La Stampa, 5 agosto 2018
Vi presento la nuova Meg Ryan
Sinceramente, un poco temevamo di non riconoscere più quella che è stata definita la quintessenza della ragazza della porta accanto degli Anni 90, la Sally del film ormai di culto di Rob Reiner che con la sua adorabile fragilità e freschezza aveva conquistato non solo Harry, ma le platee mondiali. E tuttavia, pur se i ritocchi al viso ci sono e si vedono, il taglio di capelli è sbarazzino, la silhouette snella ben sottolineata da un vestito bianco longuette di impeccabile eleganza, il modo di fare affabile e comunicativo: insomma, la cinquantaseienne Meg Ryan - che a Locarno è stata insignita del Leopardo Club Award - possiede ancora il dono di un’attraente, aggraziata spontaneità.
Chissà se durante la lavorazione di «Harry ti presento Sally» (sceneggiatura di Nora Ephron) aveva capito che il suo ruolo le sarebbe rimasto cucito addosso facendo di lei l’icona moderna del cinema romantico?
«Assolutamente no, neppure la minima percezione. E oltretutto io al cinema ci sono arrivata per caso. Studiavo giornalismo, ero alle prese con un servizio sulle soap opera ed è per approfondire la materia che mi sono presentata per una parte. Poi di provino in provino ho debuttato in un vero film, Ricche e Famose, il cui regista, il grandissimo George Cukor, sul set non faceva che dire ‘Smettete di recitare, Siate!’. Una lezione che non ho dimenticato».
Prima di arrivare al film di Rob Reiner ci sono stati altri titoli importanti, per esempio «Top Gun».
«Beh, lì avevo due battute, uno dovevo dirla felice, l’altra con tono triste… Sally è un’altra cosa. È un personaggio autentico, buffo e divertente non tanto per le battute ma per come si muove e si comporta».
Infatti la scena in cui al ristorante dà dimostrazione a Harry di come una donna possa simulare l’orgasmo è indimenticabile.
«Non è stato facile girarla, ma per la verità mi sono messa nei guai da sola. Sono stata io a suggerire che sarebbe stato più nel carattere del personaggio esprimersi con i gesti invece che con le parole. Reiner ha accettato la proposta, ma al momento di girare era nervoso, sul set c’era pure sua moglie…».
Accanto a Tom Hanks, suo carissimo amico, ha interpretato due pellicole sentimentali di culto: «Insonnia d’amore» e «C’è posta per te», scritti e diretti da Nora Ephron in omaggio a due classici, «An Affair to Remember» di Leo McCarey e «Scrivimi fermo posta» di Lubitsch.
«Le commedie sentimentali degli anni d’oro sembrano leggere, ma a decostruirle scopri che sono estremamente sofisticate, è un cinema che ha definito le nostre aspettative sull’amore; ispirandosi a quei capolavori la Ephron ha ridisegnato il genere. Mi manca molto Nora, grande talento e grande persona. Organizzava feste uniche, nel senso che ci trovavi sempre gente interessante, fantastica; e lo stesso succedeva sui suoi set, c’era un’atmosfera unica».
Passare all’alcolista di «Amarsi» è stato un bel cambio di registro.
«Ci sono dei momenti in cui arte e vita si guardano allo specchio. In quel periodo mio marito (Dennis Quaid da cui ha divorziato nel 1999) era in terapia riabilitativa, e il ruolo di alcolista del film mi ha aiutato sia a essergli più vicina, sia a trovare la chiave del personaggio».
Il fatto di essere diventata madre ha influito sulla sua carriera ?
«Ma ai tempi di Seattle ero già madre ed essere madre ti ingrandisce il cuore, ti insegna a compenetrarti negli altri».
Dopo tanti successi, con «In the Cut» di Jane Campion ha spiazzato il pubblico e scontentato la critica.
«Avevo molto desiderio di lavorare con la Campion e ho trovato affascinante un copione che porta sulla storia il punto di vista della protagonista, inclusa la percezione della sua sessualità. Gli spettatori però sono rimasti interdetti. Ricordo di essere stata aggredita in Inghilterra da un giornalista con l’aria di uno che rimprovera alla figlia adolescente di essere uscita senza il permesso. Ecco, io non avevo chiesto il permesso di cambiare ruolo».
Nel 2015, con «Ithaca», è passata dietro la macchina da presa, un’esperienza positiva?
«Ottima. Abbiamo girato con pochi soldi e in soli 21 giorni ma ho potuto contare sull’appoggio di amici come Tom Hanks, mio figlio Jack interpretava la parte di mio figlio… Mi piacerebbe ripetere l’avventura, adesso le nuove piattaforme streaming offrono maggiori spazi e opportunità».
Come fa a essere così naturale?
«Credo sia un istinto, quando la macchina comincia a girare penso “È meglio dire la verità”».