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 2018  agosto 10 Venerdì calendario

La fantascienza allucinante con Suter sa anche farci ridere

Sul futuro possibile si può essere pessimisti, ottimisti o pensare ad altro. Si può studiare molto e poi far partire lo spiegone in stile Matrix, compilando saggi stravenduti pronti a essere smentiti l’anno successivo. Oppure si può studiare comunque parecchio, senza pretendere di passare per guru, e fornire al lettore non solo un punto di vista originale, ma anche un modo leggero per rifletterci su.
È ciò che ha provato a fare Martin Suter in Creature luminose (Sellerio, pagg. 352, euro 16, trad. di Marina Pugliano). Entrato con facilità nella top ten dei bestseller in Germania lo scorso anno e ancora libro dell’estate nei Paesi di lingua tedesca, il romanzo dello scrittore e sceneggiatore tv, svizzero di Zurigo, classe 1948, autore tra l’altro di Com’è piccolo il mondo!, Il talento del cuoco e del ciclo di Allmen (tutti pubblicati in Italia da Sellerio) parte da un fatto di cronaca: dieci anni fa a una convention scientifica venne annunciato che in un futuro prossimo si sarebbero potute creare versioni in miniatura degli animali. Modellini viventi della fauna in colori brillanti: «oggetti» che avrebbero potuto divenire di grande moda, prodotti, anziché dal disegno divino, da un divino designer. Uno di questi cuccioli surreali diventa così il protagonista del romanzo, la pietra dello scandalo intorno alla quale girano genetisti avidi, homeless economisti, veri elefanti del circo costretti a prendere parte a esperimenti genetici e accademici storditi dal progresso.
«L’idea mi ha catturato», ha dichiarato Suter in una intervista. «Uno scatto del progresso più adatto all’industria del lusso che alla comunità scientifica. E quel minuscolo elefante rosa non mi è più uscito di testa: produrre elefantini di lusso esclusivi, magari per i figli dei principi sauditi». Il passato da pubblicitario di Suter ha sicuramente giocato in questa interpretazione, ma il glowing animal protagonista della storia poteva nascere solo dalla mente di uno scrittore che ama stare, con la risata, in equilibrio sopra la follia.
La creatura, destinata a diventare il peluche di lusso di qualche ricchissimo poppante, si manifesta per la prima volta di notte. Sventola le orecchie e solleva la proboscide disegnando nell’aria una S. E brilla come una lucciola rosa. Fin qui, un incipit fantascientifico. Se non fosse che l’osservatore cui tocca la visione non solo è un senzatetto chiamato Schoch (e l’assonanza del nome è già di per sé abbastanza eloquente), ma sperimenta il tutto in una notte di luna piena, in cui infuria il Föhn e la sbronza che si è preso ha tutta l’aria di essere di quelle girevoli, ovvero quelle che, appena si chiude nel suo sacco a pelo, tolgono stabilità alla tana tutta. Premesse, queste, da thriller donchisciottesco.
«Vedere gli elefanti rosa», come da noi «Vedere gli asini che volano», significa in lingua inglese avere le allucinazioni. Schoch beve da così tanto tempo che poco gli importa all’inizio se quel che vede è vero o falso. In questo, quel barbone ci ricorda come reagiamo di fronte ai progressi dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie. Il tema sarà anche serio, ma sinceramente abbiamo altro a cui pensare. Abbiamo visto un elefante rosa brillare nel buio? Potrebbe essere un prodigio, un segno, un essere trascendente: preferiamo credere a tutto meno che a un esperimento. Lo smarrimento di Schoch è esilarante, nulla a che vedere con la noia mortale che suscitano gli allarmismi quotidiani dell’opinionista di turno. Eppure è convincente al punto che quando arriviamo al cuore del libro in realtà ci aspettavamo anche di peggio: «Le banche dati genetiche crescevano di giorno in giorno. Questo permetteva a coloro che vi avevano accesso di predisporre mappe genetiche sulla base delle quali era possibile stabilire le origini di una persona», spiega Suter più o meno a metà del racconto.
Nel romanzo si dà per possibile la capacità di attaccare gli abitanti di un Paese con armi chimiche innocue per certe etnie e letali per altre. Di manipolare il patrimonio genetico di piante, animali e uomini. Ma anche di disattivare le funzioni genetiche che scatenano l’Alzheimer. O il cancro. O il processo di invecchiamento. O altri immaginabili flagelli dell’umanità. A tutto questo serio background si pensa mentre si legge Creature luminose. Eppure si ride, grazie a un senzatetto ubriacone messo al centro della lussuosa e bancaria Zurigo. Perché la misura dell’abilità letteraria di Suter è data dal paio di occhiali rosa fluorescente che ci fa indossare, occhiali con cui, una volta tanto, possiamo guardare anche il progresso scientifico. E capirlo meglio che con una Ted Talk o un tutorial di Youtube.