il Giornale, 8 agosto 2018
Il caldo stressa le api. In Italia dimezzata la produzione di miele
Il caldo afoso blocca le api all’interno degli alveari, impegnandole giorno e notte, a mantenere ventilate le arnie. Il risultato è un calo della produzione di miele del 50% rispetto a un’annata normale. Ma l’amara notizia, diffusa dalla Coldiretti lombarda, è un’altra: il prezzo dei barattoli salirà alle stelle e per far fronte alle richieste si dovrà ricorrere al miele proveniente da altri Paesi. Un primo monitoraggio fornito dalla stessa Coldiretti regionale stima il calo della produzione fino all’80% per alcune varietà di miele. Stiamo parlando di 140mila alveari popolati da 4 miliardi di insetti. L’apicoltrice Esterina Mariotti, presidente dell’Associazione produttori apistici cremonesi, considera un calo del 40% del miele di girasole, del 60% sul millefiori e dell’80% della melata. Non stanno meglio le api di montagna. «La sera e nelle prime ore del mattino, i nostri insetti fanno la cosiddetta barba all’alveare – spiega Maria Soldavini, apicoltrice di Lonate Pozzolo (Varese) – Ossia, molte api stanno all’esterno per evitare che, dentro, l’ambiente si surriscaldi troppo». Il caldo afoso affatica di più gli insetti, «le api covano meno e mettono a rischio anche la resistenza stessa della famiglia» spiegano alla Coldiretti.
Ma gli effetti del clima sul miele non sono una prerogativa lombarda. «Siamo di fronte a un crollo della produzione a macchia di leopardo, dalla Sicilia all’Abruzzo, dalla Liguria alle Marche fino alla Sardegna – denuncia l’associazione di agricoltori – In Italia convivono 1,2 milioni di alveari che impegnano 45mila apicoltori, compresi gli hobbisti. Già l’anno scorso abbiamo accusato un pesante deficit, l’annata 2017 con i suoi 10 milioni di chili di miele, è stata una delle peggiori dell’apicoltura moderna. Il caldo record di questa estate, sopraggiunto dopo una primavera fredda e piovosa caratterizzata anche da grandine e vento, ha condizionato pesantemente il lavoro delle api. E lo abbiamo constatato sulle varietà, dal castagno al tiglio, dal coriandolo all’acacia, dall’arancio alla melata».
Intemperie e sbalzi climatici avrebbero aperto la strada alle importazioni. Qualche numero. Nel primo quadrimestre 2018 9,4 milioni di chili di miele sono arrivati dall’Ungheria (+64%), dalla Romania (+46%), dalla Polonia (+34%) e dalla Cina (+19%); in sintesi due barattoli su tre non sono italiani.
Per non cadere nell’inganno dei prodotti stranieri spacciati per nazionali e garantire un futuro alle api italiane, Coldiretti suggerisce di verificare con attenzione l’origine riportata sull’etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole o negli agriturismi. «La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale – precisa Coldiretti – mentre, nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione europea, l’etichetta deve invece riportare l’indicazione miscela di mieli originari e non originari della UE. L’Italia può contare anche su tre mieli a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione europea: il miele della Lunigiana DOP, il miele delle Dolomiti bellunesi DOP e il miele varesino DOP».
Infine, ricordiamo una bella notizia: a maggio l’Unione europea ha «preso le parti delle api» mettendo al bando definitivamente l’uso di alcuni pesticidi, quelli che uccidevano gli insetti. Sedici Paesi hanno votato compatti seguendo le indicazioni dell’Autorità per la sicurezza alimentare.