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 2018  luglio 31 Martedì calendario

Cavern Club. Com’era e come non è il locale dei Beatles

Sono poche le grandi icone culturali che reggono l’impatto con la realtà, e se c’è un esempio che vale per tutte è quello del Cavern Club di Liverpool, “il luogo di nascita dei Beatles”. Il locale dove i Fab4 suonarono quasi 300 volte – fra il 9 febbraio 1961, un debutto mediocre all’ora di pranzo, all’ultima esibizione, entrata nel mito, del 2 agosto 1963 – non c’è più dal 5 giugno 1973, quando un’amministrazione cittadina incapace di intuirne il potenziale turistico demolì l’edificio che lo ospitava, lasciando che la galleria sotterranea e il palco angusto al 10 di Mathew Street che avevano lanciato la band finissero riempiti di macerie. Oggi, il Cavern è una riproduzione dell’originale, costruita sopra la precedente con una parte dei mattoni del primo locale – gli altri si trovano ancora in vendita – ma con comfort e ventilazione da anni duemila.
E a quanto pare che quel Mito sia di cartapesta non importa a nessuno, se il club, o meglio la sua copia, sopravvive in buona salute, grazie ad un mix sapiente di nostalgia e marketing. Del resto la storia del Cavern non si intreccia solo con il miracolo pop dei Beatles: fin dalle origini, è uno dei luoghi della storia musicale britannica. Viene fondato nel 1957 da Alan Synter, che a Parigi aveva frequentato il locale jazz Le Caveau de la Huchette e, deciso ad aprire qualcosa di simile a Liverpool, non aveva trovato di meglio che un ex rifugio antiaereo. Synter odia il rock, ma i conti vanno male ed è costretto a fare spazio alla moda delle nuove band, fra cui i Beatles, che al Cavern debuttano nella primissima formazione, i Quarrymen, e poi vengono consacrati al ritorno dal famoso tour di Amburgo.
Sono stati i Beatles a creare il Cavern o il Cavern a creare i Beatles? È famosa la sprezzante risposta di John Lennon: “Non dobbiamo niente al club. Gli abbiamo fatto un favore e li abbiamo resi famosi”. Giudizio ingeneroso: il locale è buio, piccolo e umido, ma proprio questo fa la sua fortuna. Con una capienza da 300 posti e un’ottima acustica, nella febbre da rock dei primi anni Sessanta è facile riempirlo e la compressione dei corpi alimenta l’entusiasmo e l’eccitazione dei fan. E poi, in quelle quasi 300 date, i Fab4 imparano a suonare e gestire il pubblico, gavetta indispensabile per il successivo trionfo globale. Eppure, nel 1966, quando il Cavern attraversa una delle sue molte crisi e deve brevemente chiudere le porte, nessuno di loro muove un dito per salvarlo.
Gli anni successivi sono difficili. Al Cavern suonano i Rolling Stones, I Yardbirds, Eric Clapton, Elton John, i Queen, i Black Sabbath, The Who, ma nel 1973, con la demolizione del sito originario per far posto ad una cabina di ventilazione per British Rail – poi mai realizzata – il mito del locale si appanna. I fan dei Beatles vengono a Liverpool per il Cavern, e trovano un parcheggio. Bisogna aspettare l’omicidio di John Lennon a New York, nel 1980, per rivedere il pellegrinaggio dei turisti e l’interesse delle autorità. Il sito originale non si può ripristinare, perché si scopre che sotto la Caverna c’è una distesa d’acqua. Bisogna accontentarsi di una “copia identica al 75%” allo stesso indirizzo. Apre nel 1984 e, dopo alterne vicende, nel 1991 viene acquisito dal Cavern City Tours, agenzia specializzata in pacchetti turistici che lo trasforma in una macchina da soldi nel solco dei Fab4, con merchandising, eventi celebrativi, un Festival, concerti di tribute bands, proventi del Beatles Tour ufficiale e anche, nel secondo palco ricavato con la ricostruzione e nel pub collegato dall’altra parte della strada, concerti live di gruppi famosi e non. L’anno scorso ha festeggiato i 60 anni.
Dei membri superstiti, Paul McCartney è l’unico ancora legato al club delle origini. L’unico a tornarci; nel 1968, con la fidanzata Linda; nel 1999, con la band del momento e infine, la scorsa settimana, con un concerto a sorpresa sull’onda della nostalgia. Non è solo sentimento: Macca ha un nuovo album in uscita, Egypt Station, e il 12 dicembre, proprio dalla Liverpool Echo Arena, partirà il nuovo tour inglese. Anche per questo lo scorso mese ha suonato in un pub locale, e ha deliziato il pubblico del Late Show di James Corden con un emozionante ritorno nella casa della sua adolescenza al 20 di Forthlin Road, dove scrisse le prime canzoni.
Aprendo il concerto al Cavern, pochi giorni fa, ha gridato: “Liverpool! Cavern! Due parole che vanno a braccetto”. È proprio così, nella forma rivisitata, contemporanea, commerciale del Mito.