La Stampa, 5 agosto 2018
Intervista a Arielle Dombasle
L’artista eclettica Arielle Dombasle è nata negli Stati Uniti ed è cresciuta in Messico. Si muove a proprio agio tra recitazione, regia e canto, la sua vera passione. Arielle per lo più recita in francese, mentre i suoi album sono generalmente in spagnolo o in inglese.
Lei ha appena finito di realizzare il suo nuovo film,Alien Crystal Palace, dove recita, ma di cui è anche regista: di che cosa si tratta?
«È il mio quarto film. Girare e fare clip è il mio giardino segreto. Il mio primo è stato Chassé-croisé, tra gli attori c’erano Pierre Clémenti e in piccoli camei Eric Rohmer e Roman Polanski: un passaggio intorno alla mitologia greca e all’idea di Dio».
Di che cosa parla questo ultimo film?
«È nato in seguito al mio nuovo album di canzoni rock, La Rivière Atlantique. L’ho iniziato a pensare dopo un incontro con un cantante dalla voce straordinaria, Nicolas Ker, ed è nel genere fantastico, un po’ nella tradizione di Dario Argento: gotico, con un po’ di crimine, erotismo e rock and roll».
Lei è una donna eclettica: attrice, cantante, ballerina, regista. Come possiamo descrivere la sua vita?
«Devo tutto questo al caso e a un apprendistato precoce. Vengo da una famiglia che viveva in Messico: erano tutti molto colti e curiosi. Nella mia infanzia ho incontrato persone straordinarie e questo ha forgiato il mio destino. Ho conosciuto grandi artisti e ho sperimentato la vita più bella e anche più pericolosa. Per badare a se stessi occorre la conoscenza e io ho studiato al Conservatoire di Parigi. Sono stata ballerina classica, cantante e poi sono passata al cinema».
Perché canta in spagnolo e in inglese, ma recita in francese?
«Ho lavorato un po’ con gli americani, ma non ho mai voluto stabilirmi in America. Sono sempre stata attratta dalla vecchia Europa».
Qual è la sua lingua?
«Da bambina lo spagnolo. Ho ascoltato i miei genitori parlare francese e inglese. A scuola ho imparato il francese e l’ho adorato, anche per la letteratura. Poi amo gli scrittori latinoamericani».
Sembra un’appassionata di letteratura: è così?
«Da 25 anni vivo con uno scrittore, Bernard-Henri Lévy, e quindi è una questione di libri, libri e libri».
Gli incontri più importanti della sua vita?
«Con Gesù e con Maria. Sono molto cattolica e da sempre ispirata dai grandi mistici».
E nel suo lavoro?
«Non considero quello che faccio una professione, ma una vocazione. Non potrei fare nient’altro. Voglio che la mia vita sia un uragano, il più bello di tutti i film. Sono romantica e libera. Ero attratta dagli splendidi anziani amici di mia nonna, che era una poetessa. Persone come Tamara de Lempicka. Mi hanno dato forza e soprattutto mi hanno insegnato la libertà di diventare ciò che si è. Ci sono alcuni registi con cui ho lavorato e che sono stati importanti nella mia carriera, Eric Rohmer, Raul Ruiz e Alain Robbe-Grillet. Con ognuno di loro ho girato cinque film. Ho poi diretto Omar Sharif in Les Pyramides Bleues. Ho recitato con Gérard Depardieu in Vatel e ho lavorato con Joan Collins nella una saga americana Sins. Ho anche cantato con Johnny Hallyday e Julio Iglesias».
Qual è il suo prossimo progetto?
«Un album che s’intitolerà Empire, poi farò un tour in Italia con il mio spettacolo di varietà, Les Parisiennes presentato alle Folies Bergère di Parigi».
Lei è una cattolica praticante sposata con un intellettuale ebreo molto impegnato. Com’è organizzata la sua vita?
«È molto eterogenea e quindi assolutamente interessante».
La Francia è il suo paese d’adozione. Lo ama ancora?
«Sì, l’adoro, ma la Francia della mia infanzia, la vita in castello, una civiltà incredibilmente raffinata, è caduta nel dimenticatoio e non esiste più. Ora abbiamo una Francia che appartiene al villaggio globale, con gli stessi eventi e la stessa musica di tutti gli altri, che non può sfuggire a questo immenso sciroppo planetario. Che a me poi non dispiace».
Ha qualche rimpianto?
«No, ma come tutti ho una malinconia che a volte mi soffoca. Ad esempio, quando vedo che il paesaggio che ho amato è stato massacrato, e che le persone che l’hanno amato con me non ci sono più. Sono molto sensibile e mi piacciono l’ordine e l’equilibrio, la vita che conduco invece è un caos, ma bisogna essere sportivi».
Qual è il suo scopo ultimo?
«L’immortalità: essere eternamente la stessa».
E il successo?
«Mi sono resa conto rapidamente che è una cosa stupida, e che invece paradossalmente è delizioso rimanere nell’oscurità. In altre parole, non trovo la mia misura nel successo».
Che cosa la motiva?
«Passione e impulso. Sono fin troppo impulsiva, il che significa che non penso abbastanza. Una volta mi è arrivata una cartolina con una frase scritta da Jean Cocteau: «Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere».
(Traduzione di Carla Reschia)