Corriere della Sera, 8 agosto 2018
L’impronta del viso, svolta o minaccia?
C’è un passaggio di un recente articolo del New York Times che fotografa alla perfezione lo stato dell’arte del riconoscimento facciale. Il quotidiano americano dà conto della richiesta, risalente a maggio, dell’Unione americana per le libertà civili (Aclu) ad Amazon di smettere di vendere la sua tecnologia di riconoscimento dei volti – Rekognition – alle forze dell’ordine. Nello stesso paragrafo chiarisce di aver utilizzato i servizi del colosso di Jeff Bezos per identificare i partecipanti nelle foto delle nozze di Harry Windsor e Meghan Markle.
Da una parte ci sono timori per il rispetto della privacy e dei diritti civili, sostenuti da una prova della stessa Aclu sulla scarsa accuratezza del sistema di Amazon in cui erroneamente veniva segnalata una corrispondenza tra 28 membri del Congresso americano e altrettanti criminali, scivolando nella maggior parte dei casi su parlamentari afroamericani e latini. Dall’altra, la progressiva adozione di queste tecnologie in un numero di ambiti sempre maggiore e ad alto potenziale.
L’ultimo annuncio in ordine di tempo è relativo alla sicurezza e coinvolge le Olimpiadi che si terranno a Tokyo tra due anni. I volti di 300 mila persone tra atleti, volontari, media e organizzatori verranno analizzati dal sistema NeoFace di Nec, testato nel 2017 nel Regno Unito durante la Champions League con percentuali perfettibili, imputate all’epoca alla scarsa qualità degli scatti presenti nel database della polizia del Galles meridionale. Il 92 per cento delle correlazioni dei volti ritratti era errato: 173 indicazioni corrette e 2.297 falsi positivi.
Mentre in Italia James Pallotta ha caldeggiato in gennaio l’utilizzo del riconoscimento facciale nel nuovo stadio della Roma e una discoteca di Jesolo prova ad assicurare maggiore sicurezza con l’analisi intelligente delle facce, in Europa Facebook ha approfittato del nuovo regolamento europeo sulla privacy per chiedere in maggio agli utenti di autorizzare l’analisi dei loro volti. La vera accelerata arriva dalla Cina, dove l’intenzione è di aggiungere ulteriori 400 milioni di punti di videosorveglianza.
Stefano Tubaro, professore del dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, spiega al Corriere che «si tratti del matching (accoppiamento) fra le persone riconosciute nella folla e quelle presenti in un database o in una lista nera della polizia o della verifica dell’identità di una persona che sta esibendo un documento (come avviene negli aeroporti, ndr), la precisione assoluta non è realistica. Con queste tecniche biometriche ci si prefigge di realizzare sistemi che funzionino come una persona in carne e ossa o con maggior precisione». E aggiunge come «senza problemi di illuminazione e significativi mascheramenti del volto e con la posa perfettamente frontale della persona, i tassi di riconoscimento si aggirano ormai intorno al 98-99 per cento. Il 100 per cento lo si può avere con la scansione dell’iride».
A proposito di sistemi come il Face ID, che permette di sbloccare l’iPhone X,«la tecnologia basata su sensori in grado di analizzare la profondità del volto è robusta e difficile da ingannare, ma è pensata per proteggerci dalle intrusione casuali e non da quelle sistematiche. Le persone sono maggiormente disposte ad adottare un sistema di sblocco che non è del tutto solido ma che è più istintivo. Tradotto, significa una soluzione non sicura al 100 per cento ma più immediata». aggiunge Stefano Zanero, docente di sicurezza informatica al Politecnico.