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 2018  luglio 30 Lunedì calendario

Aurelio De Laurentiis parla di Ronaldo, Sarri e Marchionne

Presidente De Laurentiis, in questi giorni la immagino molto preoccupato.
«Chi, io?».
Sì, lei.
(Risata). «Immagina male. Sono entusiasta, concentrato e carico, piuttosto».
Ma lei sente cosa dicono gli appassionati di calcio?
«No, cosa?».
Che con Ronaldo in bianconero i giochi per lo scudetto sono chiusi.
«Ah, ah, ah».
Ride?
«Prenda carta e penna, stacchi il telefonino e non si distragga: in mezz’ora le spiego cosa penso io dell’affare Ronaldo».
E cosa pensa veramente?
«Eh! La Juve ha fatto una bella...“mossa propagandistica” per tutto il gruppo Fca, diciamo così. Spero che possa aiutarla a mascherare il calo di entusiasmo che ci sarebbe stato tra i tifosi».
Perché?
«Se fosse stato soltanto riconfermato Allegri senza un grosso colpo, dopo sette scudetti cosa si poteva promettere ai tifosi per affascinarli e scaldarli? E per fare la stessa cosa con gli sponsor, il mondo dell’industria e della politica?».
Così sembra riduttivo.
«Riconosco che la società ha avuto la grande “trovata di sceneggiatura” che le ha consentito di rilanciare l’ immagine della Juventus. Chapeau!».
Cosa intende per «trovata di sceneggiatura»?
«Aver permesso alle varie componenti del gruppo Agnelli-Elkann di costruire una geniale operazione di promozione internazionale del marchio».
Mi scusi, ma Ronaldo non lo voleva prendere lei?
«Ronaldo ha al suo fianco quello che - forse - è il più intelligente dei procuratori sportivi: Jorge Mendes. Ero stato con lui a colazione in Portogallo e in quei giorni parlavamo del portiere Rui Patricio. Poi, quando è stato chiaro che il Real avrebbe lasciato a casa Cr7 mi ha telefonato: “Senti Aurelio, ce la giochiamo questa partita?”».
Ma per il Napoli l’operazione costava troppo.
«Macché. Detta così è una fesseria. Io immaginavo un modello in cui i costi venivano pareggiati esclusivamente con gli incassi specchiati ai relativi costi dell’operazione».
E come avrebbe funzionato?
«Avevo detto a Mendes: tu dici che Ronaldo mi farà ricco? Allora facciamo che i primi 250 milioni di fatturato spettano al Napoli, i successivi 100 spettano a Ronaldo. Se effettivamente li avesse valsi non avrebbe avuto nulla da rischiare o da temere».
Geniale. Così Cr7 si sarebbe ripagato da solo...
«Esatto. Poi però è arrivata la Juve, e - avendo alle spalle Fca - ha alzato la posta».
E si è rafforzata.
«In termini di marketing si è rafforzato tutto il camponato italiano, non la sola Juve».
Ma come fa a sostenerlo?
«Non c’ è dubbio che Ronaldo abbia rinforzato l’interesse dei tifosi e dei media».
Ma i bianconeri hanno programmato scientificamente l’investimento per vincere la Champions?
«Tra dire chapeau e vincere campionato e Champions ce ne passa. Cr7 ha una certa età. E in termini di equilibrio per un club è pericoloso spendere così tanti soldi per comprare il cartellino di un solo giocatore a fine carriera...».
Fine carriera?
«Pagando un ingaggio fuori da ogni standard del suo attuale monte ingaggi. Mi chiedo se prevarranno i successi commerciali o quelli sportivi».
Sta dicendo che Ronaldo mette in crisi i rapporti interni dei bianconeri?
«Se tu inizi a pagare degli stipendi assurdi prima o poi questo ti si ritorce contro».
Parliamo del Napoli. Lei ha messo sulla panchina il più europeo degli allenatori italiani ma le manca ancora un top player.
«Le cose non stanno così».
No?
«Se tutti fanno follie per comprare i nostri giocatori vuol dire che sono di grande valore».
Mi faccia un esempio.
«Io ho concesso a Maurizio Sarri di andare al Chelsea solo dopo avergli fatto firmare un impegno scritto».
Quale?
«Non poter negoziare nessuno dei nostri giocatori, tranne Jorginho che abbiamo deciso noi di cedere».
E poi?
«C’è stata una lotta senza esclusione di colpi - nota solo in parte - per toglierci qualche altro giocatore. Non ci sono riusciti. Anzi hanno firmato tutti un patto di non belligeranza».
Ci sarà un ruolo che vuole rafforzare?
«Stiamo cercando un terzino. Ma io sono felice soprattutto perché Ancelotti promuove tutto e tutti».
E cosa le dice Carletto?
«Lo vuole sapere davvero? “Io mi diverto”, spiega. “E se mi diverto non ci sono problemi. Ho una grande rosa”».
Avverto un paragone polemico con Sarri.
«Se hai giocatori con 60 milioni di clausola rescissoria e non li fai giocare danneggi te stesso e la squadra».
Perché?
«Non usi il tuo potenziale e finisci fuori dalle coppe perché nessuno regge due impegni con undici o tredici titolari».
Altro riferimento alla Champions di Sarri?.
«In questo caso sì. Non si può dichiarare mediaticamente un abbandono. Io rimproverai Sarri e lui provò ad andare a giocare a Lipsia dopo aver perso 3 a 1 in casa. Ma era troppo tardi».
Quando si è rotto il vostro rapporto?
«Ho capito che era finita quando mi disse: “Non so se con questi giocatori posso fare meglio”».
Per lei era un insulto?
«Sarri era entrato nella fase in cui un allenatore pensa a sé stesso o cerca di costruire un pensionamento d’ oro. Gli ho chiesto cosa volesse fare quest’anno fino all’ultima partita».
E lui?
«Non ho avuto risposta. Ho notato una certa ineducazione, in questo silenzio. Ma non mi sono offeso».
Lei lo ha definito «un genio».
«Vero. Ma la sua genialità è un po’ monotematica. L’ ho visto giocare in un solo modo. Vediamo cosa saprà fare in Inghilterra».
Sembra un bacio della morte.
«Per nulla. Negli ultimi sei anni di carriera Sarri è maturato più che nei primi trenta».
E cosa gli manca?
«Un allenatore completo non fa solo divertire, ma deve anche vincere».
Lei sostiene che Cr7 fa bene a tutta la Serie A?
«Certo. Abbiamo gli occhi del mondo puntati addosso. Si rivaluta tutto, anche in termini di investimenti e diritti per il futuro».
Per la Juve Ronaldo non si ripaga nel mondo del calcio, ma fuori?
«L’ho spiegato. Elkann che vicino a Marchionne ha fatto esperienza, capisce che la Juventus, in un momento di transizione, può portare un ritorno di immagine a tutto il gruppo Fca. Se ci pensa in tutti gli anni Ottanta il rapporto Fiat-Juve è stato questo».
Conosceva Marchionne?
«Sì. Abbiamo avuto un rapporto per un accordo di product placement».
Cosa l’aveva colpito di lui?
«Soprattutto il manager imprenditore. Ricordo una telefonata dove in un attimo concluse positivamente il rapporto con una stretta di mano telefonica».
Questo modo rapido e schietto cosa le fece capire?

