La Stampa, 10 agosto 2018
Zanardi, l’ultima sfida: «Guido senza protesi»
Racconta Alessandro Zanardi che qualche tempo fa, mentre accompagnava in macchina il figlio a scuola, è rimasto bloccato dopo un piccolo incidente. «Sono sceso senza protesi, spostandomi sulle braccia, e la gente subito ha pensato inorridita che avessi perso le gambe nell’incidente. Poi mi hanno riconosciuto e mi hanno chiesto l’autografo».
L’aneddoto, molto «zanardiano», fa da preludio alla futura impresa di Alessandro, che dal 24 al 26 agosto a Misano parteciperà allo sconfinamento italiano del Dtm, il ricco e molto seguito campionato tedesco per vetture turismo, alla guida di una Bmw M4 versione Dtm appunto. Il modello è adattato per consentirgli di guidare senza le protesi che indossa da quando, nel 2001, nel terribile incidente del Lausitzring subì una doppia amputazione. In Romagna potrà manovrare dal volante non solo acceleratore, frizione e cambio, come ha fatto in altre occasioni, ma anche il freno. Perché? «Con le protesi, che non traspirano, stare a lungo dentro un abitacolo dove si raggiungono temperature elevatissime per me è un inferno», spiega Alex.
Progressi e progetti
«Nel 2015, alla 24 Ore di Spa, l’anello debole del team ero io, ma ero più lento dei miei compagni, potevo stare poco in macchina. Così quando con gli ingegneri che si occupano del progetto per Daytona 2019 mi hanno chiesto come potevano aiutarmi, non ci ho pensato su due volte». La sicurezza non è un problema. Zanardi ha sempre passato i test imposti dalla federazione internazionale «e poi senza protesi mi muovo come un gatto», se la ride. «Magari non sono bello da vedere, ma molto più agile. E comunque su strada non si possono usare le protesi per comandare nulla».
La tecnologia ha fatto grandi progressi, i comandi «servoassistiti» sono moneta corrente in molte categorie. Il sentiero che da anni sta tracciando il talento multiforme di Zanardi – pilota, plurimedagliato olimpico nel paraciclismo, presentatore tv – si inoltra verso orizzonti sempre più affascinanti e complessi. «Alla Bmw già offrono corsi per persone disabili, in futuro le vetture saranno predisposte anche per questo tipo di guida al momento dell’omologazione. A Le Mans ha gareggiato Frederic Sausset, che non ha né braccia né gambe: 15 anni fa la Fia (la Federazione internazionale automobilistica) si sarebbe messa a ridere solo all’idea. E se a Billy Monger (il diciannovenne pilota inglese tornato a correre anche lui dopo una doppia amputazione, ndr) oggi chiedono non solo d’essere simpatico, ma di fare il tempo, credo sia merito anche un po’ del mio essere stato un pioniere».
Occhio però a non scambiare i mezzi con i fini. «A volte siamo schiavi della tecnologia. Ci mettiamo in fila davanti a un negozio senza neppure sapere cosa stiamo comprando. Non dobbiamo farci travolgere. La tecnologia è una benedizione se asseconda la nostra curiosità, e io non l’ho mai persa. Senza i tecnici, certo, tutto sarebbe stato più difficile. Ma è stata mia la visione, e me ne prendo con arroganza il merito. Io volevo guidare, alla fine si trattava di solo di trovare un modo diverso di spingere i bottoni». O d’individuare una soluzione per rendere l’hand-bike, con cui sbancò le paralimpiadi di Londra, ancora più veloce ed efficiente.
Verso le Olimpiadi
«L’ingegner Dallara, una persona che adoro, si è messo a disposizione per aiutarmi in vista dei Giochi di Tokyo del 2020 (quando Zanardi avrà 54 anni, ndr), ora si tratta di farsi venire delle idee. Sono reduce dai Mondiali dove ho rimediato solo bastonate. Nella crono di 27 chilometri, piena di salite, ho tenuto una media i 41 km/h eppure ho preso un minuto di distacco. Va bene così, mi piace che i tanti che mi vogliono tanto bene, anche oltre i miei meriti, comprendano che se pure non vinco l’oro, io ci provo comunque. Poi qualche volta ci riesco anche».
La vera pazzia, però, per Alex resta proprio il Dtm a Misano. «Se in Formula 1 monto sulla Ferrari di Vettel e prendo un secondo di distacco dalla pole, sono comunque a metà gruppo. Nel Dtm, il campionato più competitivo ed equilibrato del mondo, stanno tutti in mezzo secondo. Lottando contro piloti che hanno molta più esperienza, l’unica vettura cui posso sperare di stare davanti è la safety car... Ma che mi importa? La macchina è bellissima, io avevo voglia di provarla. Ormai non ho più l’ansia di dimostrare niente, ma se vedo un’opportunità, almeno ancora per un po’, me la prendo».