Corriere della Sera, 31 luglio 2018
Un algoritmo boccia McCartney. «Quel brano non è suo»
È una delle canzoni piu famose della storia della musica leggera e il testo è così speciale che il foglio originale è conservato in una teca di vetro a temperatura e umidità costante alla British Library di Euston Road a Londra, insieme con altri 200 mila reperti preziosi della storia della cultura anglosassone. Eppure fino a oggi la versione piu accreditata della genesi di In My Life dei Beatles (uscita nel 1965, fa parte dell’album Rubber Soul) era la seguente – parole di Lennon, ispirate alla sua infanzia e adolescenza a Liverpool, e musica di McCartney.
Adesso però due studiosi americani, Mark Glickman di Harvard e Jason Brown della Dalhousie University, hanno analizzato le canzoni di Beatles con il computer e hanno fatto una scoperta interessante, destinata a cambiare la storia di questa canzone così popolare – tra le innumerevoli cover, quelle di Johnny Cash, Diana Krall, Bette Midler, John Denver, Rod Stewart, e perfino Ozzy Osbourne...
Glickman e Brown hanno utilizzato le stesse tecniche che servono a analizzare per esempio un testo letterario, e risalire allo stile dell’autore per dare finalmente un padre alla melodia di In My Life. Che, secondo i due professori, combacia perfettamente con lo stile compositivo di Lennon. Le probabilità che si tratti di una composizione di McCartney? Bassissime, quotate intorno al 1,8%. McCartney ha però dichiarato di aver scritto lui quella musica, ricordando anche di essersi ispirato alle canzoni del da lui amatissimo Smokey Robinson. Secondo il professor Glickman il verdetto è chiaro, McCartney si ricorda male. Lui e il collega hanno analizzato tutto il repertorio beatlesiano fino al 1966, anno successivo all’uscita di In My Life (più avanti infatti lo stile dei due potrebbe essere cambiato) e la sua conclusione è secca. «Prendiamo Help!, scritta da Lennon. Il tono resta sempre lo stesso, e quando cambia lo fa molto progressivamente. Invece se si considera lo stile di McCartney, in una canzone come Michelle si vede che l’altezza cambia repentinamente». Parola di matematico di Harvard, dalla reputazione scientifica cristallina, con conclusioni difficili da smentire. Attraverso un portavoce, Sir Paul ha fatto sapere di non voler commentare.