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 2018  agosto 02 Giovedì calendario

Rane, riso alla zucca e maiale, così ho conquistato Zavattini

VILLASTRADA DI DOSOLO (MN) Ma lo sa che lei è seduto al posto di Zavattini?». Risotto con salsiccia, costolette di maiale al rosmarino. «Se arrivando all’improvviso trovava la sua sedia occupata, come sempre mangiava di gusto, ma alla fine diceva: “Non è stato un granché”. Comunque, fra il 1964 e il 1988 sarà venuto da me se non mille almeno 999 volte». Arneo Nizzoli, anni 82, è il cuoco di Cesare Zavattini, scrittore, sceneggiatore, poeta e tante altre cose. «Non era semplicemente un cliente. È l’uomo che ha trasformato il mio ristorante in un luogo mitico, dove trovavi accanto a te Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Dino Risi, Gianni Brera, Bernardo Bertolucci con tutti gli attori di Novecento, editori come Valentino Bompiani… Più che un cliente, Zavattini era un padre e anche un padrone. Mi diceva che io ero un naïf e che non dovevo copiare le ricette di Milano, che tutto ciò che mi serviva era in questa terra in riva al Po: il maiale, le rane, il somaro, le zucche, le lumache, i meloni… Per fare bella figura con gli amici registi mi fece comprare anche i bicchieri di cristallo».
«La prima volta che venne da me – racconta Arneo,” il re della zucca” – il ristorante era chiuso. Avevo preparato però una cena per gli amici, per ricordare quando in campagna si ammazzava il maiale e si faceva festa con cotiche, muso, zampetti, insomma tutto ciò che nelle case dei mezzadri non doveva essere consegnato al padrone della casa e della terra. Lui guardò la tavola e disse anca me, anch’io. E si mise a mangiare. Erano gli anni in cui si era usciti dalla miseria della guerra e le tavole erano più ricche, però lui era già attento a non dimenticare il passato. Mi raccontava che nel 1958, alla fiera di Gonzaga, aveva organizzato la” Giornata del pane e del vino”, alla ricerca delle famiglie che il pane ancora se lo facevano in casa e così il lambrusco». Il” km zero” sarebbe stato” inventato” quarant’anni dopo.
Ci sono ricette che hanno il nome di Za, nei menù di Nizzoli. Salame mantovano agliato, spalla cotta alla Giuseppe Verdi, risotto di zucca all’onda con brandy spagnolo, poi rane fritte, stufato di puledro… «Alcune ricette sono state inventate da lui, come il risotto con il brandy e il sugo d’uva con zabaglione. Altre erano i suoi piatti preferiti, come” al taiadéli” in triplo brodo ( di gallina, maiale e manzo). Quando non c’erano i suoi amici registi, vino in tazza, soprattutto lambrusco di Viadana, con tanta schiuma perché – raccontava –” mio padre mi diceva che se bevevo la schiuma diventavo furbo”. Era uno sceneggiatore anche a tavola, Zavattini. Voleva che dalla zuppiera uscisse un grande vapore, voleva che lo zabaglione fosse flambé. Fumo e fiamme, come in un film».
Ci sono 14 libri che raccolgono le firme di chi qui ha mangiato e ha tenuto la scena. Nello stesso giorno, nei primi anni Settanta, accanto alla firma di Za appaiono quelle di Ettore Scola, Furio Scalpelli, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Sergio Amidei… Mario Monicelli nel 1958 aveva già girato I soliti ignoti dove Ferribotte, Capannelle e compagnia bella invece di una cassaforte riescono a rubare una pentola di pasta e ceci. E a tavola si mangia e si parla di cibo, quello nel piatto e quello dei film. Nel 1975 si fanno grandi tavolate per accogliere la troupe di Novecento e accanto a Bernardo Bertolucci arrivano Robert De Niro, Gérard Depardieu, Dominique Sanda… Un’unica tavolata, non come nel film, dove nella sala da pranzo dei padroni c’è tanto cibo e aria da funerale e in quella dei contadini la polenta è condita soprattutto con l’allegria. «Cesare Zavattini – racconta il cuoco Arneo – stava seduto lì anche quando leggeva le sue poesie, prima che fossero pubblicate. Quelle di Stricarm’in d’na parola ce le ha recitate tutte.” O vést an funeral acsé puvrett / c’an ghera gnanc’al mort / dentr’in la casa…’. Ho visto un funerale così povero che non c’era nemmeno il morto dentro la cassa.” Come vi sembra questa?”, ci parlava delle sue idee per i film, i libri, tutto quanto. Mi chiedeva anche aiuto. Quando stava preparando La Veritaaà dove era scrittore, regista e attore mi scrisse questa lettera:” Mi si inceppano le idee e il vigore, se entro due giorni non mangio riso e zucca, dei tortelli con la zucca, le vostre rane… Insomma, salvatemi voi”. Partimmo per Roma in macchina, gli portammo tutto, anche la torta sbrisolona. Oltre che padre e padrone era anche un amico vero. Si consolò da noi, con risotto al brandy e tanto altro, quando nell’agosto 1968 fu cacciato via dalla Mostra del Cinema di Venezia (portato fuori dalla polizia seduto sulla sua seggiola) per avere organizzato il” Comitato di coordinamento per il boicottaggio”. Si fermò da noi prima di andare a casa sua, che è dall’altra parte del Po, a Luzzara. Per lui io, mia moglie e i miei figli eravamo come una famiglia».