La Stampa, 6 agosto 2018
Il costo della Torino-Lione cresce di un miliardo per colpa dell’inflazione
Se davvero a decidere il futuro della Torino-Lione sarà un conteggio fino all’ultimo spicciolo, così come ha spiegato il vicepremier Matteo Salvini, bisognerà anche tener conto della rivalutazione a valuta corrente del costo di realizzazione del tunnel di base certificato nel 2012 a 8,609 miliardi. Una rivalutazione legata all’aumento effettivo dei prezzi delle materie prime necessarie a realizzare le grandi opere e che si porta dietro un aumento di un miliardo. Va detto che la cifra di 9,630 miliardi – prevista nella delibera del Cipe firmata il 7 agosto dell’anno scorso dall’allora premier Paolo Gentiloni – è una previsione di spesa al 2029 ma che comporta la necessità, per il governo, di prevedere fin da subito la copertura di questa somma che dovrebbe essere garantita al 40% dai finanziamenti dell’Ue e per il 35% dall’Italia e per il 25% dalla Francia.
L’incremento è legato all’ipotesi di recupero di inflazione stimata all’1,5% l’anno a partire dal 2016. Per il periodo 2012/2015, infatti, il tasso annuo di incremento è stato zero. I conti definitivi comunque saranno fatti solo a consuntivo e cioè ad opera conclusa e sulla carta l’incremento potrebbe essere inferiore. Nel 2016, infatti, la media dell’inflazione italiana è stato negativo, cioè lo 0,09%. Nel 2017 la media italiana della variazione dei prezzi ha segnato l’1,23 per cento mentre nei primi sei mesi del 2018 si è fermata allo 0,82%.
Si vedrà. Intanto, però nella delibera del Cipe la quota a carico dell’Italia è stata portata a 5,574 miliardi e quella a carico della Francia a 4,056 miliardi. Somme che non tengono conto del contributo dell’Ue. Va detto che il nuovo budget di spesa da parte della Commissione Europea deve ancora essere assegnato. Bruxelles si è impegnata a finanziare il 40% dei lavori. Se questa percentuale sarà confermata, allora, la quota a carico dell’Italia scenderebbe a 3,360 miliardi e quella francese a 2,4 miliardi. E chiaro che la nuova previsione di spesa – rilanciata in questo ore dal presidio Europa del movimento No Tav – sarà al centro del lavoro di revisione del gruppo di lavoro di esperti che il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, dovrebbe nominare nei prossimi giorni. Per ora l’unica certezza è legata alla presenza del professor Marco Ponti,che non ha mai nascosto la sua contrarietà al progetto, si è già portata dietro un mare di polemiche da parte dei partiti che sostengono la realizzazione della Tav, in primis Pd e Forza Italia, e anche dal presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino. Polemiche che potrebbero trovare nuova linfa se le indiscrezioni sui componenti della struttura di missione saranno confermate. Le voci parlano della possibile presenza del professor Franco Ramella che non ha mai nascosto la sua contrarietà alla Torino-Lione anche dalle colonne del Fatto Quotidiano. Farebbe parte della squadra anche il professo Paolo Beria che ha preso la cattedra di Ponti al Politecnico di Milano. È possibile che il gruppo comprenda anche il professor Alfredo Drufuca storico collaboratore di Ponti. Completerebbe la squadra il professor Gianluigi Coppola. Per ora si tratta di indiscrezioni che hanno spinto Chiamparino, ad alzare il tiro: la regione Piemonte realizzerà una analisi costi-benefici sul sistema delle grandi opere «perché quella governativa si annuncia già scritta, visto a quali amici del trasporto su gomma e delle autostrade è stata affidata». L’ex sindaco di Torino e senatore del Pd, Piero Fassino, arriva a chiamare in causa il premier Giuseppe Conte: «Sulla Tav il governo non faccia il gioco delle tre carte. Ammesso che dopo anni di analisi e verifiche nazionali e internazionali sia ancora necessaria una valutazione costi-benefici, deve essere garantita l’imparzialità degli esperti». Pronta la replica dei parlamentari del M5S che fanno parte delle commissioni trasporti di Camera e Senato: «Come ha già ampiamente spiegato dal ministro Toninelli, faremo un attenta analisi costi-benefici per capire come procedere. Certo, se realizzare l’opera vorrà dire impoverire gli italiani, il nostro No risuonerà forte».