Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 06 Lunedì calendario

Nella fabbrica dei troll di San Pietroburgo: «Dobbiamo creare disordine in Occidente»

«In stracarichi tranvai / accalcandoci insieme… uguali ci rende / un’uguale stanchezza...». I versi malinconici del poeta sovietico Evgenij Evtušenko tornano in mente sul filobus numero 21, che si allontana nel grigio della periferia dell’antica capitale russa, tra pendolari distratti e ragazzi silenziosi. Una delle ultime fermate sfila davanti un edificio mal intonacato, il 55 di via Savushkina. Da fuori la palazzina non dice nulla, una delle case in stile «brutalista» Pcus, eppure è considerata lo stato maggiore della guerra della disinformazione, che dall’inquinare le elezioni americane 2016, a colpire adesso il presidente Sergio Mattarella, va destabilizzando le nostre democrazie.
Qui è nata l’Agenzia Ricerca Internet, fondata dal «cuoco di Putin», l’impresario Yevgeniy Viktorovich Prigozhin, amico del presidente russo ora incriminato dal commissario speciale Usa Robert Mueller, insieme ad altri dodici dirigenti vicini al Cremlino, per la campagna di disinformazione negli Stati Uniti. Un’informatica che ha lavorato a lungo all’Ari, accetta di rispondere a qualche domanda, «Ma niente Savushkina – ride -, troppo noto quell’isolato». L’appuntamento è dunque in un ristorante che mima le vecchie mense sovietiche, polpettone, zuppa di cavoli, formaggio fritto e alle pareti Lenin, Marx, gli slogan «Produzione e Madre Patria!». Katerina – chiamiamola così – è troppo giovane per ricordare l’Urss, «Ma la nostalgia, “il tempo di seconda mano” dice la scrittrice premio Nobel Alexievich, ammalia i miei genitori, l’Urss aveva un’identità sia pur brutale, oggi la si cerca smarriti, nella maschera virile di Putin. E la disinformazione del Kgb, lo spionaggio dove Putin s’è formato, muta, dalle soffiate ai giornalisti di un tempo, ai trolls di Olgino».
I miliziani della discordia
Così si chiamano tra loro i miliziani della discordia online, «Siamo i troll di Olgino – spiega Katerina – il quartiere sulla Neva fondato dal conte Stenbock-Fermor e dedicato alla moglie Olga, perché là, prima di trasferirci in via Savushkina, Prigozhin, “il cuoco di Putin”, ci aveva chiamato a lavorare, turni fissi 9-21, collegati a server che mascherano la nostra vera postazione. Eravamo centinaia, adesso si parla di migliaia, più le voci meccaniche dei bot».Con Ekaterina arriva un ex collega, di origini ucraine, che ha cambiato vita e combatte la disinformazione russa contro Kiev. Ci offre il suo nome come Y, «Per capire chi sia Prigozhin serve ripercorrerne la biografia, come l’ex capo Fbi Mueller va facendo pignolo. Ex sciatore di fondo, finisce presto fuori pista, condanna a 12 anni per rapina, truffa e prostituzione minorile. In cella fino al 1990, esce con l’Urss nel caos, dove un criminale spregiudicato come lui risale in fretta. Cacciato dall’Università, apre il ristorante La Vecchia Dogana, fa amicizia con Putin, che cena spesso anche nell’altro suo locale, Nuova Isola. Lancia una catena di mense scolastiche, le polemiche sugli ingredienti non salutari non lo fermano, diventa ricco, spalleggia online il miglior cliente».
Katerina e Y. centellinano un cognac armeno e ricordano: «Tanti in Occidente credono che lo scopo dell’Ari sia diffondere notizie false, fake news. Errore. Quando lavoravamo all’Agenzia ricevevamo ogni giorno un bollettino con i temi, americani o europei, da sollevare: lavoro, criminalità, politica, scandali. L’obiettivo non è mai affermare le verità care al Cremlino, ma far casino. A volte davamo ragione ai paladini della Clinton, ma definendo Trump “Nuovo Hitler”, irritando i suoi seguaci». 
Condizionare il confronto
La tecnica della propaganda filo Putin, anche in Italia, non muta: si smentiscono notizie vere, per – spiegano ex troll – «deviare il dibattito, far perdere il filo. La base si accontenta e prevale la discordia».
Il 21 ritorna puntuale, con i pazienti pendolari alla Evtušenko, in via Savushkina. Un indolente guardiano non conferma il trasloco dell’Agenzia, «troppo rumore in questa strada». Un centralinista fa il furbo, «li abbiamo sfrattati, con la loro cattiva reputazione rovinavano il quartiere...», e per capire chi siano adesso gli inquilini troll della palazzina, tocca tornare a Washington e chiedere, a chi passa agosto sulle carte dell’inchiesta Russiagate, per esempio gli specialisti californiani di cybersecurity del sito FireEye. Ecco la risposta: «Come ha visto a San Pietroburgo, pare che al 55 di via Savushkina l’Agenzia Ricerca Internet abbia ceduto, o condivida, gli spazi con l’Agenzia Notizie Federali, che talvolta parla anche con i cronisti ma che il 17 maggio ha generato una terza organizzazione, Usareally.com, sito di propaganda soft pro Trump, magnete di fake news». Con il capo dell’intelligence Usa Dan Coats a temere un secondo blitz di disinformazione contro le elezioni parlamentari a novembre e il caso italiano appena aperto, Facebook ha subito chiuso, preoccupata, la pagina di Usareally, che resta attiva invece su twitter.
Un esperto di cybersicurezza militare riassume: «Voi della Stampa avete, tra i primi in Europa, analizzato il nesso profondo che lega leaks, spionaggio, scoop giornalistici pilotati ad arte, disinformazione, Russia. Ora la rete evolve a una dimensione più complessa. I troll di Olgino e Savushkina si innervano a siti ufficiali, riviste, centri studi anche legittimi, ma finanziati, o connessi, ad ambienti filorussi e alla propaganda ufficiale, RT o Sputnik. Una corte di ex giornalisti filosovietici, spie veterane, accademici nazionalisti ribattezzati “sovranisti”, filtra le informazioni, le diffonde, mischiandole a false notizie e infine scatenando contro i critici i bot. La tecnica, sperimentata contro i dissidenti Nemtsov e Navalny, scatena la pioggia di insulti per rendere illeggibili siti, pagine Facebook, account twitter».Quando i reduci troll tornano a casa e il 21 riparte, stracarico «di uguale stanchezza» verso via Savushkina, si direbbe che la stanchezza sia indotta dalle troppe bugie e troppe mezze verità. Cremlino e vaccini, Casa Bianca, Tav e Tap, nessuno deve fidarsi più di nessuno, finché il morbo del cinismo non contagi la democrazia come la xylella gli ulivi, inaridendola senza rimedi.