Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 07 Martedì calendario

I dolori di Adriano e Monna Lisa. Statue e ritratti svelano le malattie dei grandi personaggi del passato

Per essere un filone di ricerca recente l’iconodiagnostica, vale a dire la diagnosi retrospettiva delle malattie basata sullo studio delle immagini, ha prodotto una buona messe di osservazioni che, in qualche caso, hanno fatto il giro del mondo. È accaduto per quell’icona dell’arte che è la Gioconda di Leonardo. Lo sguardo medico ha colto l’accumulo di grasso – xantelasma – nell’incavo dell’occhio sinistro: Monna Lisa, ovvero Lisa Gherardini, doveva forse nascondere valori fuori norma di colesterolo e trigliceridi. Diagnosi dopo diagnosi, guardando all’indietro, ecco l’artrosi degenerativa alla mano di Michelangelo, la sclerodermia di Van Gogh, il cheratoacantoma di Galileo Galilei, una forma di neoplasia a carattere benigno che si manifesta sulla cute, in questo caso sullo zigomo: un lieve inconveniente, in verità, rispetto ai 40 malanni – più e meno gravi – di cui il grande astronomo e matematico soffrì nella vita, stando ai calcoli dell’anatomopatologo pisano Gino Fornaciari.
L’attenzione degli studiosi si è esercitata anche su eventuali segni di stati morbosi in dipinti e statue di età greca, etrusca e romana, un campo d’indagine coltivato, a suo tempo, dal grande storico della medicina Mirko Grmek. La mandibola protuberante dell’imperatore Massimino il Trace (173-238), che spicca sul rovescio di un sesterzio, autorizza l’ipotesi di un’ipersecrezione dell’ormone della crescita: l’ipotesi che fosse affetto da gigantismo è confermata dalle fonti letterarie, secondo cui era alto 2,40 metri! Gli occhi sporgenti e altri segni nei ritratti di Lucio Elio Aurelio Commodo (161-192) fanno sospettare l’ipertiroidismo, per citare due diagnosi retrospettive illustrate nel magnifico libro Le malattie nell’arte antica (Giunti), scritto da Grmek e Danielle Gourevitch.
L’orecchio e il cuore malato
E un caso a sé – e il più interessante – quello dell’imperatore Adriano, morto nel 138 d.C, a 62 anni: statue, busti, medaglie mostrano la presenza – evidente – di una piega diagonale sul lobo auricolare. L’ipotesi di una possibile correlazione tra la presenza di questo segno e lo sviluppo di malattie cardiovascolari fu avanzata per la prima volta da Sander Frank nel 1974 in un saggio sul New England Journal of Medicine. Nell’articolo proponeva il caso di 20 suoi pazienti sotto i 60 anni con dolori al petto legati a disturbi cardiaci e una piega nel lobo dell’orecchio, che da allora prenderà il nome di «segno di Frank» (o «Elc», «ear-lobe crease»). Negli stessi anni un insigne medico americano, Nicholas Petrakis (University of California), notò per primo che i busti di Adriano presentavano dei solchi in entrambe le orecchie. La malattia che ne causò la morte, in base alle fonti documentali, sembrerebbe essere stata un’insufficienza cardiaca. Negli ultimi anni di vita il tormentato imperatore, provato dalle guerre e dai viaggi, soffrì di idropisia (hydropĭsis), termine usato da Marguerite Yourcenar nelle Memorie di Adriano. Un assoluto capolavoro, frutto di una quasi maniacale ricerca storica, che attinge anche alle scarne informazioni (epistassi, edema, spossatezza) contenute nella Historia Augusta. 
Adriano e le gambe tremanti
La Yourcenar gli fa esporre in prima persona – in una lettera al giovane Marco Aurelio – i sintomi che un medico moderno collegherebbe a un’insufficienza cardiaca: «Le gambe gonfie non mi sostengono più nelle lunghe cerimonie di Roma, mi sento soffocare… il minimo sforzo mi costava uno sforzo immenso, le gambe mi tremavano come quelle di un corridore stremato. Avevo quasi vergogna di quella malattia tutta interiore, quasi invisibile, senza febbre né ascessi o dolori viscerali, che non ha altri sintomi se non il respiro un po’ più ansimante e la traccia livida che la stringa del sandalo lascia sul piede gonfiato».
Il segno di Frank
Da allora gli studi clinici ed epidemiologici su una possibile associazione tra segno di Frank e coronaropatie si sono moltiplicati: in uno degli ultimi, pubblicato su Archives of Medical Sciences, un gruppo di studiosi ha passato in rassegna alcune decine di studi condotti in ogni parte del mondo. Ma sulle conclusioni che il segno di Frank sia statisticamente significativo come predittore di cardiopatie coronariche e malattie vascolari (indipendentemente dall’età e da altri fattori di rischio come il colesterolo, la pressione alta o il fumo) non c’è accordo. L’ipotesi continua a far discutere e il busto di Adriano continuerà a comparire sulle più importanti riviste specialistiche accanto alle immagini del regista Steven Spielberg e George Bush, accomunati dalla piega nell’orecchio. «Speriamo che abbiano visto i loro cardiologi, di recente», è la conclusione, tra serio e faceto, dell’ultima risposta alle sei domande sul «Frank’s Sign» al centro di una lezione del corso Promuovere la cultura della medicina al letto del malato tenuto di recente a Stanford.