La Stampa, 11 agosto 2018
Al fronte contro l’incubo legionella per risolvere il mistero di Bresso
È passata la mezzanotte a Bresso, e nel municipio le luci sono ancora accese, le porte ancora aperte. Al suo interno, il sindaco Simone Cairo, gli esperti di Ats (ex Asl), il professor Joppolo del Politecnico di Milano, stanno ancora rispondendo alle domande dei cittadini. Il tema è l’epidemia di legionella che sta terrorizzando la cittadina dal mese di luglio con 52 casi e quattro morti: la più vasta che l’Italia abbia mai visto. Ma non la prima a Bresso, che nel 2014 aveva già combattuto le insidie di questo batterio.
Quale sia l’origine dell’epidemia è un rompicapo per esperti, amministratori e cittadini. Da settimane sono attive tre task force multidisciplinari di esperti Ats («Sorveglianza epidemiologica», «Indagini ambientali» e «Laboratorio») che collaborano su aspetti specifici del problema con l’Istituto superiore di Sanità (Iss), Regione, Comune di Bresso e Arpa, alla ricerca dell’origine del contagio o della «pistola fumante» come la chiama Giorgio Ciconali, direttore di dipartimento Ats.
La legionellosi è una malattia pericolosa ma difficile da contrarre: per ammalarsi è necessario che il batterio della legionella, presente in acqua, venga nebulizzato in goccioline talmente microscopiche da poter arrivare negli alveoli polmonari. Inalare gocce di acqua contaminata non è ancora sufficiente per ammalarsi, dato che solo il 5% delle persone esposte, in media, sviluppa la malattia, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità. «Dovete trovarla, dovete darci delle risposte» esortano i cittadini spaventati e spazientiti. Hanno paura che la legionella sia nelle loro case, di poterla respirare mentre si fanno una doccia. Ma la legionella non è nell’acquedotto, come dicono multiple analisi, e ribadisce l’assessore Gallera, dichiarando che la percentuale di positività dei campioni prelevati a Bresso escluderebbe l’ipotesi che il batterio sia annidato nell’acquedotto. I campioni positivi nei domicili sarebbero infatti in una percentuale «fisiologica» essendo pari a circa il 13 per cento.
Ma se non è stato l’acquedotto, che cosa può aver spruzzato acqua infetta su un intero quartiere? Qui a Bresso, tutti i casi hanno in comune o l’abitare, o l’aver frequentato la zona centrale del Comune, nella settimana precedente all’esordio dei sintomi. Inoltre, la forma della curva epidemica, e il fatto che da sei giorni non ci sono nuovi casi, indicano una fonte limitata nel tempo, oltre che nello spazio. Si sa dunque anche il quando; tuttavia trovare la fonte delle epidemie di legionella non è sempre semplice e molti casi simili sono andati irrisolti in passato.
Le squadre dei tecnici l’hanno cercata attraverso 574 campioni, prelevati da fontane, impianti di condizionamento commerciali e condominiali, torri evaporative degli impianti industriali, autolavaggi, impianti idrici e di irrigazione, includendo anche il fiume Seveso. Una fontana è stata trovata positiva alla legionella, ma con una concentrazione di batteri così bassa da credere che difficilmente questa abbia potuto causare l’epidemia. Le torri evaporative invece sono indiziate speciali. Poste sui tetti, potrebbero avere una particolare capacità di raggiungere una vasta area, e sono una delle cause principali delle epidemie di legionella negli Stati Uniti. Sono stati giorni intensi. Di giorno, mentre Ats, Iss, Politecnico di Milano e Comune di Bresso collaboravano per identificare i siti con le torri evaporative attive nel comune, anche attraverso immagini satellitari, trenta tecnici erano attivi senza sosta, sette giorni su sette a campionare a tappeto la zona. Nel frattempo, pazienti assistenti sanitarie telefonavano a tutti i malati o ai loro parenti per tracciarne ogni spostamento nella settimana precedente all’esordio della malattia. «Ha un cane? Lo porta fuori? Che strada fa? Va in chiesa? Che strada fa?», sono alcune delle domande fatte dagli operatori sanitari ai contagiati, per non lasciare niente di intentato. Nei prossimi giorni arriveranno i risultati degli ultimi campionamenti fatti, e se c’è una cosa certa, qui a Bresso è che si sta facendo l’impossibile per trovare la fonte, e per prevenire epidemie future.
(L’autrice è Medico specializzando in Igiene e medicina preventiva dell’Università di Milano)