Si tratta di prodotti tra i più lumpen nella storia dei media del Novecento, e il loro studio è difficile perché poco si sa del loro funzionamento. Autori e modi di produzione restano pressoché sconosciuti.
Poco a poco, questo mondo sommerso è tornato alla luce grazie ad alcuni studiosi, e soprattutto alla lunga fedeltà di appassionati illustri, che li leggevano nella loro infanzia e adolescenza, e hanno conservato gelosamente le loro collezioni, rimpolpandole nei mercatini attraverso gli anni.
Tra loro, registi come Maurizio Ponzi e come Gianni Amelio, che una decina d’anni fa promosse la prima grande mostra al Museo del cinema di Torino e il primo grande volume illustrato col tema (a cui mi capitò di collaborare come curatore, ma in realtà scoprendo con sgomento un continente a me quasi ignoto). O il palermitano Umberto Cantone, che ne ha parzialmente digitalizzate e messe on line decine sul suo sito www.umbertocantone.it.
I cineromanzi erano, in pratica, fotoromanzi composti prendendo i fotogrammi dei film e aggiungendo didascalie e fumetti. In parte eredi degli adattamenti illustrati dei film, risalenti agli anni Dieci e sempre pieni di immagini ( con titoli come "Cinevita" e "I filmi appassionanti"): il cineromanzo sembrerebbe quindi un sostituto del film, un modo per portarselo a casa. Ma in realtà pare che per i lettori il legame col film d’origine fosse meno importante della materia romanzesca in sé.
Ridotti a racconto, i singoli titoli diventano tutti simili, un unico grande film, ri-raccontato sulla carta. Il fatto è che cinema, fotoromanzo e cineromanzo sono figli di un immaginario comune, di un’immaginazione melodrammatica che, nella versione del cineromanzo, riduce (o riconduce) appunto tutto il cinema a un unico grande mélo: i film di Antonioni e Catene, Senso, La strada, i filmsceneggiata napoletani e James Dean. I titoli stessi evocano un mondo sentimentale ("I grandi fotoromanzi d’amore", "I grandi amori dello schermo", "I cineromanzi dei grandi amori") anche se magari adattano Pépé le Moko o western di serie B.
Se alla fine degli anni Quaranta ci sono già dei cineracconti che arrivano a un passo dal fotoromanzo, la stagione d’oro (con il balloon vero e proprio) comincia probabilmente con "Super cinema", alla fine del 1950 (prima uscita Il brigante Musolino) e l’apogeo è a metà del decennio: nascono e muoiono "Fotoromanzo gigante", "I grandi films-I capolavori dello schermo", "Amica film", "I vostri film-romanzo". La lavorazione era a volte piratesca, fatta all’insaputa dei produttori (specie per i film americani): da copie pirata si prelevavano fotogrammi e li si componeva alla bell’e meglio, aggiungendo il testo e stampandoli su carta da quattro soldi. Eppure non sempre era così.
Ad esempio "Cineromanzo gigante" era pubblicato dalla Lanterna Magica, in realtà una emanazione delle produzioni De Laurentiis. Sono tra i cineromanzi di miglior qualità, che fanno largo uso anche di foto di scena, hanno un’autrice che firma i testi (Mara Baldeva), un ampio formato, ottima carta e a volte escono in contemporanea con i film (per La donna del fiume di Soldati addirittura prima), in sinergia con le produzioni della casa.
In una produzione senza autore, emerge in questi ultimi pubblicazioni la figura di un editore creativo, Franco Bozzesi, che mette a punto un tipo di vignette con effetto "sfumato" riquadrando le inquadrature.
Sono sue "Star" e "I grandi film", forse le pubblicazioni più curate, nate in realtà già alla vigilia della fine, nel ’56, e sbarcate anche in Francia ("Les films pour vous"). La cura delle immagini di Bozzesi era tale che François Truffaut, in cerca di materiali fotografici inediti per corredare la sua intervista a Hitchcock, verrà apposta a Roma per chiederli a lui.
La parabola del cineromanzo finisce col boom, anche se conosce qualche incarnazione successiva, in particolare in versione erotica.
Se il cineromanzo è un prodotto reietto, il cineromanzo erotico è ultimo tra gli ultimi. Anch’esso però di recente sale all’onore degli studi: è appena uscito il volume di Giovanna Maina, Corpi che si sfogliano. Cinema, generi e sessualità su " Cinesex" (1969-1974) (Ets, 183 pp., 20 euro) che analizza la rivista più significativa di questa tarda fase.
Ma qui siamo già in altro sottobosco, e l’immaginazione melodrammatica si innesta sulle rubriche della posta, immaginari maschilisti e spinte di liberazione sessuale. Altre contraddizioni, altre ambiguità, un’altra Italia, che dal fondo dell’editoria più "ignobile" vengono illuminati in maniera sorprendente e imprevista.