Corriere della Sera, 5 agosto 2018
Mistero legionella, una città in ostaggio
Qui, a soli otto chilometri da Milano, dove ormai i poco più di 20 mila abitanti hanno paura di respirare aria contaminata e farsi la doccia con acqua infetta, gli esperti studiano persino temporali e venti, approntano modelli matematici, raccolgono senza sosta campioni da analizzare, rileggono tutta la letteratura mondiale sull’argomento.
C’è un paese, Bresso, ostaggio della legionella: ci si ammala respirando goccioline d’acqua infetta, invisibili ma presenti nell’aria o nell’acqua. Una task force di oltre trenta 007, anche arrivati da Roma, cerca di individuare la causa. Gli abitanti finiti in ospedale con febbre alta, difficoltà respiratorie e in stato confusionale, ormai sono 52. E c’è un’altra vittima: purtroppo si conta il quarto morto in due settimane. Ma il diffondersi dei contagi resta ancora un mistero. Un enigma da decifrare che toglie il sonno e cattura l’attenzione delle autorità sanitarie a livello nazionale. L’unica certezza: «È la prima volta in Italia che si registra un numero così elevato. Il problema nasce perché qualcuno non ha osservato le norme tecniche di buona manutenzione degli impianti idrici o aeraulici (torri di raffreddamento per i mega condizionatori d’aria di imprese, alberghi e supermercati)».
Avanzano i contagi L’ultimo anziano, 89 anni, è morto venerdì sera all’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo, periferia a Nord di Milano. Ha il fisico debilitato dalla malattia, un infarto lo stronca. Le altre vittime risalgono al 22-25 luglio: due anziani di 94 anni sono deceduti nel giro di 48 ore per le complicazioni causate dal contatto con il pericoloso batterio, e il giorno seguente a morire è una donna di 84 anni. Il primo caso risale al 10 luglio. Da allora per Bresso non c’è più pace: due, tre, quattro contagi al giorno e un doppio picco di sei e sette ricoveri, rispettivamente il 19-20 e il 27-28 luglio. È un incubo che ritorna. Tutti si ricordano i 9 ammalati di legionella dell’ottobre 2014, con un morto, e il reale motivo del contagio mai scoperto. «Non deve ripetersi», è la supplica degli abitanti.
Le fontane sono spente. C’è chi indossa la mascherina, segno della psicosi che avanza visto che è assolutamente inutile. La doccia viene fatta fredda per evitare vapori. Le finestre vanno tenute aperte per arieggiare i locali. In ogni casa ci sono pile di bottiglie comperate al supermercato, anche se l’infezione non si contrae bevendo. I casi sono concentrati in una manciata di strade, intorno a via Roma, a due passi dal Palazzo comunale. Il neosindaco Simone Cairo salta le vacanze e va in ospedale a trovare i malati.
Le indagini e i dubbiNelle ultime ore le indagini si concentrano sulla possibilità che una torre di raffreddamento con problemi di manutenzione abbia sprigionato particelle d’acqua infette: così si è venuta a creare una nuvola che, in seguito a temporali e venti, ha sprigionato i vapori contaminati come una sorta di aerosol-killer. Sono solo ipotesi. Non c’è nessuno stabile identificato e mancano ancora troppi risultati dei campioni d’acqua prelevati, oltre 550, fondamentali per capire dove il batterio si è annidato. Ma solo nel 20% nelle abitazioni degli ammalati c’è un riscontro della sua presenza: poche, ragionano gli esperti dell’Ats di Milano, per pensare a un inquinamento dell’acquedotto. Più probabile, allora, che la causa sia altrove. Là, su qualche tetto di fabbriche, centri commerciali, supermercati, alberghi. Ma chissà dove. «Insieme all’Istituto superiore di Sanità non stiamo lasciando nulla di intentato», ribadisce il direttore sanitario Emerico Maurizio Panciroli. L’assessore alla Sanità Giulio Gallera spera: «Negli ultimi due giorni non sono stati segnalati nuovi casi. Confidiamo che l’emergenza stia rientrando». La sfida: trovare la causa.