maxi-commesse
Tra poche settimane si deciderà una partita che potrebbe rivoluzionare una bella fetta dell’industria mondiale della difesa. Paragonabile a una finale di Champions League di calcio, ma senza «CR7» tra i protagonisti. È la scelta del nuovo aereo per addestrare i piloti dei caccia americani. La seconda partita è sul futuro caccia europeo. Le energie si stanno disperdendo in due iniziative separate, la Francia sta con la Germania, la Gran Bretagna va all’assalto da sola, l’Italia per ora è fuori dai giochi. La terza partita si giocherà con la proposta della Commissione europea di nuove regole per i finanziamenti della ricerca che dovrebbero favorire le concentrazioni transnazionali.
Sono questi i fronti più caldi per l’industria della difesa da qui al prossimo anno. Il settore è florido. Secondo Deloitte, i ricavi globali delle industrie della difesa nel 2017 sono aumentati del 3,9% a 361,5 miliardi di dollari. Le spese militari dei governi quest’anno sono previste in aumento da 1.728 a 1.780 miliardi di dollari. Dalle manovre in corso alcuni gruppi usciranno rafforzati, altri rischiano il ridimensionamento.
La gara del Pentagono per il «T-X» riguarda l’acquisto fino a 350 aerei addestratori, per un valore iniziale di circa 8 miliardi di dollari, che potrebbe raddoppiare a 16 miliardi. In corsa anche Leonardo, l’ex Finmeccanica, con l’M-346, ribattezzato T-100. Il gruppo non ha un partner americano e questo, nella terra del «Buy American», potrebbe risultare letale. Soprattutto perché gli avversari sono del calibro di Boeing e Lockheed Martin. Quest’ultima è alleata della coreana Kai, che costruisce il T-50. Secondo voci il favorito sarebbe il consorzio tra Boeing e la svedese Saab, con un nuovo velivolo.
Gli uomini di Leonardo fanno affidamento sulla leva del prezzo. «Ci aspettiamo una decisione entro il 30 settembre», ha detto l’a.d., Alessandro Profumo.
La partita chiave riguarda il futuro aereo da combattimento europeo (“Fcas”). Oggi in Europa si costruiscono tre caccia: l’Eurofighter prodotto da quattro paesi (Gran Bretagna, Germania, Spagna e Italia), il francese Rafale di Dassault, lo svedese Gripen di Saab.
Francia e Germania hanno annunciato lo studio congiunto di un nuovo caccia. La Gran Bretagna le ha superate di slancio, ha stanziato 2 miliardi di sterline per avviare lo studio di un nuovo caccia, il Tempest. L’iniziativa per ora coinvolge solo le industrie sul suolo britannico: Bae Systems, Rolls-Royce, Leonardo con le fabbriche britanniche di radar e avionica, per i missili Mbda.
Londra è aperta ad altri partner. Ma per sedersi al tavolo da gioco bisogna mettere molti soldi, l’intero programma costerebbe 38 miliardi di sterline. È già partito il corteggiamento della Svezia, c’è chi pensa che Bae potrebbe comprare la Saab. Non si esclude neppure che Londra si allei con un gruppo americano, Boeing ha mostrato una generica disponibilità. Londra vorrebbe attirare nel Tempest l’Arabia Saudita.
Tom Enders, l’a.d. tedesco di Airbus, ha capito le insidie. E ha detto che è ora di «considerare seriamente l’unione in un solo gruppo» delle attività nei velivoli da combattimento di Airbus e Bae. Secondo Enders in Europa «non c’è spazio per tre diversi programmi, neppure per due».
«Leonardo guarda a questa iniziativa nel Regno Unito (…) come a un programma che andando avanti potrebbe includere l’Italia», ha commentato l’a.d., Profumo. Finora però nessun governo ha stanziato fondi, quindi le aziende e le fabbriche italiane per ora sono fuori gioco. Leonardo avrà benefici dal Tempest perché, oltre ad essere azionista di Mbda, ha delle fabbriche in Gran Bretagna nell’elettronica. Sono state comprate durante la gestione di Pier Francesco Guarguaglini.
Già alla guida di Finmeccanica e di Fincantieri, Guarguaglini fa notare che l’Italia rischia di essere emarginata. «Nei tre grandi programmi in discussione in Europa l’Italia è assente o non è prime contractor», cioè capofila. «Il nuovo carro armato – osserva Guarguaglini – è in discussione tra francesi con Nexter e tedeschi con Krauss-Maffei. Nel nuovo caccia l’Italia rischia di restare fuori perché fino ad ora non ha fatto alcuna dichiarazione di interesse. Sul drone da ricognizione, il Male, l’Italia c’è ma non è prime contractor», capofila è la Germania.
«In questi programmi le attività assegnate alle varie industrie nazionali dipendono dalla quantità di risorse stanziate dalle nazioni partecipanti, mentre i ruoli vengono definiti inizialmente», aggiunge Guarguaglini. «Se uno Stato aderisce successivamente, ha difficoltà a far sì che la propria industria ricopra un ruolo significativo». Secondo Guarguaglini «l’Italia dovrebbe cercare di partecipare a diversi programmi e di essere “prime” almeno in uno. Potrebbe cercare di definire con altre nazioni programmi nel campo elicotteristico oppure navale, nei quali la propria industria assumerebbe sicuramente un ruolo significativo».
Una spinta alle concentrazioni verrà dalla proposta di Bruxelles di istituire il Fondo europeo per la difesa. Deve essere approvata dai parlamenti nazionali ed europeo. Si partirà con una dote di 13 miliardi in sette anni, dal 2021 al 2027, per progetti di ricerca e sviluppo. I progetti devono coinvolgere almeno tre imprese di tre Stati.
Secondo la Commissione europea, oltre l’80% degli appalti della difesa sono a livello nazionale. Il nuovo regolamento dovrebbe favorire le collaborazioni internazionali e, forse, far spendere meno soldi. L’Europa ha 178 sistemi d’arma diversi, rispetto ai 30 degli Stati Uniti. Secondo dati del Parlamento europeo si sprecano 26,4 miliardi all’anno a causa di duplicazioni.
Tutto questo ci dice che nella battaglia dell’industria della difesa chi resta immobile è condannato ad essere soccombente.