Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 08 Mercoledì calendario

L’Italia chiusa per ferie avverte la nostalgia del Marchionne-pensiero

«Ohhh... c’è qualcuno? C’è nessuno?!». Sembrava una particella di sodio dell’acqua Lete, Sergio Marchionne, il giorno che entrò nella sede Fiat nell’agosto del 2004. «A quei tempi perdevo cinque milioni al giorno», spiega lo scomparso motore immobile del Lingotto in un video che è diventato ormai virale in questo nuovo agosto desolato. «Mi ero insediato a giugno e da quel momento in poi sono diventati solo giorni uno dopo l’altro», racconta, «quasi tutto luglio girai per il mondo e quando ad agosto rientrai in sede, non c’era nessuno». Stupito di aggirarsi in un’azienda deserta che assumeva i profili sinistri di Gotham City chiese ingenuamente ai suoi collaboratori: «Ma dove sono tutti, dov’è la gente?». «In ferie», gli spiegarono. «Ma in ferie da cosa?!», ribattè l’ad pensando alle perdite. 
Questo fatto che la Fiat Italia decidesse quando il mondo doveva andare in vacanza, cioè ad agosto, appunto, mentre negli altri Paesi se ne fregavano bellamente, era una cosa che lo faceva impazzire. Una «pirlata», non esitò a definirla Marchionne davanti ad una platea in visibilio. Così come lo faceva impazzire il fatto che il Belpaese non riuscisse a sgretolare il suo provincialismo, fatto di «comfortable», di capatine al bar, di piccole abitudini rassicuranti e praticamente inestirpabili.
Se già il visionario in maglioncino blu teorizzava che «chi comanda è solo», figuriamoci come poteva pensarla ad agosto. In Italia. E non 14 anni fa, ma ancora oggi. Dove la lavanderia apre per un’ora e mezza, i ristoranti abbassano saracinesche come il domino, di esercizi più «frivoli» manco se ne parla e la finestra di casa si affaccia sull’Armageddon. I tacchi affondati nell’asfalto per vagare verso il nulla, attraverso il nulla. Galleggiando in una struggente atmosfera di disarmo: praticamente il set di Morte a Venezia. Anche oggi il Parlamento ha appena chiuso «per ferie» e riaprirà solo tra 34 giorni. Panetterie sprangate, bar a serrande abbassate. E nei supermercati sugli scaffali sono più i vuoti dei prodotti in esposizione.
«Cinque milioni al giorno», continuava a ripetere ironico Marchionne in quel video. Ironico perché da quel lontano 2004 al triste giorno della sua morte, lo scorso 25 luglio, della Fiat è riuscito a fare quel che ha fatto. Malgrado il provinciale agosto italiano, malgrado le ostinazioni piccine e irrosicchiabili di un popolo pigro e cocciuto che sta comodo nel molle, rallenta con l’afa e striscia a mettersi a mollo. Vada come vada, in qualche modo si farà, qualcuno ci penserà, ma soprattutto dopo. A settembre, che poi arriva subito dicembre e ci si penserà con l’anno nuovo. E poi nemmeno, perché quest’anno non è giornata. E intanto (non) procede tutto come sempre. Tutto resta immobile come l’asfalto bollente perché, anche se può sembrare paradossale, sono proprio quelli che se la passano peggio a temere di più i cambiamenti. Siamo un Paese imbottito di alibi. E ad agosto, cascasse il mondo, scappiamo per ragioni imprescindibili, in ferie. Crisi, non crisi, esodi, non esodi, tasse, non tasse, partenze intelligenti o imbecilli che siano. Tutti al mare che la vita solleva afa. Ma tanto è inutile cercare ombra: si ha caldo anche coperti di ridicolo. Tanto Marchionne già lo sapeva che «ogni superiorità è un esilio».