La Stampa, 11 agosto 2018
Letta e Gentiloni, Appendino e D’Alema prof nel corso universitario di Maroni
Dieci parole, da «Ascolto» a «Valori», dieci politici di lungo corso, dieci studiosi di politica. Ed ecco a voi la «Scuola di pragmatica politica» di Roberto Maroni, già doppio ministro (del Lavoro e dell’Interno) ed ex presidente della Lombardia, oggi il disoccupato più impegnato della politica italiana.È un progetto dell’Università di Pavia, al via il 28 settembre per venti partecipanti che abbiano adeguate disponibilità di soldi (l’iscrizione costa 3.500 euro) e di tempo (sono dieci fine settimana). Il venerdì pomeriggio, i politologi spiegano il significato delle parole; il sabato mattina, i politici raccontano come le hanno messe in pratica. Perché, dice Maroni, qui si vuole rivendicare il «rito ambrosiano» della politica, quello del fare, come direbbe invece Berlusconi, contrapposto al rito romano, «tutto vertici, controvertici, rinvii e dirette Facebook».
Orgoglio lombardo a parte (però in zona, alla fine, chi ha amministrato meglio sono stati gli austriaci), è interessante la squadra messa insieme, che sembra un Maroni I bipartisan e centrista: a parte Chiara Appendino, unica grillina, ci sono vecchie glorie o attuali amministratori sul campo come Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema, Attilio Fontana, Paolo Gentiloni, Gianni Letta, Letizia Moratti, Irene Pivetti, Beppe Sala e Giulio Tremonti, più ovviamente lo stesso Maroni (per inciso, fra i dieci intellò è ben rappresentata «La Stampa» con due editorialisti, Giampiero Massolo e Sofia Ventura). «Certo, la lista dei docenti è legittimo leggerla anche così, come un ipotetico governo dei competenti – ammette Maroni -. Ma in realtà abbiamo semplicemente scelto dei politici che si sono distinti per concretezza». Infatti non c’è nessuno del governo in carica... «Sono impegnati a risolvere dei problemi. Se qualcuno ci riuscirà, lo inviteremo l’anno prossimo». Curioso, in ogni caso, rivendicare esperienza e competenza in un momento in cui per fare politica con successo il primo requisito sembra quello di non avere né l’una né l’altra. «Però io – chiosa Maroni – sono diventato ministro a 39 anni e prima avevo fatto soltanto l’assessore alla Viabilità a Varese. L’esperienza non è fondamentale».Stuzzicante anche l’abbinamento fra le parole e i politici. Su questo, si cerca di mantenere il riserbo. Ma alcune accoppiate si sono risapute e danno risultati un po’ maliziosi. L’ex premier Gentiloni parlerà di «lobbying»; l’ex segretario Bersani di «generazioni»; l’eminenza grigia Letta di «negoziato»; la sindaca di Torino Appendino di «ascolto» e l’ex presidente della Camera Pivetti di «professione». La Pivetti, in verità, di politica non ne fa più da un pezzo. «Verrà appunto a spiegare come si fa a diventare presidente della Camera a trentun anni e a smettere a trentatré, e come rifarsi una vita professionale». Quindi fra i dieci comandamenti della buona politica c’è anche quello di saperla lasciare. Colpisce il cast così bipartisan, quasi un appello a trovare soluzioni condivise invece che dividersi a prescindere. Maroni: «Beh, se siamo riusciti a portare a casa Expo è anche perché da governatore della Lombardia ho lavorato con il sindaco Sala, nonostante la differenza di fede politica e soprattutto calcistica, dato che lui è interista». Insomma, la concretezza chiama e la politica risponde (forse).