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 2018  agosto 10 Venerdì calendario

Intervista al tenore Juan Diego Flórez

È innamorato di Zoraide da sempre. E tra pochi giorni festeggia 26 anni di matrimonio, proprio a Pesaro, città che ha acceso la scintilla della loro passione. Juan Diego Flórez, peruviano, 45 anni, uno dei tenori più richiesti, soprannominato il Principe del Belcanto, era un giovane ventenne, «con un visto valido soltanto per pochi giorni» quando venne chiamato la prima volta dal Rossini Opera Festival. «Un piccolo ma prestigioso ruolo, Ernesto, in Ricciardo e Zoraide e poi, di corsa a casa». 
Mai il destino mise mano a trama e libretto: il protagonista di Matilde di Shabran si ammalò e Flórez salì sul palco non per incontrare Zoraide, ma per sostituire il grande Bruce Ford: «Accettai totalmente incosciente». Invece di essere rimpatriato divenne una star internazionale e ospite fisso della rassegna marchigiana. Direttori come Muti, Levine, Oren, Mariotti, se lo contendono, piovono contratti con i più importanti teatri, La Scala, Staatsoper di Vienna, Covent Garden, lettere di ammirazione, fan club: diventa una voce leggendaria. 
E quest’anno, per i 150 della morte del compositore, Juan Diego inaugura l’edizione glamour del Rof, da protagonista assoluto in Ricciardo e Zoraide. Incontra la sua sospirata metà.
Cast stellare, in scena dall’11 agosto: con Flórez, Sergey Romanovsky, Pretty Yende, Nicola Ulivieri, Victoria Yarovaya. Giacomo Sagripanti dirige l’Orchestra della Rai. Regia del canadese Marshall Pynkoski, al debutto al Rof. Il 12 debutta Adina e il 13 Il barbiere di Siviglia, terza produzione del festival, con la regia di Pier Luigi Pizzi, la direzione di Yves Abel sul podio dell’Orchestra della Rai. Nel cast Maxim Mironov, Pietro Spagnoli, Aya Wakizono, Michele Pertusi, Davide Luciano, Elena Zilio, William Corrò e Armando De Ceccon.
Una lunga storia d’amore con l’eroina rossiniana.
«Ero stato chiamato per cantare Ernesto ed eventualmente sostituire Ricciardo, il ruolo principale. Una grande opportunità per farmi ascoltare. Poi, il programma fu rivoluzionato, debuttai in Matilde perché il tenore si ammalò. E Ricciardo e Zoraide lo faccio ora, dopo 26 anni, per la prima volta».
Finalmente.
«È un ruolo che ti sfida, ti pizzica, una maratona di virtuosismi. Difficile. Ma sono felice di poter arrivare a tutte le note e di avere l’agilità per concedermi delle variazioni».
Nel frattempo è diventato una star, ha sposato una attrice-modella-musicista, ha avuto due figli, ha comprato una casa a Pesaro dove trascorre le sue vacanze: e poi?
«La vita, certo, è cambiata. Anche la musica. La voce. Ora ho il desiderio di ampliare il mio repertorio. Nuove esperienze, futuri traguardi. Anche se Rossini è un amore assoluto. Lo considero il termometro delle mie potenzialità. Quando riesci a dominarlo, puoi fare tutto. E sentirmi ancora completamente dentro certe note, mi piace, mi diverte, mi ricarica».
Ci sono stati dei cambiamenti nella sua voce e nel suo repertorio. Eppure continua a essere considerato un insuperabile tenore rossiniano. Le fa piacere o no?
«Il belcanto è un capitolo fondamentale della mia carriera. Ma desidero incontrare altri compositori, sfidare me stesso. Tra i prossimi impegni Manon di Massenet, Faust di Gounod e poi la Traviata al Met. Mi piace sapere che nel mio futuro ci sono anche queste prove».
E nel frattempo torna Pesaro, dove trascorre le vacanze e dove è nata sua figlia.
«È il posto dove sono nato artisticamente e dove ritrovo me stesso. Al festival ci sono tornato quasi tutti gli anni, dal 96. E quando sono qui mi sento a casa, il mio lavoro diventa quasi un hobby».
Niente ansie da prestazione?
«Io non ho mai avuto questo problema. Sono uno a cui piace buttarsi. Entri in scena e senti l’adrenalina che ti sale. So di colleghi che invece ne soffrono, c’è anche chi ricorre a farmaci».
Ora ai cantanti viene richiesto di recitare, di avere un fisico in linea con il personaggio. Molte sue colleghe sono ossessionate dalla dieta. Gli uomini?
«Sono tutti sportivi, in formissima. I chili in più sono un ricordo del passato. In scena si recita. L’immagine e le regie degli spettacoli sono molto più curate. Il nostro lavoro è cambiato, moltissimo, così come è cambiato il mondo. Prima c’erano soprattutto italiani. Ora, qui, nel Ricciardo a Pesaro, ce n’è soltanto uno. Russi, sudafricani, sudamericani».
Un mondo travolto in questi giorni dallo scandalo delle molestie. 
«Il nostro ambiente è molto più chiuso, rispetto al cinema o al teatro. Ci conosciamo tutti. Io, sinceramente non ne ho mai saputo nulla».
Lei ha sposato una splendida donna, Julia Trappe, attrice, modella, musicista, che ha smesso di lavorare dopo averla incontrata: una decisione della signora o un obbligo del maschio latino?
«Quando ci siamo conosciuti lavorava. E studiava canto. Era riuscita a entrare alla Juilliard School. La spinsi a continuare, la incoraggiai. Ma lei mi rispose: io voglio stare con te. E in quindici anni non ci siamo mai separati. Sono un uomo fortunato».