La Stampa, 6 agosto 2018
La metà dei credenti italiani pratica una religione fai da te
La grande statua bronzea di Cristo con le braccia spalancate accoglie i pellegrini. La struttura è quella di un monastero, con il chiostro e diverse cappelle, strutture per l’accoglienza dei pellegrini oltre al tempio principale dove possono trovare posto fino a un migliaio di persone. Siamo alle porte di Leini, nell’hinterland torinese. La cupola di rame che sovrasta il grande tempio a navata unica non fa da scenario a messe celebrate da preti cattolici, bensì ai «darshan» le liturgie guidate da «swami» Roberto Casarin o dai suoi «ramia» uomini e donne sacerdoti del movimento di Anima Universale.
Sincretismo e padrini
Una religione cristiana nuova di zecca che unisce la Bibbia e la fede in Gesù e Maria a quella nella reincarnazione in nuove vite umane, convinzione che il fondatore Casarin ha maturato nel tempo distaccandosi dal cattolicesimo nel quale era nato ed era stato battezzato. In Italia si moltiplicano i nuovi culti. Ma ad essere preponderante, secondo le stime del Cesnur, il centro studi sulle nuove religioni, è piuttosto un tipo di religiosità fai da te caratterizzata da percorsi spirituali personali al di fuori delle religioni organizzate: un fenomeno che interessa circa il 50% della popolazione.Qui ad Anima Universale molti dei «monaci» vestono con colori simili a quelli del classico clergyman – grigio e blu – e vista l’abbondanza di statue della Madonna la prima impressione è di essere entrati in un accogliente convento cattolico di recentissima costruzione. «Swami» Roberto, trent’anni fa indicato dai rotocalchi come un «nuovo Padre Pio» per i doni mistici che la gente gli riconosceva, è stato scomunicato insieme ai suoi monaci nel 2010 dall’allora arcivescovo di Torino Severino Poletto dopo che Anima Universale già da tempo aveva preso una strada diversa allontanandosi dalla religione cattolica.
Turismo religioso globale
Misticismo e simboli cristiani, vesti liturgiche orientaleggianti e nomi evocativi nell’antico sanscrito si uniscono a opere di beneficenza in favore di missionari e missionarie cattoliche in Africa e India. Casarin e i suoi monaci hanno o hanno avuto amici preti come il paolino don Antonio Tarzia e lo scomparso Pierino Gelmini, fondatore delle comunità «Incontro», che ha donato la grande statua della Madonna che campeggia all’ingresso del tempio. «Accogliamo chiunque senza chiedere conversioni né affiliazioni né denaro – ci spiega “swami” Roberto – predichiamo come unico obbligo l’evangelico “ama il prossimo tuo come te stessoˮ e viviamo di provvidenza». Anima Universale celebra battesimi (solo dopo la maggiore età), matrimoni e funerali, ha qualche migliaio di fedeli dislocati soprattutto in Piemonte e in Veneto (dove a Riese Pio X esiste una seconda comunità) e rappresenta uno dei tanti esempi di come stia cambiando la religiosità in Italia.«Facciamo molte opere di carità aiutando preti e suore cattolici – aggiunge “ramia” Roberto Rodighiero – e non crediamo nel proselitismo: la nostra è una visione “karmicaˮ, chi deve arrivare qui ci arriva... Per noi è importante far capire che qui non si praticano medicine alternative: all’ingresso di una cappella c’è un cartello che recita: “La Divina Provvidenza non aiuta chi non va dal medico e non prende le medicine”». A qualche decina di chilometri di distanza, a Baldissero Canavese in Valchiusella, al confine con la Val d’Aosta, si trova un’esperienza spirituale organizzata e molto strutturata che invece non ha nulla a che spartire con il cristianesimo e rimane secondo gli studiosi unica al mondo ed è oggetto di ricerche come pure di un florido turismo religioso internazionale, con migliaia di visitatori all’anno, in grande maggioranza provenienti da fuori Italia.
