Il Messaggero, 31 luglio 2018
La Lega sbarca a Roma: a noi il prossimo sindaco
«Ao, te manca solo la spilletta di coso, quello con la spada in mano». Segue un vigoroso saluto del legionario. Che di leghista vecchia maniera, quella che fu di Umberto Bossi e Roberto Maroni, ha poco. Così come, appunto, la spilla di Alberto da Giussano, non proprio parte integrante nel pantheon di questi nuovi leghisti romani sbarcati in Campidoglio, verso fatali destini. «Il nuovo sindaco sarà nostro», dice Francesco Zicchieri, coordinatore del Lazio, direttamente da Terracina. «Roma diventerà la Capitale della Lega», aggiunge il senatore viterbese Umberto Fusco. «Apriremo sedi in tutta la città», annuncia Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, con un passato nell’Ugl, il sindacato di destra che lanciò Renata Polverini.
LA PLATEAIntanto, qui nella sala del Carroccio (e i sorrisi compiaciuti si sprecano, tra i tanti presenti) c’è il battesimo delle nuove truppe: un consigliere comunale, 11 municipali, bandierine sparse anche nella città metropolitana, dunque in provincia. Tecnicamente, ma è solo un dettaglio, per il momento non nascerà in Aula Giulio Cesare il gruppo della Lega perché serve l’adesione di due consiglieri, e l’altro con la valigia in mano, Francesco Figliomeni, ha annunciato che «per il momento rimarrò nel misto». Secondo il regolamento, dunque, al massimo Maurizio Politi potrà parlare a nome di Noi con Salvini, la lista che si presentò alle ultime elezioni. Ma questa è burocrazia politica, la sostanza non cambia: un pezzo importante di Fratelli d’Italia ha lasciato Giorgia Meloni per imbarcarsi in questa avventura.
Uomini e donne cresciuti prima dentro An, magari in orbita Gianni Alemanno e poi transitati dentro FdI e i vari movimenti giovanili nel caso dei tanti ragazzi entusiasti. «Il partito di Giorgia è ideologico e chiuso, ancorato al Novecento – dice il consigliere Politi, con cravatta blu regimental sovranista – Salvini invece va oltre i vecchi schemi e in maniera diretta: la destra siamo noi».
Si capisce allora che l’Opa non è solo politica, ma anche culturale. Fabrizio Iadicicco, ultracattolico e molto ancorato sui temi della famiglia tradizionale, è uno dei registi di questo travaso. E confessa: «Me lo hanno chiesto mio figlio e mia suocera, di passare con Matteo». Poi si fa serio e aggiunge che «il centrodestra per come l’abbiamo conosciuto non esiste più», e gli scontri per la presidenza Rai di Marcello Foa lo dimostrano. «Salvini sta portando avanti con coraggio i fondamenti dell’antropologia cristiana in tema di rispetto del diritto a non essere costretti a migrare», interviene il deputato Simone Pillon. L’attrazione per l’uomo forte sembra essere fatale: «Stiamo aderendo a un progetto molto più grande», dice con enfasi Fabrizio Santori, un altro ex meloniano con una storia importante e radicata nella destra romana. Ecco, ci sono i sindacalisti dell’Ugl, i trentenni cresciuti nelle sedi di Azione Giovani con la Fiamma nel cuore.
GLI AFFONDI
Per il partito di Meloni e Rampelli, qui nella Capitale, «è uno smottamento: più di un terzo ormai sta con noi», sussurrano nella Sala del Carroccio. Saldati i conti con il passato, si guarda al futuro. L’obiettivo è tra loro, è qui, e dista un piano, basta alzare il naso all’insù. «Raggi è un disastro», scandiscono a più riprese tutti i presenti con potere di microfono. Deputati, senatori, consiglieri regionali e comunali in coro: «Raggi è marxista, ha messo i rom davanti ai romani addirittura pagandoli per andarsene dalla città», attaccano con una buonapace degli equilibri di governo, ben lontani dal Campidoglio.
La conferenza stampa dura oltre un’ora e mezza. Tutti dicono Matteo I love you. La scalinata della Lupa è occupata quasi militarmente dalle nuove truppe, che intanto iniziano ad annusare un’aria già conosciuta ai tempi di Alemanno sindaco, ma anche forse di quella An liberista ed europeista che immaginò Gianfranco Fini (che nessuno cita, al contrario, invece di Giorgio Almirante). Nel frattempo arrivano i consiglieri e gli assessori della giunta Raggi. Margherita Gatta, responsabile delle strade e quindi delle buche della Capitale, quasi si spaventa, trovandosi davanti tutte queste persone: «Oddio, e chi sono?». Dal M5S, davanti a tale offensiva fisica e mediatica rispondono con una confessione implicita di debolezza politica: «Salvini si è complimentato con noi per la gestione del campo rom River». I leghisti leggono le dichiarazioni e ridono. Ora sognano ben altri sgomberi.