La Stampa, 8 agosto 2018
L’algoritmo sa cosa farai. Non c’è comportamento che non possa essere previsto
Puoi tacere, rimanere immobile e non fare nulla, eppure lo sguardo ti sta tradendo. Basta un battito di ciglia. I micromovimenti degli occhi e le loro inconsapevoli reazioni svelano moltissimo a un algoritmo che sa come decifrarli. Può stabilire se l’umano che ha di fronte, in una sala d’aspetto o nella metro, è un curioso, un nevrotico, un estroverso, un serioso, un ottimista… Sviluppato dalla University of South Australia con il Max Planck Institute, questo esempio di Intelligenza Artificiale prepara una nuova era nei rapporti tra le macchine e noi e, intanto, altre menti sintetiche stanno imparando così tanto dai nostri comportamenti che cominciano a prevedere che cosa faremo. Al supermarket o in Borsa, sui social o alla guida dell’auto.
Quando si stringe un volante, in effetti, ci riveliamo. Al punto che già trionfa un sistema che, osservando una gara di Formula 1 in diretta e combinando ciò che vede con le memorie di tante corse precedenti e delle prestazioni individuali dei piloti, stabilisce che cosa succederà alla prossima curva. Un’app che produce «alert» e che, elaborando rapidissimamente presente e passato, dà il responso sul futuro imminente e suggerisce al commentatore tv se Vettel manterrà la posizione o Hamilton lo sorpasserà. Mentre l’algoritmo spia le abilità dei campioni, dà un aiutino decisivo al giornalista-opinionista. E la determinazione di dove si troverà tra pochissimo la Ferrari o la Mercedes può essere talmente precisa da arrivare a cinque centimetri dalla posizione effettiva. Un soffio (o un battito di ciglia). Il miracolo «precog», così visionario da superare le fantasie del celebre film «Minority Report», è stato realizzato da QuantumBlack, società di base a Londra specializzata nella scienza dell’«advanced analytics» e che consiste nel gestire enormi quantità di dati (i celebrati Big Data) e nell’esplorarli creativamente per ottenere informazioni altrimenti impossibili e impensabili. Come, appunto, predire i comportamenti in situazioni eterogenee e da queste «premonizioni» ricavare modelli teorici e strategie di business.
«Erano una trentina, oggi sono oltre 350», racconta Massimo Giordano, «managing partner» per l’area del Mediterraneo di McKinsey, parlando dei «data scientists» che si immergono nell’oceano dei dati e ne riemergono sempre con qualche meraviglia. È stata proprio la multinazionale di consulenza strategica ad aver acquisito QuantumBlack nel 2015 e il team è diventato una delle punte di diamante di McKinsey – spiega Giordano – «per guidare i nostri clienti in una realtà in divenire, come l’Intelligenza Artificiale. Uno strumento potente, che, comunque, non può fare a meno della mente umana: a lei resta il difficile compito di prendere le decisioni. Ora, però, può farlo in modo più consapevole e ragionato». Formula 1 a parte, banche, tlc, assicurazioni, distribuzione, infrastrutture sono esempi dei settori dove l’analisi avanzata dei dati scatena la rivoluzione. Nei prodotti e nella filosofia che li ispira e nell’organizzazione delle aziende, oltre che nei rapporti con i clienti.
«L’innovazione è legata alla capacità delle aziende, anche le più tradizionali, di attrarre giovani talenti, i data scientists, appunto – sottolinea Giordano -. Il loro futuro è a tutto campo, non solo nei simboli del Big Tech come Google e Amazon o nelle start-up». Se è vero che ognuno di noi genera dati, consapevolmente con le protesi digitali e inconsapevolmente in ambienti iper-sorvegliati, e che negli ultimi due anni sono state prodotte più informazioni che nel resto della storia dell’umanità, la sfida è sfruttare il sapere potenziale che racchiudono. Una miniera da miliardi e trilioni non per tutti, ma riservata a chi ha le magiche chiavi per entrarci. «Oltre il 50% di quanto facciamo oggi appena cinque anni fa non esisteva – osserva Giordano -. McKinsey, nel mondo, dispone di oltre 2 mila super-specialisti, tra cui matematici, ingegneri e fisici, e di un migliaio di “traduttori”, i quali indirizzano le tecniche di “machine learning” verso obiettivi specifici».
Obiettivi sempre diversi, come provano le esplorazioni di QuantumBlack. Per un football club ha creato un modello che correla le caratteristiche di ogni giocatore con la propensione agli infortuni muscolari (e ne ha previsti 170 su 184, con un’accuratezza del 90%), mentre a una società mineraria ha fornito lo strumento con cui calcolare le probabilità di guasto dei macchinari. Risultato: rilevamento anticipato dell’88% dei problemi. A un network di pagamento, invece, è stato fornito l’algoritmo con cui individuare, nella massa delle transazioni, quelle sospette e quelle fraudolente.
Ed è solo l’inizio, sostengono gli specialisti: diventiamo dati per l’Intelligenza Artificiale e allo stesso tempo i suoi neuroni ci promettono super-poteri al di là dell’immaginazione. Nel grande gioco delle previsioni è il futuro lontano a restare insondabile.