Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 11 Sabato calendario

Bare, mobili e birra: il marketing è questione di cronaca (e ironia)

“Non vaccinatevi, siamo pronti anche a un’epidemia”. Parola della Taffo Funeral Service, ditta di onoranze funebri che, visto il core business, ha ben donde di prendersi gioco del dibattito sanitario in corso per farsi pubblicità sul web.
Eppure, ai più attenti il post sarà suonato familiare. Il messaggio di Taffo Fs, per quanto sbarazzino, nasconde un giallo familiare che potrebbe essere uscito da una sceneggiatura di Woody Allen o da uno degli ultimi lavori di Mario Monicelli.
In casa Taffo lo scettro degli spot a misura di social network è conteso: a L’Aquila c’è la Taffo G&C, a Roma la già citata Taffo Fs. La distanza permette di spartirsi i clienti, ma non il target pubblicitario. E la guerra a colpi di ironia va avanti da anni, con il ramo aquilano della famiglia che rivendica di aver creato questo stile e l’azienda romana che per primeggiare si affida a un’agenzia di marketing e bolla gli altri come “lontani parenti”. Persino il post sui vaccini è una frecciatina: un anno fa la Taffo aquilana pubblicò “Vaccinatevi, non siamo pronti a gestire un’epidemia”, messaggio a specchio rispetto a quello lanciato adesso dai concorrenti. “Il nostro almeno non era un assist ai no vax”, mormorano da L’Aquila.
Ma al di là degli screzi familiari, il successo delle rispettive campagne è forse l’esempio più bizzarro di applicazione di real time marketing, il fenomeno per cui da un po’ di tempo diverse aziende lanciano messaggi pubblicitari basati sull’attualità.
Caso di studio italiano è Ceres, la birra danese diventata una star sul web. Il best of è ricco. La Corte di Cassazione afferma che Berlusconi è innocente nel caso Ruby? E i birrai rilanciano: “Allora la Ceres è analcolica”. Il 4 marzo ci sono le elezioni? “È come al bar. Se lasci scegliere gli altri poi non dire che fa schifo”. Ci vogliono due mesi per fare il governo? “Se fosse un bar avrebbe già chiuso”. E se il tifosi del Feyenoord in trasferta a Roma devastano la fontana della Barcaccia è proprio il caso di dire: “Se non sapete bere, statevene a casa”.
Messaggi su cui c’è la firma di BCube, la società che gestisce la comunicazione social di Ceres: “Quello sul Feyenoord fu uno dei primi post di successo – ricorda Andrea Stanich, il direttore creativo dell’agenzia – perché avevamo trovato un modo originale di dire ‘bevete responsabilmente’”.
L’obiettivo, attraverso post del genere, è quello di arrivare a più persone possibile approfittando del fatto che il messaggio sia condiviso anche da chi non ama la birra. Attenzione, però, perché si fa presto a dire “birra”: “Una comunicazione così decisa funziona perché rispecchia il prodotto, una strong ale doppio malto e con una gradazione alcolica piuttosto alta. Per altri tipi di birra bisognerebbe pensare a strategie diverse”.
Stando attenti a quel che si dice, perché prendere posizione su argomenti di attualità – seppure con ironia – può essere divisivo e in tempi di social basta poco per finire nella bufera.
Una volta ad arrabbiarsi fu Maurizio Gasparri. Il senatore commentò alla visita del Papa a Cuba, sentenziando che “Guevara era un terrorista e i Castro dei criminali”. Abbastanza per far rispondere Ceres: “Guevara era un terrorista, i Castro dei criminali e Gasparri un gran ministro”. Ovazione social degli anti-forzisti, critiche da qualche indignato, invettive da parte di Gasparri, che lanciò il boicottaggio di Ceres.
Ma il vero argomento tabù, per Stanich, è un altro: “Sulla politica tutto sommato si può scherzare, sul calcio meglio lasciar perdere”.
Proprio sul calcio si è però lanciata di recente Ikea Italia, altra azienda che fa ampio uso del real time marketing. Per annunciare l’acquisto dello svedese Robin Olsen, la Roma ha postato un’immagine in cui il giocatore viene assemblato – maglia, guantoni e scarpette – come fosse un mobile. Occasione colta al volo da Ikea, che ha replicato con la foto di uno scatolone con scritto “Malcom” (il calciatore che ha rifiutato la Roma per il Barcellona) e aggiungendo: “Dai, magari il pacco lo hanno preso loro”.
Un rischio calcolato, giurano Massimiliano Santini e Matteo Bellini, del social media team di Ikea Italia: “Il testo, anche se di poche parole, è ben ragionato. Quel ‘dai’ e quel ‘magari’ vogliono essere consolatori verso i tifosi, senza prenderli in giro ma evitando di passare noi stessi come romanisti”.
Questione di equilibrio, oltre che di marketing, anche se poi su alcune battaglie civili il brand sceglie di posizionarsi con forza. Come sulle unioni civili. Ai tempi dell’approvazione della Legge Cirinnà, Ikea pubblicò un’immagine con scritto: “Per fare una famiglia non servono istruzioni”, e sotto ampio uso di metafore con una coppia di bulloni, una di brugole e una formata da un bullone e una brugola. “Il rischio che qualcuno non fosse d’accordo c’era – ammettono Santini e Bellini – ma era più importante chiarire il concetto di famiglia per l’azienda”.
Missione compiuta, anche se la vera conquista del real time marketing “made in Ikea” è un’altra: “Ormai tutti ci identificano con la Svezia e noi ci giochiamo”. Come prima dei mondiali, quando l’Italia è stata eliminata proprio dagli scandinavi: “Abbiamo ricevuto migliaia di messaggi, ce l’avevano con la Svezia e con Ventura. A quel punto abbiamo postato la foto di una panca di legno con scritto ‘Per farci perdonare la panchina a Gian Piero gliela diamo noi’”. E il pubblico dei pallonari s’è placato. Miracoli del real time.