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 2018  agosto 07 Martedì calendario

Gas, benzina, esplosivi e vernici: ogni giorno 10 mila camion a rischio

La colonna di fumo denso e nero che si alza dalle corsie di un’autostrada. La paura che si diffonde quando si scopre che uno dei mezzi coinvolti nell’incidente è adibito al trasporto di merci pericolose. L’allarme, la corsa a spegnere il fuoco, gli appelli ad allontanarsi dalla zona, a tenere le finestre chiuse per i residenti dei Comuni limitrofi, l’angoscia fino a che l’autorità sanitaria non certifica il rischio cessato. La storia è più o meno sempre la stessa, ed è accaduta decine di volte sulle strade dell’Italia intera, soprattutto nelle regioni del triangolo industriale e sulle grandi direttrici da e verso l’estero (l’autostrada del Brennero, la A10 tra Genova e il confine francese, la A9 Milano-Como-Chiasso). Prima di Borgo Panigale l’ultima era stata a gennaio, sulla A21 Torino-Piacenza-Brescia, tra gli svincoli di Brescia Sud e Brescia centro, dove un’auto con targa francese era rimasta schiacciata tra un Tir carico di sabbia e una cisterna gonfia di benzina, che nell’urto violentissimo aveva preso fuoco: sei morti.
Quante sono le bombe vaganti che ogni giorno percorrono le strade italiane? Cosa trasportano? Come le si riconosce? Quali regole devono (o dovrebbero) rispettare le aziende che spediscono le merci pericolose e i trasportatori che le trasferiscono da un punto all’altro del Paese? I dati ufficiali sono raccolti da Eurostat e misurano il traffico di materiali esplosivi o infiammabili in milioni di tonnellate per chilometro (all’anno). La voce di gran lunga più cospicua è quella dei liquidi infiammabili (diesel, benzina, cherosene, solventi, pitture, vernici…), in netta crescita nel 2017 rispetto all’anno precedente. Così come crescono i trasporti di gas compressi, liquidi, sotto pressione, mentre restano più o meno stabili, e comunque parliamo di quantitativi assai più modesti, i solidi infiammabili e gli esplosivi. I viaggi dei Tir e dei camion che li portano in giro per l’Italia, secondo le ultime stime, sono circa 3 milioni e mezzo all’anno, ma si tratta soltanto dei mezzi pesanti con targa italiana, cui vanno aggiunti dunque tutti quelli che portano merci pericolose dall’estero in Italia. La cifra di diecimila bombe potenziali in circolazione, ogni giorno, non dovrebbe dunque discostarsi di molto dalla realtà.Il flusso naturalmente asseconda l’andamento dell’economia: più intenso nelle fasi di crescita vigorosa, più contenuto in quelle di economia stagnante.
Viaggiano in autostrada, ed è meglio così perché statali e provinciali attraversano i centri abitati, con conseguente, ovvio, aumento dei rischi. Li si riconosce perché un cartello rettangolare arancione applicato al vano di carico segnala che all’interno sono stivate merci pericolose. Generalmente due numeri identificano la classe di pericolo (la doppia cifra indica un’accentuazione del rischio) e l’esatto contenuto del carico, secondo una tabella riconosciuta in tutti i Paesi Onu.
Sul retro o anche sui lati degli autocarri sono applicate anche delle etichette quadrate (appoggiate su uno dei vertici) di colori differenti a seconda del genere di pericolo della merce trasportata. Tutto molto dettagliato, tutto dettato dall’accordo internazionale Adr, siglato per la prima volta alla fine degli anni 50 e aggiornato ogni due anni per aderire tempestivamente alle evoluzioni delle tecnologie e della produzione dei materiali. La legge è severa e, ad ascoltare le aziende che commissionano la spedizione, i trasportatori e i consulenti – tutti sottoposti agli obblighi dell’Adr – funziona a dovere, se applicata con rigore. E siamo al punto, perché il ventaglio di aziende che trasferiscono merci ad alto rischio è amplissimo: si va dalla grande compagnia petrolifera alla piccola impresa che lavora vernici o solventi chimici. Così come è molto largo il cast dei trasportatori, e naturalmente c’è differenza tra la grande impresa di trasporti e il padroncino che deve correre su e giù per le autostrade stringendo i tempi e i costi e, di conseguenza, allentando le procedure di sicurezza. E c’è differenza tra un mezzo nuovo, tecnologicamente all’avanguardia, testato di recente, e un autocarro vecchio e malconcio. Come tutte le grandi questioni che riguardano la sicurezza del lavoro tutto comincia dalla cultura, dalla formazione e dal rispetto delle regole, che precedono le questioni – certamente rilevanti – di sostenibilità economica di una operazione, di un lavoro, di un mestiere. E infine c’è la componente umana: l’errore dell’autista di un Tir che trasporta merci pericolose è possibile almeno quanto quello di un capofamiglia che guida l’utilitaria verso la località di villeggiatura.