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 2018  agosto 06 Lunedì calendario

La mappa del potere nell’era gialloverde, poltrona per poltrona

A Washington, quando cambia di segno l’amministrazione Usa, di solito si incrociano un esodo e un controesodo di funzionari che si alternano negli uffici strategici della Casa Bianca e del governo. A Roma, lo spoils system all’italiana segue percorsi più tortuosi, talvolta incomprensibili. E così, anche quando conquista Palazzo Chigi il «governo del cambiamento», ad offrirsi al nuovo potere si presentano vecchi e noti volti navigati dei gabinetti ministeriali e degli uffici legislativi. Fermo restando il valore della professionalità necessaria per occupare certe posizioni, spesso – nella corsa dei ministri ad accaparrarsi i migliori su piazza per gli uffici di «diretta collaborazione» – prevale la fedeltà intesa come capacità elastica dei capi di gabinetto di carriera di adattarsi al nuovo potere. Succede allora che anche con il governo gialloverde, guidato dall’avvocato Giuseppe Conte, molti alti funzionari ora in prima fila siano gli stessi che nei cinque anni precedenti hanno servito, con «lo stesso spirito di terzietà e con il dovuto distacco», gli esecutivi di Enrico Letta, di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni.
L’EconomiaFa eccezione il ministero dell’Economia dove le conferme sulle poltrone che contano sono dovute – più che a una versatile fedeltà ad ogni ministro che sbarca in via XX Settembre – alla peculiarità di alcune figure professionali di altissimo livello che non s’inventano dalla mattina alla sera. Vale per tutti il caso del ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, che alla fine è rimasto al suo posto nonostante a inizio luglio fosse stato attaccato dal vicepremier Luigi Di Maio per la relazione tecnica al decreto dignità in cui si evidenziava un certo numero di posti di lavoro persi con l’intervento del governo. E che l’Economia sia terreno difficile per lo spoils system basato sulla fedeltà politica lo dimostra il capo di gabinetto, il magistrato Roberto Garofoli, lasciato in eredità da Pier Carlo Padoan al suo successore Giovanni Tria, che ora si avvale anche di un super tecnico con le mostrine del Senato, Fortunato Lambiase, chiamato dalla Banca mondiale a gestire lo snodo strategico della segreteria tecnica del ministro dell’Economia.
Il ViminaleA qualche isolato di distanza, al ministero dell’Interno, l’arrivo di Matteo Salvini ha provocato un rimescolamento della carte e delle poltrone al Viminale: lo storico capo ufficio stampa, il vice prefetto Felice Colombrino, che con Marco Minniti aveva anche il ruolo di portavoce, è uscito con garbo dal suo ufficio (ora ha un nuovo incarico all’ispettorato del Vaticano) per lasciare spazio a un suo collega, il vice prefetto Paolo Canaparo. Ma Salvini si è portato al Viminale il giornalista Matteo Pandini (ex Libero) e il social media manager, Luca Morisi, che lo segue come un’ombra e posta in tempo reale sugli account personali del ministro le foto che più piacciono ai fan del segretario della Lega. Come quella che immortala Salvini sulla moto d’acqua della polizia. Cambio della guardia anche al gabinetto del Viminale: Salvini ha scelto come capo l’ex prefetto di Bologna Matteo Piantedosi (già vice capo della polizia ed ex vice capo di gabinetto della ministra Rosanna Cancellieri). Mentre ai dipartimenti del Viminale tutti i capi rimangono (per ora) ai loro posti: i prefetti Frattasi (vigili del fuoco), Belgiorno (Elettorale), Pantalone (Immigrazione), Varratta (Personale). Salvini poi, che ha già proposto al consiglio dei ministri l’avvicendamento una quarantina di prefetti e presto (tra settembre e i primi mesi del 2019) dovrà decidere chi sono i nuovi prefetti di Milano e di Napoli con un effetto a cascata che coinvolge tutta l’amministrazione.
La CameraÈ l’amministrazione della Camera che, per così dire, si è svenata per mettere a disposizione anche di questo governo i suoi funzionari di rango. Sempre in movimento Cristiano Cerasani che, con un notevole balzo, passa dal ruolo di funzionario ombra della ministra e poi sottosegretaria Maria Elena Boschi (sempre in prima linea ai tempi della riforma costituzionale e della legge sulle unioni civili) a capo di gabinetto del ministro ultraconservatore della Famiglia Lorenzo Fontana (Lega). Il consigliere della Camera Vito Cozzoli, che fu allontanato dal Ministero dello sviluppo economico dal ministro Carlo Calenda, è tornato in via Veneto come capo di gabinetto di Luigi Di Maio. Sempre dalla Camera, Claudio Tucciarelli è passato alla «diretta collaborazione» con il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti, mentre il ministro Riccardo Fraccaro (Rapporti con il Parlamento) si avvale della collaborazione di Alessandra Molina, Alberto Tabacchi e Giuseppe Renna. Al Miur, con il ministro dell’Istruzione Francesco Bussetti, è finito Giuseppe Chinè, già capo di gabinetto della ministra Beatrice Lorenzin.
Palazzo ChigiCon Conte a Palazzo Chigi, c’è stata poi la rivincita dei consiglieri di Stato che avevano vissuto una stagione incerta con il governo Renzi. Roberto Chieppa, già presidente di sezione, è il nuovo segretario generale mentre al Dipartimento affari giuridici e legislativi, la cui guida era stata affidata da Renzi alla comandante dei vigili di Firenze, ora c’è il presidente di sezione del Consiglio di Stato Ermanno De Francisco. E Luigi Fiorentino, già vice segretario generale a Palazzo Chigi con Paolo Aquilanti, ora è il capo di gabinetto del ministro Gianmarco Centinaio. Un caso di rivincita dei gradi bassi su quelli alti va segnalato alla Difesa: qui la ministra grillina Elisabetta Trenta, che è sposata con il capitano dell’Esercito Claudio Passarelli, ha «comandato» negli uffici di diretta collaborazione molti ufficiali inferiori sindacalizzati. Che, potenzialmente, ora potrebbero impartire ordini ai generali.