la Repubblica, 10 agosto 2018
La sfida destra-sinistra sui limiti stradali nell’Europa a due velocità
PARIGI Cos’è la destra, cos’è la sinistra? La risposta a Giorgio Gaber, nell’Europa del 2018, è facile. Altro che società liquida dove le vecchie categorie ideologiche non esistono più. Le differenze – almeno in auto – sono chiare e si misurano in chilometri orari: la destra è l’acceleratore, la sinistra il freno. E il tachimetro è lo specchio di un continente che viaggia a due velocita: l’Austria populista e nera di Sebastian Kurz – sfidando buon senso e statistiche sugli incidenti – ha deciso di dare gas, alzando da 130 a 140 km/h (in via sperimentale) il limite sulla Vienna Salisburgo. La Francia riformista di Emmanuel Macron ha scelto di andare nella direzione opposta. E in nome della prudenza – “salveremo 400 vite l’anno” – ha abbassato da 90 km/h a 80 quello sui 400mila chilometri di strade di campagna del Paese.
L’approccio austriaco – contestato dagli ambientalisti fa molto destra old-style, quella dove l’interesse del singolo prevale su quello collettivo e il tempo è denaro. «Aiuteremo gli automobilisti ad arrivare prima a destinazione», ha argomentato sintetico il ministro ai trasporti Norbert Hofer. Il risparmio, sui 60 chilometri di autostrada dove il limite è stato ritoccato all’insù, è minimo: due minuti. Ma il valore simbolico del messaggio politico, in un’Europa dove tutti al volante si sentono Sebastian Vettel, è inequivocabile. «È puro populismo», ha commentato l’opposizione socialdemocratica. L’Aci di Vienna, invece, ha applaudito entusiasta: «La velocità non è correlata alla sicurezza – ha detto -. La prova? Sulle nostre autostrade il tasso di mortalità è di 1,7 persone ogni 100mila km/veicolo. Come in Germania dove su metà della rete non esistono limiti». Senza ricordare che sull’altra metà dove i limiti sono stati imposti, il numero delle vittime è crollato.
La Francia di Macron ha fatto invece quello che oggi non va più di moda: prendersi la responsabilità politica di una scelta impopolare negli interessi della collettività. Le vittime della strada nel paese, dopo decenni di flessione, son tornate a crescere dal 2014. Soprattutto in campagna, dove nel 2017 sono morte in incidenti oltre 2mila persone, il 55% del totale. «Se per salvare qualche vita perderò consensi, li perderò volentieri», ha detto il premier Eduard Philippe. Obiettivo, va detto, centrato, visto che il 74% dei suoi concittadini è contrario al provvedimento e a fine giugno – pochi giorni prima della sua entrata in vigore – migliaia di persone l’hanno contestato (in bicicletta) per le strade di Parigi. La logica dei numeri del resto, quando i cittadini diventano automobilisti, serve a poco. Il taglio da 90 a 80 km/h fa perdere solo 5 minuti ogni 60 chilometri, un’inezia. Un aumento di 4,8 km/h della velocità – certifica uno studio della Ue – genera 25 morti e 100 feriti. Il nuovo limite “populista” targato Vienna aumenta di 13 metri lo spazio di frenata sull’asciutto.
Badare a questi dettagli, però, è una cosa di sinistra e un po’ radical chic. Buona per un “presidente dei ricchi” come Macron – dice l’opposizione a Parigi – che non ha a cuore gli interessi della Francia rurale.
Quella degli “invisible men” che hanno dimostrato nei fatti da che parte stanno: del limite a 80 se ne fregano (almeno per ora), visto che nel primo mese di applicazione gli autovelox transalpini hanno raddoppiato gli scatti con 250mila infrazioni (+110%) in più rispetto al 2017. E quando proprio le multe sono troppe, basta applicare il sano principio di destra della giustizia fai-da-te. L’autovelox è di sinistra, va neutralizzato. E gli atti vandalici contro quelli posizionati sui viottoli di campagna sono quadruplicati a luglio rispetto a un anno fa…