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 2018  agosto 10 Venerdì calendario

Il “P greco” e i “primati” della politica

Un paio di giorni fa Davide Barillari, consigliere regionale M5S alla Regione Lazio, ha postato su Facebook queste “dichiarazioni armate” nei confronti della scienza: “La politica viene prima della scienza. I politici devono ascoltare la scienza, collaborare, non farsi ordinare dalla scienza cosa è giusto e cosa è sbagliato, accettando le parole della scienza mainstream come dogmi religiosi. Perché la scienza deve essere democratica, e quindi deve ascoltare tutti: compresi ricercatori e scienziati che, con dati alla mano, contestano il dogma ufficiale”.
Sarebbe stato difficile parodiare in maniera così efficace l’atteggiamento antiscientista serpeggiante sotto la superficie di quel mare magnum che una volta era la maggioranza silenziosa e invisibile del nostro paese, e che oggi i social media hanno sdoganato e promosso a maggioranza rumorosa e invadente. Un atteggiamento ignaro persino delle più elementari caratteristiche della scienza, che questa sedicente maggioranza pretenderebbe comunque di criticare e, addirittura, di guidare.
L’equivoco di fondo in cui cadono le persone disinformate come Barillari è tradito dalla confusione smascherata dal suo contrastare “giusto” a “sbagliato”, come se fossero termini antitetici. Egli compie così quello che nel gergo filosofico viene chiamato “errore categoriale”, ma che ad uso dei navigatori della rete si può tradurre con “scambiare lucciole per lanterne”: “giusto” è infatti l’opposto di “ingiusto”, mentre “sbagliato” è l’opposto di “corretto”. In particolare, “corretto” e “sbagliato” sono categorie di cui si occupa il pensiero scientifico, e riguardano i fatti oggettivi, mentre “giusto” e “ingiusto” sono categorie di cui si occupa il pensiero umanistico, e riguardano i valori soggettivi. Le contrapposizioni tra matematica e scienza, da un lato, e religione, politica e filosofia, dall’altro, nascono appunto dalla confusione tra i due livelli del discorso, e dalle invasioni di campo che spesso e volentieri si effettuano, da entrambe le parti: anche se, a onor del vero, più spesso e più volentieri da parte dell’umanesimo nel campo della scienza, che viceversa.
Ora, è perfettamente sensato pretendere che sia la politica a essere democratica, e a dover quindi ascoltare tutti: non solo la maggioranza, quando c’è, ma anche le minoranze che la pensano diversamente da essa. Se non altro perché i valori, essendo appunto soggettivi, non sono affatto universalmente condivisi, sia da paesi e culture diverse, sia da persone diverse all’interno di uno stesso paese o di una stessa cultura. E infatti i valori cambiano, e ciò che in un luogo o in un tempo veniva considerato inaccettabile o scandaloso dalla maggioranza, può benissimo essere politicamente corretto in un altro luogo, o diventarlo in un altro tempo.
La scienza invece, dal canto suo, non ha nulla a che fare con la democrazia: Galileo e Darwin avevano contro il mondo intero dei disinformati dell’epoca, ma non per questo si sbagliavano sull’eliocentrismo o sull’evoluzionismo. Semmai, erano i teologi come Roberto Bellarmino, nello Stato Pontificio di Paolo V e Urbano VIII, o i funzionari di partito, come Trofim Lysenko nell’Unione Sovietica di Stalin e Kruschev, a pretendere di voler piegare i fatti della scienza ai valori e ai voleri della religione o della politica, con effetti disastrosi. Lysenko considerava l’evoluzionismo e la genetica come ideologie borghesi, e voleva opporre loro un’“agrobiologia” comunista e sovietica. Questo gli servì per far carriera politica, arrivando a diventare presidente dell’Accademia Sovietica delle Scienze Agrarie, ma non impedì certo alla Natura di continuare a seguire le proprie leggi scientifiche, facendo crollare la produzione agricola e provocando varie crisi alimentari. Esattamente allo stesso modo, il popolo dei “no-vax” può benissimo abboccare alle moderne esche neolysenkoiste, ma questo non impedisce alla Natura di continuare a seguire le proprie leggi, che non cambiano al mutare dei pareri della maggioranza, come nei parlamenti, e rimangono invece immutabili, anche se non piacciano a qualche individuo o qualche gruppo. In questo senso le leggi scientifiche sono effettivamente dei “dogmi”, ma non perché sono state proclamate da un’inesistente “scienza mainstream”, bensì perché sono state scolpite sulle tavole della legge da “Dio, cioè la Natura stessa”.
