il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2018
Vasvija “Madame furto” sempre incinta
Vasvija, nome d’arte Madame furto (così l’hanno ribattezzata gli investigatori romani) è stata beccata un’altra volta. A Termini, nel senso di stazione della metro, è stata fermata mentre sfilava il portafogli al solito turista. E non è mica la prima volta. A febbraio era stata sorpresa mentre si cucinava un altro turista sempre nella ressa della metro, alla fermata Repubblica, in compagnia di tre sue allieve cui stava insegnando i fondamentali rudimenti dell’antico mestiere.
Ma la signora – anzi la madame, 32 anni, rom di origine bosniaca senza fissa dimora (sia detto per dovere di cronaca: di questi tempi è sempre meglio precisare) – non si è scomposta più di tanto. A breve scopriremo perché. Segnalano agenzie e siti d’informazione – d’estate queste cronache acquisiscono il fascino indolente dell’afa – che nel corso degli “accertamenti dattiloscopici” Madame è risultata destinataria di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, dovendo scontare una pena di 17 anni e 6 mesi, per i numerosi furti messi a segno in 12 anni di fulgida carriera. Lei, dicevamo, non ha fatto una piega. E non per la consuetudine con le manette. “Tanto non farò un giorno di galera, come tutte le altre volte”. Il fatto è che Madame è enceinte, come si direbbe in un romanzo vittoriano.
Di nuovo incinta: ha già nove figli. Pallottoliere alla mano, circa uno ogni due anni di galera. La matematica in questi casi è fondamentale: ce l’ha insegnato Sophia Loren in Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, pluripremiato film che molti ricordano per lo strepitoso striptease dell’episodio “Mara”. Ma la prima storia, magistralmente scritta da Eduardo, è altrettanto celebre, e forse tanto magistrale da diventare “cattiva maestra”.
Adelina, che vive a Forcella con il marito disoccupato (Marcello Mastroianni) e il primo figlio, campa vendendo sigarette di contrabbando: “Americane, inglesi, svizzereee”. Dovrebbe scontare in carcere una condanna, ma non si può perché “tiene la panza”: l’avvocato le svela che con “quella panza” mica ci può andare in galera, è la legge. Comincia così una fertile attività parallela, la fabbrica dei pargoli. “I figli so ‘na gran cosa” dice il proletario Mastroianni davanti alla sempre più numerosa prole. Anche perché “a me i figli mi fanno bene. Ci sono certe femmine che si scasciano dopo il primo. E guarda qua, io sette…” dice la bellissima fattrice con le mani sul ventre, ai tempi sogno proibito di mezza Italia. E ogni volta che scadono i termini dell’impunità – concepimento, gravidanza, parto, più sei mesi di allattamento in libertà – bisogna adempiere ai doveri coniugali per scampare il gabbio: “Sotto Natale ti devi dare da fare”. Il talamo sarebbe dolce, la consorte invitante. Insomma “il desiderio c’è”, ma vuoi la miseria, vuoi la fatica del genitore, succede l’imponderabile: il povero marito fa cilecca, finendo suo malgrado per spedire l’ardente Adelina in cella. Ed è qui che entrano in scena i giornalisti. Come spiega l’avvocato davanti a un crocchio di cronisti, “la stampa ha un grande peso, si capisce, per fare pressione sull’opinione pubblica”. E sui poteri: così è che la domanda di grazia per Adelina, madre e moglie davvero esemplare, non passa inosservata. Il Presidente della Repubblica firma e la famiglia si riunisce in un gioioso abbraccio collettivo, tutti sopra il fecondo lettone. Se siete arrivati fin qui, vi domanderete se c’è una morale. Nessuna: non chiediamo grazia o giustizia, limitandoci in queste cronache agostane a constatare come siano numerosi i modi e i motivi per invertire il nostro deprimente trend demografico.