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 2018  agosto 05 Domenica calendario

Intervista alla diciassettenne palestinese Ahed Tamimi

Donne di tutto il mondo (anche Israele) unitevi. Se il messaggio della diciassettenne palestinese Ahed Tamimi all’indomani della liberazione dalle carceri minorili israeliani dovesse essere riassunto in una frase, la frase sarebbe di sicuro questa. «La lotta per i diritti delle donne è la medicina contro l’occupazione», dice la minorenne dai capelli dorati divenuta da un giorno all’altro icona palestinese, «la vera wonder woman» come la chiamano i fan che alludono al personaggio cinematografico interpretato dall’attrice israeliana Gal Gadot. Quel video in cui schiaffeggiava due soldati israeliani per cacciarli dal cortile di casa, nel villaggio di Nabi Saleh a Nord di Ramallah, ha fatto il giro del mondo, e in un batter d’occhio si è bevuto tutta la sua gioventù. Ahed Tamimi risponde alle domande de «La Stampa» mentre ministri dell’Autorità Nazionale Palestinese si mettono in fila per essere filmati al suo fianco, come per brillare della luce riflessa di una stella nata per caso in un angolo desolato della Cisgiordania palestinese.
Volevi fare la leader politica da grande?
«A dire il vero volevo fare la calciatrice. Sono una gran tifosa del Barcellona, in Italia mi piace la Juventus. Durante i mesi di carcere (otto ndr.) ho guardato tutti i mondiali, avrei voluto che vincesse il Brasile (mima le lacrimucce.) ma le cose non sono andate così. Ma per chi vive sotto occupazione è difficile fare finta di niente. Pensa come ti sentiresti se non potessi muoverti liberamente, se la tua possibilità di spostarti anche nei luoghi più vicini fosse ostacolata dai check-point israeliani. Pensa come ti sentiresti se il tuo paese avesse il mare (Tel Aviv dista poche decine di chilometri dal villaggio ed è visibile dall’insediamento israeliano circostante, Halamish, ndr.) ma non potessi andare in spiaggia, fare il bagno. Pensa come ti sentiresti se la tua vita fosse minacciata ogni giorno da un esercito nemico che usa la violenza con leggerezza. Te lo dico io come ti sentiresti: ti sentiresti soffocare».
Perché dici che le donne sono «medicina contro l’occupazione»?
«Le donne sono la chiave di volta nella lotta contro l’oppressione in tutto il mondo, non solo in Palestina. Devono lottare per i propri diritti anche in Israele, dove sono obnubilate dall’ideologia sionista ma in verità sono a loro volta oppresse. Le donne non solo rappresentano metà della popolazione, ma giocano un ruolo cruciale nella società e crescono le future generazioni. In carcere sono state proprio delle donne ad aiutarmi e a tenermi su di morale, malgrado avessero molti più anni da scontare rispetto a me non avevano perso la voglia di vivere». 
I funzionari del partito di Abu Mazen, il Fatah, hanno addobbato la tua casa di famiglia con le loro bandiere in favore di telecamera dopo il tuo rilascio, malgrado la famiglia Tamimi si dichiari politicamente indipendente. Ma se un giorno diventassi una rappresentante politica più «tradizionale», a quali condizioni faresti la pace con gli israeliani?
«Bisognerebbe tornare indietro allo status quo precedente all’occupazione, bisognerebbe che tutti avessero pari diritti in queste terre. La strada è ancora lunga ma non bisogna mai perdere la speranza: nessuna occupazione dura per sempre».
Ma riconosci il diritto di Israele a esistere?
«Come ho detto, serve tornare al periodo antecedente l’occupazione e la colonizzazione quando musulmani, cristiani ed ebrei vivevano insieme in pace e rispettando la dignità di tutti. Continuerò a lottare al fianco del mio popolo per conseguire questi diritti. Gli italiani devono sapere che il mio arresto non ha nulla di speciale rispetto all’arresto di centinaia di altri bambini palestinesi che sono vittime di questo tipo di abusi ogni giorno. Da oggi intendo impegnarmi per loro».
Qual è il modo migliore per mettere fine all’occupazione: attraverso la resistenza armata, oppure attraverso altre forme di lotta, come insistere sul piano politico per la piena applicazione degli accordi di Oslo?
«A questo preferisco non rispondere (familiari e amici consigliano a Tamimi di non esporsi dal momento che si trova in “probation period”, o libertà condizionale)».
Ci sono figure storiche a cui ti ispiri?
«Sì. Mio padre e mia madre».
In prigione hai finito il liceo, adesso cosa farai?
«Voglio studiare diritto internazionale e legge in modo tale da poter combattere in maniera intelligente le usurpazioni degli israeliani. In cella ho già cominciato a leggere e a informarmi, insieme ad altre detenute, per portare l’occupazione e i suoi crimini contro il mio popolo in tribunale».