Non solo la politica e la religione, ma neppure la scienza viene prima di queste leggi. Semplicemente, la politica e la religione si interessano, e dovrebbero interessarsi, d’altro: e quando non lo fanno, diventano ridicole come il Parlamento dello stato dell’Indiana, che nel 1897 decise di cambiare il valore di “pi greco” ponendolo uguale 3. In genere dietro a queste amenità ci sono le idee balzane di qualche ciarlatano: il medico Edward Goodwin, nel caso del “pi greco”, e il medico Andrew Wakefield, nel caso dei vaccini.
Quest’ultimo, in particolare, diffuse fraudolentemente nel 1998 la notizia che il vaccino trivalente provocava l’autismo: in seguito si scoprì che aveva falsato i dati per interessi personali, e venne addirittura radiato dall’ordine dei medici. Troppo tardi, però, per impedire l’attecchimento del seme fraudolento nelle fasce più disinformate della popolazione inglese: nel giro di dieci anni, tra il 1998 e il 2008, la percentuale di bambini vaccinati scese dal 93% al 75%, i casi di morbillo salirono da 56 a 1348, e la malattia da ufficialmente “sotto controllo” divenne di nuovo “endemica”. Una volta la diffusione di quelle che l’articolo 656 del Codice Penale chiama “notizie false e tendenziose”, e che la moda anglofona ha ribattezzato fake news, era lenta come il diffondersi delle malattie contagiose. Ma con l’accelerazione provocata dai viaggi a basso costo, da un lato, e dai social media a basso contenuto, dall’altro, ormai le malattie infettive del corpo e della mente provocano epidemie quasi istantanee, ed è difficile contrastrarle. Tutti ormai pensano tronfiamente di avere il diritto di pensare e il dovere di dire la loro anche su argomenti di cui non conoscono nulla, se non ciò che orecchiano dagli untori che le diffondono nei luoghi meno asettici e più inquinati della disinformazione. L’unico antidoto sarebbe la diffusione del metodo scientifico, che diventa invece la vittima di questo andazzo falsamente democratico: si dovrebbero, cioè, avere la pazienza di studiare a fondo i problemi, e l’umiltà di stare a sentire chi li conosce professionalmente. Si scoprirebbe, allora, che la scienza medica è unanimemente concorde non solo sull’efficacia e sulla necessità dei vaccini, ma anche sull’inefficacia e sull’inutilità delle cure alternative contro il cancro. E che i supposti “contestatori del dogma ufficiale”, lungi dall’essere Galileo o Einstein, altro non sono che ciarlatani o truffatori: anche quelli di casa nostra, da Luigi Di Bella a Davide Vannoni, che negli ultimi vent’anni hanno avuto buon gioco a menare per il naso la Grande Coalizione dei parlamentari scientificamente analfabeti, spesso ottenendo all’unanimità da loro finanziamenti a perdere per le proprie sedicenti sperimentazioni. Ovviamente si può e si deve discutere dei costi, degli sprechi, dell’inefficienza e degli scandali della sanità. Ma questo non ha nulla a che vedere con le argomentazioni antiscientifiche e complottistiche dei “no vax”, per contrastare le quali servirebbe e basterebbe un movimento di “no cax”.