Libero, 7 agosto 2018
Lettera a Vittorio Feltri: Il Triangolo fa male ai tre lati
Carissimo direttore,
vorrei proporre un racconto un po’ diverso rispetto agli altri letti in questo mese. O meglio, da un altro punto di vista. Stavolta non sono io il cornuto o il fedifrago, bensì l’amante. Sono uno studente di 24 anni e durante un freddo pomeriggio di un anno e mezzo fa, conobbi Giada (nome di fantasia), tre anni più piccola di me. Ci incontrammo per la prima volta nella biblioteca dell’università. Qualche sguardo, qualche sorriso ma nessun interessamento da parte mia e ancor meno nessun tentativo di approccio. E infatti fu lei a farsi avanti con una banale scusa che spezzò il ghiaccio. Il giorno dopo ci rivedemmo. Dopo qualche parola in più ci scambiammo i numeri di telefono e da quel momento ci scrivemmo ogni giorno. La cosa iniziò ad intrigarmi abbastanza e dopo qualche giorno la invitai ad uscire insieme. Lei, con qualche difficoltà, respinse l’invito, rivelandomi con un certo dispiacere di essere fidanzata: una storia iniziata da poco ma, a suo dire, con serie intenzioni. In quel momento pensai fosse tutto finito, quando qualche ora dopo mi scrisse, chiedendomi di vederci ancora “in amicizia”. Ma chiaramente non fu una semplice amicizia. E così, per un mese intero, ci vedemmo ogni singolo giorno, soddisfacendo le nostre esigenze più carnali e, per forza di cose, affezionandosi l’uno all’altro. Affezionandosi al punto tale che io feci quel che penso che fosse giusto fare, ossia di chiederle di lasciare il suo ragazzo. Ragazzo che tra l’altro sembrava avesse dimenticato. Purtroppo non riuscì a farlo e decisi quindi di troncare la tresca, nonostante lei stessa mi avesse chiesto di concederle più tempo. Il caso volle che due settimane dopo ci rincontrassimo in quei banchi di università. E qui commisi il mio primo errore. Tutto reiniziò, i rapporti si fecero sempre più stretti. Con il passare del tempo lei mi vedeva forse come un punto di riferimento e una persona di cui fidarsi ciecamente. Ci vedevamo quasi ogni giorno e non solo di nascosto in una casa chiusa. E di tutto questo il suo ragazzo, palesemente un conglioncello, non si accorse di nulla. Ma dopo più di sei mesi, notai che si invertirono i ruoli: il rapporto che si era creato era diventato ormai troppo stretto, lei si era fatta una doppia vita a tal punto che il cornuto sembrava fossi io. E anche lei lo capì. Data l’assurdità della situazione decisi di troncare una seconda volta. Lei non riuscì ancora a lasciare il suo ragazzo perché lui, ancora ignaro di tutto, le chiese un’altra possibilità. Ma lei non si arrese neanche con me. Continuò a scrivermi ogni giorno, finché io non cedetti. Diceva di attraversare un periodo difficile e di avere bisogno di me. E alla fine, anch’io piuttosto coglioncello, ci ricascai ancora. E tutto questo fino ad adesso. Tuttora la storia continua, anche se ultimamente, presi da esami e vacanze, sembra trasparire disinteresse da entrambe le parti (e un po’ di sensi di colpa da parte sua). Il primo pensiero che si può fare di questa storia è che io sia un povero idiota e lei una puttanella egoista doppiogiochista. Ma non è così. E di certo è più legata molto più a me che a lui, anche perché sarebbe impossibile dedicare così tanto tempo a due persone contemporaneamente. Mi sono sempre chiesto perché non lasci il suo ragazzo, non tanto per me, quanto per il rispetto di una persona e per l’assurdità del triangolo amoroso che lei stessa ha messo in piedi.
Lorenzo V.
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Caro Lorenzo, la sua storia è meno singolare di quello che possa apparire, tuttavia emblematica, molto umana e frequente. La pubblico pensando che parecchi lettori vi si ritroveranno, per quanto l’intreccio possa cambiare. La ragazza che ha descritto non è una puttanella, è una persona come tutti noi, tribolata, piena di problemi. Era fidanzata. Non c’è donna che non desideri avere un signore che le stia vicino e con cui programmare il futuro. Successivamente accadono delle cose. Giada ha incontrato lei ed evidentemente ha provato una scossa nel suo petto che l’ha spinta ad approfondire la nuova conoscenza. Non c’è nulla di straordinario. Succede sovente che si accenda in un soggetto il desiderio di dare seguito a un incontro inatteso. Il meccanismo che ci porta lontano dal moroso o dalla morosa per avvicinarci a qualcun altro, all’inizio sembra solo un gioco eccitante. Se non si esaurisce in pochi giorni assume la dimensione di una vera passione tormentosa. Infine scatta un dualismo atroce. Di sicuro, Giada voleva bene al suo compagno (sinonimo che odio, ma va usato) e al tempo stesso era attratta da lei. Si è creata una situazione imbarazzante. La fanciulla era indecisa. Non sapeva scegliere: da una parte temeva di perdere il sicuro, dall’altra aspirava a concretizzare con l’ultimo venuto. Nel suo cuore è scoppiato un combattimento che non mi è difficile capire. Questa è una vicenda interessante perché è la prova che l’amore è un bene divisibile, non è raro affezionarsi a due fanciulle o a due giovani. Il compromesso, però, in pratica non dura a lungo: prima o poi, davanti al bivio, occorre andare di qua o di là. Giada è volata di là probabilmente poiché cercava di più la sicurezza che non il soddisfacimento delle proprie aspirazioni sentimentali. L’amante si ama, il fidanzato ti salvaguarda dagli imprevisti della vita. Quella che lei ci ha raccontato, caro Lorenzo, non è una squallida faccenda di corna, bensì un dramma che si consuma nel dubbio: assecondare le pulsioni intime o affidarsi alle braccia di chi ti dà un senso di protezione. Al posto di Giada non so come mi sarei comportato.