Il Messaggero, 31 luglio 2018
Al Globe di Londra Amleto è donna e anche Ofelia ha mutato sesso
«Fragilità, il tuo nome è donna», dice l’attrice Michelle Terry nel ruolo di Amleto, vestita come il principe danese sul palco del più ortodosso dei teatri shakespeariani, il Globe Theatre di Londra. Sentirlo dire da una donna, è quantomeno curioso. Ma il cosiddetto gender-blind casting è ormai una realtà in almeno una decina di teatri britannici: si organizzano audizioni per le donne, che concorrono a interpretare ruoli maschili; e viceversa. E Amleto non è l’unico personaggio ad avere cambiato genere, in questo spettacolo in cartellone fino al 26 agosto: l’amico fedele del protagonista, Orazio, è interpretato da un’altra donna, Catrin Aaron; e quando Amleto, come da copione, nel secondo atto duella a colpi di fioretto con Laerte (vestito come uno schermidore olimpico), si trova di fronte un’avversaria, l’attrice Bettrys Jones. La stessa Ofelia – sorella di Laerte e fidanzata di Amleto nella tragedia – è interpretata da un uomo, Shubham Saraf; e quando inevitabilmente duetta con l’Amleto donna, l’effetto è oltremodo straniante; inevitabili i risolini del pubblico in platea (rigorosamente in piedi, come ai tempi di Shakespeare).
«To she or not to she?», si interroga l’Independent. È giusto che il teatro vada in questa direzione?
STRAVOLGIMENTISecondo l’attore e regista Alan Stanford, lo stesso Shakespeare si «rivolterebbe nella tomba», se vedesse come vengono stravolte oggi le sue commedie; ma allo stesso tempo, «se un attore eccelle in una parte, a prescindere dal suo sesso», è giusto che possa prendersi gli applausi del pubblico. «In fondo, se una donna può interpretare Amleto, perché non dare il ruolo di Giulietta a un uomo?»
Samuel Beckett non era certo di questo parere. Quando delle compagnie femminili chiesero di poter interpretare Aspettando Godot, lui si oppose con forza, sostenendo che delle donne non avrebbero mai potuto interpretare fedelmente i personaggi di Vladimir ed Estragon. La sua spiegazione, testuale, fu: «Le donne non hanno la prostata» (Vladimir ha un doloroso problema venereo e si allontana spesso durante il dramma per urinare). Beckett morì nel 1989 e il divieto cadde soltanto nel 1991, quando fu rimosso dalla sentenza di un giudice (donna, ovviamente), Huguette Le Foyer de Costil. Oggi le compagnie fanno di Aspettando Godot ciò che vogliono.
QUANTI DOGMI
Il fenomeno del cross-gender acting, della recitazione libera dai vincoli di genere, non è del tutto nuovo; ma oggi, complice il movimento #MeToo e il caso molestie, ha subito una improvvisa accelerazione. Se i ruoli più importanti, in molti spettacoli, sono riservati a uomini, perché non cercare di assegnarli a delle donne? Nel corso del tempo molte attrici hanno voluto cimentarsi nel più famoso monologo di tutti i tempi, quell’«essere o non essere» recitato sul palco da Sarah Bernhardt (nel 1899), Frances de la Tour (1979), Ruth Mitchell (1992). Più di recente, due anni fa, Judi Dench ha recitato la parte sul palco di Stratford-upon-Avon, nel corso delle celebrazioni per i 400 anni dalla morte di Shakespeare; in quell’occasione (purtroppo) si è avventurato in qualche verso anche il Principe Carlo. Ma non è finita: l’irlandese Rosaleen Linehan ha avuto il ruolo del buffone Feste ne La dodicesima notte (2008); e anche in questo caso si trattava di un ruolo pensato per un uomo. Glenda Jackson, classe 1936, ha riscosso un enorme successo interpretando in modo magistrale la parte di Re Lear nell’omonimo play shakespariano, all’Old Vic, due anni fa.
In futuro, la tendenza sembra destinata a continuare, e non solo in Gran Bretagna: l’attrice Ruth Negga interpreterà presto Amleto in un allestimento del Teatro Gate di Dublino (dal 21 settembre).
LIBERAZIONE
La regista Phyllida Lloyd (suo il film The Iron Lady del 2011) è andata oltre, mettendo in scena sei anni fa al Donmar Warehouse, nel West End, una produzione interamente femminile del Giulio Cesare di Shakespeare. In fondo, se ai tempi del Bardo tutte le parti erano riservate a uomini, perché non provare a fare il contrario? «I ruoli di Shakespare possono essere interpretati da chiunque, a prescindere dal sesso? – scrisse il critico del Guardian, Michael Billington, nel recensire lo spettacolo – La risposta è sì, naturalmente».
Il pericolo però è che le attrici, da discriminate, finiscano per rubare la scena ai colleghi uomini. Miles Gregory, direttore e fondatore del Pop-up Globe di Auckland, Nuova Zelanda, è dovuto correre ai ripari quando, nel promuovere una produzione interamente maschile de La bisbetica domata, ha fatto riferimento al caso Weinstein e a #MeToo.