La Stampa, 8 agosto 2018
Le alici meglio del posacenere, il cibo diventa il souvenir d’estate
Vi ricordate le palle di vetro con la Gondola e la neve o il posacenere con il Colosseo, che almeno una volta nella vita qualcuno vi ha regalato come souvenir di un viaggio a Venezia o a Roma? O ancora quella mattonella di ceramica che recitava «A Sorrento andai, a te pensai, e questo ricordo ti portai»? Bene, oggi sono fuori moda e nessuno di ritorno da un viaggio a Sorrento oserà regalarvi più quella mattonella. Al suo posto è diventato di rigore il limoncello fatto con gli agrumi della Costiera e, se proprio l’amico è un gourmet, una confezione di colatura di alici di Cetara, rivisitazione contemporanea del garum di Apicio. Perché dalle vacanze come souvenir non portiamo più oggetti ma prodotti alimentari. È quanto afferma una ricerca della Coldiretti, secondo cui ormai il 42 per cento dei turisti si riempie le valigie di cibi e bevande per regalarli agli amici o tenerseli nel frigo di casa. Ormai il ritorno dalle vacanze non è più segnato (per fortuna) da quelle tremende serate in cui vi mostravano le diapositive delle pendici del Karakorum o delle Dolomiti immortalate proprio mentre saltava un raro stambecco o volava una aquila in via di estinzione.
La tendenza all’aumento di questi acquisti – sottolinea la Coldiretti – è anche dovuto al moltiplicarsi delle occasioni di valorizzazione dei prodotti locali nei principali luoghi di villeggiatura, con percorsi enogastronomici, città del gusto, aziende e mercati degli agricoltori, feste e sagre di ogni tipo. Come non notare che ormai il più piccolo paesino organizza almeno una sagra legata a un prodotto del territorio che sia la papera marchigiana o il peperone crusco lucano? E la ricerca dei prodotti tipici è una sorta di ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l’Italia diventato leader mondiale del turismo enogastronomico grazie a 294 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ma che ha conquistato anche il primato green in Europa con quasi 60 mila aziende agricole biologiche (le cifre sono di fonte Coldiretti).
Un fenomeno a parte sono le centinaia di città dell’olio, del vino, del pane spuntate ormai come funghi. Fino a qualche anno fa quando entravi in un paese c’erano i cartelli che ti avvertivano che quel Comune era denuclearizzato (cosa volesse dire non è mi è ancora ben chiaro) o che era gemellato per i motivi più strani con due sperdute località del Sud America e dei Balcani. Oggi invece piccoli o grandi cartelli ti avvertono che stai per entrare in una città dell’olio o del pane. Senza dimenticare che soprattutto in Piemonte, in Toscana o in Veneto, ti hanno abbondantemente segnalato che la strada che stavi percorrendo era legata a un vino particolare.
Certo di fronte a talune esagerazioni modaiole (che portano magari a buttare perché scaduto quel prodotto alimentare preso in vacanza, tenuto in frigo per mesi e mai consumato) si prova un po’ di nostalgia per le mattonelle di ceramica.