«Che l’Italia a volte rischia di morire per i "Mi ci faccia pensare". Anche in politica si rischia di ammazzare il Paese con questi riflessi burocratici. Un gioco della melina che piace molto agli italiani».

Vede bene un film su Marchionne prodotto da De Laurentiis?

«Mi sta dando un’idea».

Con quel colpo di scena drammatico nel finale. La malattia tenuta segreta, Elkann che corre nell’ospedale svizzero e non lo fanno entrare...
«Sarebbe un bel film: bisognerebbe partire dalle sue origini per capire i suo ultimi quindici anni e questa crescita impetuosa».
Quindi chi scritturiamo? Tornatore o Virzì?

«È una storia tanto americana quanto italiana. Ci vorrebbe un regista che può far parlare queste due esperienze intrecciate».

Ha in mente qualcuno?
«Penso che serva la sensibilità di un talento italoamericano e il senso di fascinazione per una storia piccola che diventa improvvisamente grande ed epica».
Sta già tratteggiando un profilo.
«Me lo immagino come un film di Martin Scorsese: bello, luminoso e crepuscolare. Oppure in mano alla famiglia Coppola: intimistico ed elegante con Sophia oppure grandioso e romanzesco con Francis Ford».
Anche lei sta a cavallo tra due mondi, Europa e Stati Uniti.

«Per questo so quanto è stato difficile per Marchionne connettersi con il cuore profondo dell’America».

In che senso?

«Era talmente intelligente l’uomo, che non poteva non immaginare la difficoltà dell’impresa. Negli anni Settanta in America ho visto solo macchine americane».

E oggi?
«Anche grazie a Fca vedo molte macchine europee e molte macchine americane di oggi, europeizzate».
Dall’Europa del calcio a quelle delle istituzioni. La preoccupano i flussi migratori?
«Ci si doveva pensare anni fa. Si doveva e ancora si poteva aiutare l’Africa a risolvere il problema in loco».
Politicamente come siamo messi?

«Ci siamo preoccupati giustamente di fare un mercato comune. Ma poi abbiamo lasciato convivere euro e sterlina. Non abbiamo capito che dovevamo delimitare i confini di questo nuovo gruppo di Stati. In qualche modo costituire gli Stati Uniti d’Europa».

Lei guarda all’America come modello istituzionale.
«Vero. Gli americani mettono insieme tutti: sia gli Stati che le etnie. Noi ci siamo fermati alla prima fase e stiamo pagando caro l’errore».
Ma secondo lei ci saranno gli Stati Uniti d’Europa?
«Noi oggi non siamo in grado di farli, perché abbiamo ceduto al desiderio dei politici di primeggiare».
Serve una cessione di sovranità?
«Certo. È l’unico modo per sopravvivere e non essere sopraffatti da America, Russia e Cina».
Quando De Laurentiis va in America si sente italiano o europeo?
(Sorriso). «Si sente De Laurentiis».
E del governo cosa pensa?
«Tante cose. Ma gliene dico una: il fatto che un ex dipendente del Napoli calcio sia vicepremier e rivendichi come formativo il suo lavoro con noi significa che siamo una buona scuola. O no?».