Il Messaggero, 5 agosto 2018
Ultima frontiera degli hacker: i video-bufala dei leader Usa
«Una foto vale più di cento parole» dicevamo un tempo non troppo lontano. Poi sono arrivati i ritocchi a matita e quelli digitali e l’assioma ha iniziato a vacillare sotto i colpi della manipolazione. Potevamo difenderci con: «L’ho visto con i miei occhi, l’ho sentito dalla sua stessa bocca», segni inequivocabili di autenticità. Ma in tempi di deepfake (falso profondo) nessuno di questi criteri è più in grado di darci delle sicurezze.
Basta digitare la parola inglese su un motore di ricerca per rendersi conto a quale livello di specializzazione si è già arrivati nella costruzione delle bufale. Sul web circolano video con Donald Trump che annuncia le sue dimissioni irrevocabili, e di Obama che attacca l’attuale presidente con ingiurie poco consone alla laurea che ha conseguito ad Harvard. C’è in realtà molto di più: ci sono le grandi stelle di Hollywood, da Scarlett Johansson a Emma Watson, dalla American Woman Gal Gadot a Maisie William, che si esibiscono in acrobatiche scene sessuali sui canali porno più popolari, e tante altre vittime meno famose e forse ignare che hanno subito la stessa gogna pubblica.
COLLAGE ELETTRONICO
Uno occhio attento può cogliere la manipolazione: un tratto del viso non è allineato con il resto, o il movimento delle labbra non è in sincrono con le parole. Ma è sempre più facile farsi ingannare dal collage elettronico, perché la tecnologia del falso è in continua evoluzione, e presto eliminerà le sbavature ancora esistenti. Il dibattito sulle false notizie che tiene banco da un paio d’anni, presto cederà il passo a quello ancora da articolare sulla falsa realtà che è in agguato nell’Internet.
Gli albori di questa epopea si trovano nel cinema. I produttori del film Gladiator nel lontano anno 2000 dovettero affrontare il problema della morte a metà delle riprese di Oliver Reed. Decisero di sperimentare la tecnologia del riconoscimento facciale introdotta dalle macchine fotografiche d’avanguardia per catturare la fisionomia e le espressioni del grande attore, e sovrapporle poi in montaggio al volto di una controfigura. La complessità e il costo dell’operazione furono altissime.
Oggi la stessa funzione è gratis e a portata di tutti tramite una serie di applicazioni da scaricare dalla rete come Fakeapp, che permette di confezionare dei deepfake casalinghi. Ne abbiamo visto un esempio con le animazioni facciali che Snapchat ha iniziato ad offrire dopo aver acquisito per 150 milioni di dollari l’azienda ucraina Looksery. Certo, una cosa è giocare con le lingue gigantesche che si srotolano come tappeti, e ben altra è far circolare informazioni false dopo averle arricchite con l’autenticazione più credibile: quella della faccia di un politico che tutti conosciamo, o di una celebrità della quale ci fidiamo. I computer sono arrivati a questo livello di sofisticazione tramite l’intelligenza artificiale, che permette da una parte di acquisire tutti i dati fotografici e filmici disponibili su un individuo (Fakeapp lo fa in pochi minuti), e poi collegarli a quelli della falsa immagine che si è creato. Le macchine sono inoltre capaci di abbozzare dei propri ragionamenti, e di correggere il falso per avvicinarlo in modo progressivo al reale.
Siamo condannati dunque all’incertezza del reale come stile di vita? Gli stessi tecnici di Stanford e dell’MIT che stanno lavorando al progetto si dicono fiduciosi: la AI e la tecnologia della blockchain ci permetteranno in futuro di codificare in modo inequivocabile la matrice di una pagina del web. Resta solo da vedere quali progressi nello stesso tempo riusciranno a compiere gli autori dei falsi.