Roberto Burioni, lo scienziato più amato e odiato d’Italia per la sua battaglia a favore dei vaccini, è in vacanza a Rimini.
«Paura di questi attacchi? No, non esageriamo, non ho bisogno di una scorta, ma queste minacce squadriste generano violenza». Eppure, negli ultimi due giorni, mentre si riaccende la battaglia sull’obbligatorietà dei vaccini, le minacce dei no vax contro il virologo del San Raffaele di Milano sono diventate più serie. Il tiro si è alzato.
Burioni, le hanno augurato di affogare, le hanno messo un bavaglio, alcuni no vax annunciano una spedizione punitiva, la Digos indaga. Si sente al sicuro?
«Ma sì, credo che si tratti ancora soltanto di attacchi verbali. Possono dire quello che vogliono. Io continuerò a spiegare ovunque perché vaccinare i bambini è un atto di responsabilità verso i propri figli e verso la società. Provate a dire a una mamma il cui figlio sta guarendo da un tumore che non può più mandarlo a scuola, perché i compagni di classe non sono vaccinati. Vi sembra democratico?».
Tutta la scienza è pro vaccini, ma lei è diventato il bersaglio numero uno dei no vax. Forse perché li ha definiti "somari"?
«E come altro potrei definire, ad esempio, la signora Alessandra che mi ha augurato di affogare? Secondo la sua folle teoria i bambini non avrebbero bisogno di essere vaccinati perché si immunizzano giocando con la terra. Ma attenzione "somaro" non è un insulto. Anche io sono un somaro rispetto a ciò che non conosco perché non l’ho studiato. Sono un somaro se parlo di ingegneria o di cucina. Ma i vaccini no, i vaccini li conosco, perché li studio da 35 anni».
Non sarà una questione di linguaggio? Ha detto alla ministra Grillo che al primo morto di morbillo "sarà sbranata".
«Perché è una metafora di quello che accadrà davvero se verrà cancellata la legge sull’obbligo dei vaccini per entrare a scuola. Il mio linguaggio può piacere o non piacere, io cerco di farmi capire, ma la verità è che ho battuto i no vax proprio sul loro terreno, la Rete. Informazione contro disinformazione. Prima su Internet vinceva l’anti-scienza, adesso non più».
La sua pagina oggi ha 400mila fan.
«In realtà ho iniziato per caso. Fino al 2016 ero del tutto estraneo a Facebook, dove non avevo più di 100 amici, in gran parte ex compagni di classe e di università. Un giorno, ero negli States con mia moglie e mia figlia Caterina Maria, quando un gruppo di genitori mi chiese di spiegare con semplicità la funzione dei vaccini sulla mia pagina. Fu subito un successo che attirò però anche l’attenzione dei no vax. Stavo invadendo con l’informazione corretta il loro campo. Oggi moltissimi siti li contrastano».
Ha mai incontrato famiglie che ritengono di aver avuto i propri figli danneggiati dai vaccini?
«Certo, ne ho incontrate diverse, hanno tutto il mio affetto, a volte c’è stata comprensione, a volte no. Ma rispetto al dramma di questi genitori e di questi bambini, la classe medica ha enormi responsabilità».
In che senso?
«Non siamo stati abbastanza vicini ai pazienti. Come per Stamina o la cura Di Bella. Non abbiamo parlato con chiarezza. Li abbiamo lasciati soli, in balia di ciarlatani che li hanno allontanati dalla scienza. Io sono cresciuto nelle Marche, figlio di un medico condotto che girava per i paesi, ricordo le chiamate notturne, il rapporto personale che aveva con ognuno dei suoi pazienti. È questo ciò che dobbiamo recuperare".
Il suo libro più famoso è "La congiura dei somari". Afferma che la scienza non può essere democratica.
«Di scienza e di vaccini può parlare soltanto chi sa. Non chi si informa per un quarto d’ora su Google e poi vuole dire la sua.
Facendo danni pazzeschi».
Dunque i no vax sono "somari raglianti"?
«In buona parte sì».
Ha funzionato la strategia dei vaccini obbligatori?
«Le coperture sono cresciute per fortuna. Speriamo che questo governo non ci faccia colpevolmente retrocedere. Sa cosa ho pensato quando ho visto il fotomontaggio su twitter in cui oltretutto si afferma, ed è falso, che avrei preso soldi da una casa farmaceutica? All’enorme sollievo di quando il nostro paese uscì dagli anni di piombo, grazie a un grande sforzo collettivo. È lo stesso sollievo che vorrei provare pensando che in Italia non ci sarà più nessun bambino che muore di morbillo o di varicella».