Corriere della Sera, 8 agosto 2018
Curriculum succinto. «Solo» 3.396 parole
Per aprire solennemente il concilio ecumenico Vaticano II, Papa Giovanni XXIII usò 3.745 parole. Il minimo, dato il tema: tirare le somme di venti secoli dopo la Rivelazione. Per sintetizzare la sua vita di burocrate, il neo-Segretario generale dei Beni culturali, Giovanni Panebianco, ne ha usate 3.396. Sui bytes adoperati nel succinto curriculum, c’è anzi il sorpasso: Panebianco batte Roncalli 28.481 a 23.632. E vai!!! Mancano, è vero, i dettagli sulla nascita a Crotone, le scuole elementari che ha frequentato, le sabbie nelle quali affondò la paletta e il colore del secchiello. Ma per il resto: tutto. Spiega d’essersi laureato in Economia e commercio con 110 e lode, di esser stato «assistente volontario cattedra di diritto penale-tributario dell’Accademia della Guardia di Finanza (sede di Roma)», di aver «ricoperto l’incarico a titolo gratuito di componente (managing Director) del Board di Venetian Heritage», di essere stato «Relatore al Convegno “Italy is back” svolto il 24 ottobre 2008 nell’ambito della Fiera del Turismo di Rimini» alla presenza di «autorità pubbliche, esperti Ocse, rappresentanti del turismo...». E poi ancora d’aver avuto a Roma Tre «incarichi di docenza esterna in materia di bilancio (ragioneria generale e applicata) affidati dall’Ateneo con contratti integrativi a titolo gratuito» con la postilla che «nell’ambito del corso, sono state svolte specifiche attività seminariali». E poi di esser stato «Supervisore per l’organizzazione della Conferenza nazionale del turismo» a Riva del Garda («Incarico conferito dall’Autorità di Governo competente in materia di turismo in data 28 maggio 2008, ai fini della realizzazione dell’evento di rilievo nazionale...»). E poi «Componente del Comitato di Alto Livello del programma Ue Erasmus plus – parte sport». E «Relatore al convegno “Arrediamo il tunnel: dalla tossicodipendenza alla clinica delle dipendenze” promosso dalla Società Italiana Patologie da Dipendenze». E di aver partecipato a un Corso di specializzazione in Prevenzione della corruzione presso la Scuola Nazionale di Amministrazione dal 16 al 19 dicembre 2015 su quattro moduli della durata di 6 ore ciascuno» dove erano previsti «esercitazioni pratiche ed il rilascio di un attestato». «Perdindirindina!», direbbe Totò. Sì, vabbè, ma la cultura? Visto che sarebbe stato lo stesso Giggino Di Maio, scrive il non ostile Fatto Quotidiano, a imporlo ai Beni culturali: la cultura? Uffa! Che c’entra la cultura coi beni culturali?