Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  agosto 02 Giovedì calendario

Francesco Molinari: «Giocare meglio a golf? Anche Aristotele aiuta»

Come tradurrebbe «to get ugly»?
«Diventare duro, cattivo».
Dave Alred dice che è quello che le è successo.
«È uno dei concetti che ripete più spesso».
E lei si sente cattivo?
«Sì, ma solo in campo».
Dopo essere diventato il primo italiano a vincere un Major, l’Open Championship, Francesco Molinari torna a impugnare driver e ferri. Da oggi giocherà il Bridgestone Invitational a Saint Louis, la settimana prossima il quarto e ultimo Major della stagione, il Pga Championship, che 12 mesi fa concluse al secondo posto. Difficile che si rilassi dopo aver conquistato Carnoustie. E nel caso succedesse, Alred, il suo performance coach, l’uomo che creò Jonny Wilkinson, il numero 10 più letale nella storia del rugby, interverrebbe immediatamente. Dietro il salto di qualità di Chicco c’è uno staff forte e affiatato, e c’è quest’uomo che sa tirare fuori il meglio da un atleta.
«Lavoriamo insieme da due anni e mezzo. Era la fine del 2015, cercavo un coach che potesse aiutarmi a livello mentale. Ma un aiuto pratico, non una cosa da lettino. Alred aveva già lavorato nel golf, l’ho contattato, ci siamo incontrati in California e ci siamo subito trovati».
Si può spiegare in breve il metodo Alred?
«Ti porta fuori dalla zona di comfort, ricrea in allenamento la tensione della gara, evita la ripetitività della pratica. Dà importanza a ogni colpo perché in campo hai una palla e un’occasione e se la sbagli perdi».
Parlate di Aristotele? Alred si definisce un aristotelico. Ha detto: chi compete secondo le regole non lo fa per battere un avversario ma per migliorare se stesso.
«Sì, ne parliamo. Andiamo molto d’accordo, il suo è un lavoro che va in profondità, è psicologia applicata».
Se però il suo metodo funziona così bene è anche perché ha trovato in lei un ottimo allievo, come lo era stato Wilkinson...
«Beh, senza applicazione, volontà e passione i risultati non arriverebbero. Dave mi parla di Wilkinson, sostiene che come atleti, come capacità di competere siamo simili».
C’è Alred ma non è l’unico. Ci sono anche Denis Pugh, Phil Kenion, Rod Goldup, inglesi come Alred, e gli spagnoli Gorka Guillen e Pello Iguaràn. Se lei fosse una squadra di calcio loro sarebbero...
«Pugh sarebbe l’allenatore; Alred e Kenion, lo specialista del putt, gli aiuti che curano gli aspetti mentali e tecnici; Goldup è il preparatore atletico; Gorka il dirigente e Iguaran, il mio caddie, è un compagno di gioco, mi aiuta a prendere decisioni, a scegliere la strategia».
Pugh, il capo allenatore, ha detto che tutto è cambiato a Wentworth, a fine maggio, quando ha vinto il primo torneo della stagione. Concorda?
«Quel giorno ho superato una barriera psicologica importante. A Wentworth mi ero piazzato bene diverse volte, ma mi era sempre mancato qualcosa. Vincere mi ha dato tanta fiducia. Mentalmente ero già cambiato, ero già “ugly”, ma avere la conferma sul campo è stato fondamentale».
Poi ha vinto in America e a Carnoustie. Dopo l’Open la sua vita è cambiata?
«Dopo l’Open sono andato in vacanza con la mia famiglia. Diciamo che ora più gente mi riconosce, più gente mi cerca, però cambiata no».
Vinto il primo Major punta al secondo, al Pga Championship?
«Per un giocatore di golf è difficile porsi obiettivi a breve termine. Sono in forma, sto bene, sono riposato. Insomma, sono pronto. I primi due giorni cercherò di stare attaccato ai migliori e nel fine settimana vediamo che succede».
Suo fratello Edoardo è juventino, lei interista: a Torino è arrivato Ronaldo ma anche l’Inter si è rinforzata. Chi ha fatto il miglior mercato?
«La Juve. Ma lo dico per scaramanzia».