È Damanhur, federazione fondata negli Anni Settanta da «Falco Tarassaco», al secolo Oberto Airaudi, appassionato di parapsicologia, scomparso nel 2013. La principale attrattiva è senza dubbio rappresentata dai Templi dell’Umanità, una grande costruzione scavata a mano sottoterra, nella roccia, a Vidracco. Contatto con la natura, introspezione, pranoterapia, simboli legati a culti egizi ed esoterici sono di casa per le comunità-villaggi dove circa 500 aderenti fanno vita comune, producono per sé e per il pubblico cibo, oggetti artigianali e artistici, ristrutturano e costruiscono secondo i criteri della bioedilizia, hanno sviluppato aziende di progettazione e installazione nel campo delle energie rinnovabili, prediligono metodi di cura naturali. I damanhuriani cambiano il loro nome prendendo quello di un animale (che vorrebbero salvare) e di un vegetale. Ad accoglierci è il pranoterapeuta «Orango Riso», Michele Scapino, che si occupa della scuola di meditazione: «Non facciamo proselitismo e non ci consideriamo una religione e non ci piace essere associati al New Age, che è un movimento anarchico mentre noi siamo una realtà sociale e strutturata. Siamo piuttosto una scuola spirituale, che pratica una forma di ricerca esoterica. La nostra ritualità è molto semplice, celebriamo solstizi ed equinozi».
L’impegno nella politica
I membri di Damanhur si impegnano in politica e nelle amministrazioni locali, amministrano Vidracco e hanno consiglieri comunali in altri piccoli Comuni della zona. «Fin dai tempi del vescovo Luigi Bettazzi – spiega alla Stampa “Coboldo Meloˮ, al secolo Roberto Sparagio – i nostri rapporti con la Curia di Ivrea sono stati difficili. Siamo malvisti dai riformisti, mentre siamo più rispettati dal clero più tradizionalista».Nuove esperienze spirituali e religiose, che attingono dai culti precristiani, come nel caso di Damanhur, oppure innestano nella fede cristiana credenze diverse, come nel caso di Anima Universale. Ma rimangono comunque fenomeni assolutamente minoritari, insieme alle circa 800 diverse forme di religione strutturate e organizzate presenti in Italia secondo il censimento del Cesnur. A crescere numericamente è un fenomeno diverso. Se la Chiesa cattolica rimane infatti molto radicata come in nessun’altra nazione dell’Europa occidentale, nel nostro Paese è però in aumento il numero di coloro che scelgono percorsi spirituali personalissimi e quasi mai strutturati.
La punta dell’iceberg
Gli italiani che effettivamente e regolarmente frequentano la messa domenicale nelle parrocchie o nei santuari sono, secondo le stime del Cesnur, circa il 18,5 per cento della popolazione. C’è poi un 40 per cento (secondo un sondaggio appena pubblicato dall’americano Pew Research Center) rappresentato da coloro che si dicono cristiani ma non praticanti: sono quelli che il sociologo Franco Garelli definisce «cristiani culturali». In Italia il numero di coloro che si dicono cristiani rimane maggioritario, pur essendo diminuito percentualmente di tre punti in dodici anni, passando dal 76% del 2002 al 73% del 2014 (fonte Ess, European Social Survey). È attorno al 15 la percentuale degli italiani che non seguono alcuna religione. Mentre i residenti sul territorio italiano che professano altre fedi si attestano sul 9,7%: soltanto un terzo di questi ha la cittadinanza italiana. Ma a crescere è soprattutto la religiosità fai da te di quanti si costruiscono percorsi spirituali personali, al di fuori sia delle religioni tradizionali e organizzate, sia dei nuovi movimenti religiosi. Un fenomeno che, spiega PierLuigi Zoccatelli, vicedirettore del Cesnur, «può arrivare a interessare, con una miriade di sfaccettature diverse e difficilmente incasellabili, quasi la metà della popolazione italiana. Se fenomeni come Damanhur o Anima Universale li possiamo considerare la punta dell’iceberg, l’iceberg vero e proprio è rappresentato da questa nuova forma di religiosità, o spiritualità».
In base alle necessità
Il professor Franco Garelli a questo proposito invita a distinguere bene: «Non è in crescita il numero degli italiani che vivono spiritualità veramente alternative, come il New Age o i nuovi movimenti religiosi: questi rimangono attestati tra il 10 e il 15 per cento della popolazione. A crescere – spiega – è soprattutto il fenomeno dei cristiani che io definisco etnico-culturali. Secondo le mie ricerche oggi rappresentano circa un terzo della popolazione. Mantengono qualche forma di legame con il cattolicesimo, ma vissuto in modo sempre più soggettivo, personale e meno rigido: magari credono in Gesù Cristo ma non si riconoscono più in tanti altri aspetti della dottrina cattolica». È quella che il filosofo Zygmunt Bauman nel 2013 aveva definito una «religione à la carte», nella quale «prevale l’attitudine a ibridare elementi diversi, secondo i bisogni particolari e la sensibilità dei singoli: su queste basi, è molto difficile che si costituiscano dei gruppi organizzati, delle comunità di fede in senso proprio».