Il Messaggero, 31 luglio 2018
A 56 anni Tom Cruise è ancora il più ganzo di tutti
Sembrava impossibile ma ce l’ha fatta: a 56 anni Tom Cruise è al momento la star degli incassi con quasi 62 milioni di dollari nel primo weekend americano del suo sesto Mission Impossible Fallout, nelle sale italiane dal 29 agosto. È la miglior partenza di una saga iniziata nel 1996 e la seconda migliore di sempre nella carriera di Cruise, dopo i 65 milioni in tre giorni per La guerra dei mondi di Spielberg nel 2005.
IL SEGRETOCom’è possibile che un signore del 1962, idolo negli Anni 80, riesca ad attirare ancora oggi un pubblico così vasto? I ragazzini lo hanno spiato sul web per quasi un anno mentre spiegava ed eseguiva personalmente le scene più pericolose, arrivando a rompersi l’anca durante un inseguimento a Londra dalla Cattedrale di St. Paul alla Tate Gallery (si è ripreso a tempo di record). I più grandi lo hanno visto in tv tuffarsi dal cielo con James Corden, conduttore del popolarissimo The Late Late Show, quelli ancora più maturi hanno ritrovato nelle avventure di Ethan Hunt il sapore antico del classico spy movie in giro per il mondo che gli ultimi James Bond stanno perdendo.
GENTLEMAN
Hunt piace da morire anche alle signore ma non come maschio dominatore bensì come gentleman d’altri tempi, ossessionato dai danni collaterali, autocritico, quasi mortificato da un mestiere per lui infame, e pronto a dire: «Mi dispiace» anche in francese («Je suis désolé» a una poliziotta). Questo ultimo Mission: Impossible ha anche il merito di arrivare a soli tre anni dall’ultimo, eccellente, Rogue Nation e di fatto ne è un raffinato sequel.
Qual è la missione stavolta? Che farà di così folle Ethan dopo essersi appeso a un Airbus A400M Atlas in volo a 1500 metri da terra nel 2015? Bisogna fermare dei terroristi anarchici pericolosamente interessati a cariche di plutonio per bombe da piazzare in Pakistan, India e Cina facendo fuori quasi due terzi della popolazione. La ragione geopolitica è degna di uno spy movie: senza gli incassi di quei mercati (specie la Cina), Hollywood si vede finita visto che il pubblico americano, come quello italiano, va molto meno al cinema.
Ma torniamo al film: il nostro eroe volerà sui tetti di Parigi nel bel mezzo di una bufera, tamponerà con il suo elicottero un altro velivolo a elica in quel del Kashmir e combatterà con coltelli, mani, persino un computer portatile. Lo segue in questo nuovo incarico che parte a Belfast e si chiude in India un agente della Cia che odia i trucchi dell’agenzia parastatale Impossible Mission Force per cui lavora il protagonista («L’Imf è solo Halloween!», facendo riferimento a quelle eccentriche facce di gomma per camuffarsi cui la saga ci ha sempre abituato fin dallo show tv creato da Bruce Geller nel 1966).
L’ENERGUMENO
A dare corpo a questa spia americana tozza, arrogante e sardonica nei confronti dell’anagrafe del suo collega, è un ottimo Henry Cavill, molto più a suo agio qui come energumeno baffuto che non nel mantello di Superman degli ultimi film dell’Universo della casa di fumetti DC. Accanto a una spia più trafelata che eccitata torna la squadra vincente degli ultimi Mission: Impossible: Simon Pegg (l’esperto di gadget Benji), Vingh Rhames (il mago dei computer Luther) e la sosia di Ingrid Bergman Rebecca Ferguson (l’ambigua collega Ilsa Faust, vero e proprio omaggio vivente a Notorius di Hitchcock nel precedente Rogue Nation).
IL REGISTA
Alla regia ritroviamo Christopher McQuarrie, inventore del personaggio culto di Keyser Söze ne I soliti sospetti (per cui vinse l’Oscar come miglior sceneggiatore), ora diventato il regista feticcio di Cruise, che vorrebbe sempre lavorare con lui per come sa gestire l’equilibrio tra azione, humour e dramma. La fotografia rispetto a Rogue Nation è meno sgargiante e contrastata, come a ribadire che questa storia è meno glamour e più dimessa, quasi ci trovassimo dentro un thriller globale pieno di smog fisico e morale dove l’unica spia che si accende solo per il nostro bene si chiama Ethan Hunt.